Illuminazione stradale a LED – 3^ parte

Illuminazione stradale LED___________________________________________________________________________________________________________________________ A

ncora una volta torno a parlare dei LED. Magari direte che sono fissato.
Eppure ho sentito il bisogno di scrivere ancora perché ci sono tante novità riguardanti questa tecnologia e la sua applicazione sulle strade.
Ormai molti impianti di prova che hanno superato i 3 o 4 anni ed è quindi possibile valutare le aspettative di vita confrontandole con le varie problematiche emerse, come rotture ed inefficienze; inoltre, a partire da quest’anno, incominciano ad affacciarsi sul mercato prodotti che dimostrano un buono sviluppo tecnico ed elettronico e che danno ampio spazio a margini di miglioramento nella parte fotometrica.
Un’altra notizia è quella che – chissà come mai – delle migliaia di ditte che si sono affacciate sul mercato per presentare questi prodotti ne sono sopravissute poche e le poche rimaste sono costituite al 95% da chi l’illuminazione già la faceva da tempo.
Il tutto a dimostrare la tesi ormai consolidata che questa tecnologia è stata presentata sul mercato con almeno 3 anni di anticipo sulle sue reali possibilità e questo anticipo sta rischiando di bruciare l’espansione di questa tecnologia sul nascere.

1) Il consorzio Zhaga per la standardizzazione dei LED

Per molti di voi la standardizzazione degli apparecchi LED sembrerà l’ultimo dei problemi, ma quante volte avete lanciato contro la parete l’ennesimo carica-cellulare con una presa diversa dalla versione precedente dello stesso telefonino? Oppure avete inveito contro i produttori di pneumatici, quando siete venuti a sapere che la vostra versione di battistrada è quella più rara e per questo dovete pagare un treno di gomme 400 euro in più di tutti gli altri?
Ecco, moltiplicate il tutto per le centinaia di euro che servono per la manutenzione degli impianti di illuminazione e potete avere un’idea di quello che è il costo attuale della varietà pressoché infinita di apparecchi a LED sul mercato, pochissimi dei quali sono intercambiabili o comunque hanno parti comuni con altri.
Perchè possiamo incrociare le dita e sperare che tutto vada bene, ma nel malaugurato caso in cui ci sia la necessità di cambiare un apparecchio LED dopo qualche anno dall’acquisto saremmo proprio nei guai: nel migliore dei casi la ditta non produrrà più l’apparecchio con caratteristiche simili a quelli già installati (basti pensare ad esempio che una delle marche più note, la RUUD, è già alla terza generazione in meno di quattro anni, con la prima generazione già fuori commercio e completamente rivisitata); nel peggiore dei casi la ditta sarà scomparsa dal mercato (vedi la nota in apertura) e occorrerà mettere “una pezza” di qualche tipo per non dovere cambiare per intero tutto l’impianto.
E anchese se non dovessimo cambiare per intero l’apparecchio le difficoltà sono sempre tante: ad esempio non esiste una tipologia unica di alimentatore per moduli LED e quindi se questo si rompe (e si rompe, fidatevi) occorre rivolgersi alla ditta produttrice del corpo illuminante per avere il pezzo di ricambio, senza la possibilità di sostituirlo con prodotti similari; per non parlare dell’impossibilità di organizzare una scorta di magazzino, poiché ogni ditta utilizza un alimentatore diverso dall’altro e quindi, a meno che non si voglia illuminare un intero Comune tramite “monomarca”, occorrerebbe avere in scorta almeno un paio di alimentatori diversi per ogni tipologia di apparecchio installato.
Come potete ben immaginare, questo significa porre un macigno alle eventuali economie di mercato e legare in maniera vincolante gli acquirenti ai produttori (vi siete mai chiesti perché non esiste ancora una presa “universale” per telefonini?).

Per porre un freno a questa “moltiplicazione infinita” e avvicinare la tecnologia LED a quella che è la standardizzazione già presente sul mercato è stato creato il consorzio Zhaga, di cui fanno parte anche Acuity Brands Lighting, Cooper Lighting, OSRAM, Panasonic, Philips, Schréder, Toshiba, TRILUX, Zumtobel Group e che si occupa di fornire una standardizzazione per le interfacce dei cosiddetti “LED light engines”: in pratica il consorzio vuole mettere a punto una base comune definita da 5 interfacce (supporto, alimentazione, controllo, fotometria e dissipazione) standardizzate su cui poi potranno inserirsi i vari “motori” LED.

Le 5 interfacce proposte da Zhaga

Per lavoro verifico circa una decina di apparecchi a LED al mese e non sapete la fatica nel catalogare e confrontare le varie soluzioni: perché alcuni sono alimentati a 350mA, altri a 525mA, altri ad altre correnti e quindi hanno emissioni, temperature di funzionamento e curve di decadimento completamente diverse fra loro. Per non parlare della temperatura di colore, della capacità di dissipazione o delle perdite dovute poi all’alimentatore. Non esiste in pratica la possibilità di confrontare direttamente i prodotti fra di loro e l’unica soluzione è effettuare almeno un paio di calcoli illuminotencnici su strade tipo per vedere se l’apparecchio è buono oppure no (ma anche in questo caso la scelta è quanto mai variegata, perché non avendo la possibilità di regolazioni con slitta come gli apparecchi a scarica, ogni apparecchio LED va bene unicamente in determinate soluzioni ed è completamente inutile in altre, senza possibilità di avere l’elasticità necessaria a coprire le varie esigenze).

Il lavoro svolto dal consorzio Zhaga fa quindi ben sperare, non solo perché è partecipato da tutte le più grandi aziende del settore (e quindi ha un certo peso nelle decisioni riguardanti lo sviluppo dei prodotti di illuminazione), ma anche perchè – finalmente – non si avranno più prodotti a 3650K o 4215K, ma con temperature di colore standard, oppure moduli che emettono 5213lm e via discorrendo, ma emissioni scalate e univoche, e così via. Questo renderebbe sicuramente più facile la scelta del prodotto, ottimizzerebbe i costi di manutenzione e sostituzione e diminuirebbe notevolmente i costi di produzione e commercializzazione.

2) Manutenzione, luce bianca e tante bufale

Come si suol dire, prima o poi tutti i nodi vengono al pettine.
Quante volte ho richiamato l’attenzione sul mancato utilizzo dei corretti coefficienti di manutenzione nei calcoli illuminotecnici con apparecchi a LED oppure sull’uso errato e pericoloso della cosiddetta “declassificazione” dovuta alla luce bianca? Tanto più che, mentre per la manutenzione in effetti non esiste una legge che la regolamenti, per la luce bianca in Italia abbiamo l’unica norma al mondo che consente uno sconto oltre il 25% nella luminanza a terra per strade con traffico motorizzato (tutte le altre normative, quando lo consentono, prevedono uno sconto unicamente per strade pedonali o a traffico misto).
Mi chiedo inoltre perché nella norma non si parli semplicemente di tecnologie con Ra>60 o Ra<60 (discriminazione fra “luce bianca” e non) oppure di tecnologie con Ra<20 (assenza totale di discriminazione cromatica), ma tecnologie con Ra>60 e tecnologie con Ra<30 (perchè se fosse stato solo Ra<20 ovviamente non sarebbero state ricomprese le sorgenti a sodio alta pressione).

– Il corretto coefficiente di manutenzione

La norma di riferimento a questo proposito rimane la CIE 154:2003 – “The maintenance of outdoor lighting systems”; mentre fino a poco tempo fa esistevano pochissime indicazioni riguardo la corretta applicazione di tale norma (tranne ovviamente il mio sito 🙂 ), oggi cominciano a comparire anche su internet le corrette metodologie di calcolo.
Fra questi vorrei citare la brochure di SITECO e il libretto sull’efficienza dell’illuminazione pubblica pubblicata dall’agenzia per l’energia portoghese.
In realtà non può esserci una vera e propria normativa riguardante il coefficiente di manutenzione, poiché nessuno può imporre una tempistica riguardante i cambi lampada o la sostituzione dei dispositivi: la decisione su durata e manutenzione deve essere fatta in base alle economie possibili e di comune accordo con il gestore/manutentore dell’impianto e quindi nessuno vieta di cambiare ad esempio le lampade ogni anno, con coefficienti più alti, ma questo comporta anche costi molto alti.
D’altra parte il piano di manutenzione è sempre obbligatorio (si veda il DPR 554/99, art 40) e pertanto non è neppure corretta la presentazione di coefficienti di manutenzione “calati dall’alto”, così come si vede nel 90% dei progetti illuminotecnici, senza una coerenza fra soluzioni manutentive e coefficienti utilizzati.
Solo una volta definito il piano manutentivo, è possibile capire quali coefficienti adoperare.

Il calcolo del coefficiente deve essere basato sulle caratteristiche dell’apparecchio, sulle condizioni del sito di installazione e sul piano di manutenzione programmato, secondo la seguente formula:

Il fattore di deprezzamento del flusso luminoso (LLMF) indica la riduzione del flusso della sorgente luminosa nel tempo.
Mentre per le lampade tradizionali è possibile fare riferimento ai cataloghi (o alla stessa CIE 154:2003 che presenta valori cautelativi), per le sorgenti a LED occorre fare riferimento alle curve fornite dai produttori, diverse a seconda della temperatura di giunzione considerata e della corrente di pilotaggio (ben consci però che il comportamento nella reale applicazione risulta in genere molto diverso da quello studiato in laboratorio, con alimentazione, sollecitazioni e temperature controllate).

Curva di decadimento di una lampada SAP

Curva di decadimento LED Lumileds rebel a 350mA e Ta=25°C

LLMF come riportato nel documento portoghese

Quindi, mentre per una lampada a scarica è possibile prevedere in maniera abbastanza accurata il decadimento, per una sorgente a LED occorrerebbe conoscere il lotto utilizzato (non so se ne siete a conoscenza, ma non tutti i lotti della stessa tipologia di LED sono uguali e cambiano molto a seconda dei controlli e del costo), la corrente di pilotaggio, la temperatura di giunzione media di funzionamento per ogni diodo presente all’interno dell’apparecchio (visto e considerato che molti produttori alimentano alcuni diodi con correnti differenti all’interno dello stesso apparecchio), il tutto sapendo che questi dati possono variare in maniera sensibile, visto e considerato che non stiamo parlando di misure di laboratorio, ma di applicazioni sul campo. Quindi non mi sembra stupida l’indicazione fornita dal documento portoghese di definire sempre e comunque un decadimento L70 a 65000 ore.
E a questo punto si capisce come le cosiddette “50000” ore significano poco o nulla: un apparecchio LED potrebbe essere usato  anche per 150000 ore, ben sapendo che in questo caso il coefficiente di manutenzione utilizzato risulterebbe infimo.

Il fattore di sopravvivenza della sorgente (LSF) indica la progressiva mortalità di una sorgente dopo un certo numero di ore di funzionamento.

Fattore di sopravvivenza sorgente

In questo caso il documento portoghese indica una percentuale di rottura del 5% oltre le 12000 ore di funzionamento; altri, come la SITECO, indicano una percentuale di rottura del 2% a 50000 ore; altri ancora prevedono che i LED siano indistruttibili.
In ogni modo la differenza principale fra un impianto a scarica ed uno a LED risiede nel fatto che un apparecchio a scarica monta in genere una sola sorgente, mentre all’interno di un apparecchio a LED possono convivere fino a 100 diodi: questo significa che quando una lampada a scarica si rompe, questa va sostituita immediatamente, per mantenere le condizioni di giusta uniformità ed illuminamento della strada, mentre la rottura di un diodo LED all’interno dell’apparecchio può non comportare la sua sostituzione immediata (anche perché altrimenti i costi sarebbero altissimi).
Nei calcoli per un apparecchio a LED va quindi adottato un fattore LSF=1,00 se si prevede di sostituire l’apparecchio  (o il modulo se possibile) alla rottura del primo diodo all’interno (pari quindi al fattore per una lampada a scarica), va adottato invece un fattore di almeno LSF=0,98 (per 50000 ore di funzionamento) se invece si lascia l’apparecchio invariato (ben consci però del fatto che non sempre la fotometria rimane inalterata allo spegnimento di un diodo).

Infine il fattore di deprezzamento dell’apparecchio (LMF) è dovuto in genere allo sporco che si accumula sul vetro di protezione (o alle lenti applicate ai diodi) e quindi è in funzione del grado di protezione IP dell’apparecchio, dell’intervallo di pulizia previsto dal piano di manutenzione e dall’inquinamento nell’area di installazione:

Fattore di deprezzamento dell'apparecchio secondo documento SITECO

Fattore di deprezzamento dell'apparecchio come appare nel documento portoghese

Definizione di inquinamento basso e alto

Attenzione: tutti questi documenti ci dicono una cosa importante (e che già avevo sottolineato in passato).
E’ ASSOLUTAMENTE FALSO CHE UN APPARECCHIO LED NON RICHIEDE MANUTENZIONE!
Tutti gli apparecchi LED infatti (così come gli apparecchi a scarica) richiedono un ciclo di pulizia eseguito almeno una volta ogni quattro anni in ambiente pulito se non si vogliono fare calcoli illuminotecnici con coefficienti di manutenzione estremamente bassi. E questa non è una cosa che mi sono inventato di sana pianta: basta fare un giro per la Bologna-Firenze ed accorgersi come non soffermarsi sugli aspetti manutentivi possa trasformare un buon impianto in galleria in una illuminazione “cimiteriale”.
Inoltre, come si può notare dal documento portoghese, utilizzare materie plastiche (come le lenti secondarie utilizzate da numerosi produttori) comporta un peggioramentodel 6% – 7% rispetto all’utilizzo della copertura in vetro; inoltre il cosiddetto vetro “autopulente” funziona solamente se leggermente convesso (altrimenti lo sporco non “scivola”): dimenticatevi quindi migliorie per vetri piani così come richiesti da alcune leggi regionali (ed in ogni modo è possibile prevedere un miglioramento di non più del 5% rispetto ai dati presentati sopra).

A questo punto siamo in grado di calcolare il fattore di manutenzione da utilizzare nei calcoli illuminotecnici (e conseguentemente anche il costo di manutenzione) per apparecchi a scarica e apparecchi a LED: il fattore di manutenzione da utilizzare è pari al punto più basso del grafico manutentivo ricavato secondo le tabelle viste sopra.

Grafico della manutenzione per un apparecchio sap

Tipo di manutenzione: cambio programmato lampada ogni 14000 ore (circa 3,5 anni) con contestuale pulizia del vetro
Costo intervento: 50 euro (prezzo lordo man. str. 2 operai con cestello, op. el. E.R.)
Costo annuale manutenzione: 14 euro circa
Coefficiente di manutenzione: 0,79

Grafico della manutenzione per un apparecchio LED

Tipo di manutenzione: cambio apparecchio a 50.000 ore (circa 12 anni) con fattore di decadimento L85 e pulizia del vetro ogni 16000 ore (circa 4 anni)
Costo intervento: 35 euro (prezzo lordo man. str. 2 operai con cestello, op. el. E.R.)
Costo annuale manutenzione: 9 euro circa
Coefficiente di manutenzione: 0,75

– Luce bianca e declassficazione

In base ai calcoli sopra (ma anche alle numerose evidenze sperimentali pubblicate ormai ovunque, si veda ad esempio: lo studio NLPIP sulle strade principali e locali o alle tesi pubblicate dall’Università di Padova sulle prestazioni dei LED e sui sistemi di illuminazione LED) si capisce come con prestazioni pressoché identiche (nel migliore dei casi) agli apparecchi a sodio e solo 5 euro di risparmio sulla manutenzione a fronte di circa 500 euro in più come acquisto iniziale, risultasse pressoché impossibile giustificare qualsiasi ipotesi di risparmio.
Ecco allora spuntare dal cilindro magico l’ipotesi “mistica” della declassificazione; mistica perché è più che altro questione di fede pensare che con una “luce bianca” sia possibile ridurre dal 25%  al 50% il flusso luminoso dell’apparecchio mantenendo al contempo gli stessi livelli di illuminazione. Tanto più che – correttamente – la norma UNI 11248 “indica” e non “prescrive” la declassificazione per le sorgenti a luce bianca (si veda a riguardo l’articolo sui led precedente), lasciando quindi al progettista illuminotecnico la piena responsabilità di tale decisione (secondo gli art. 1176 e 2236 del Codice Civile). Questo significa che un progettista illuminotecnico  deve applicare questa declassificazione con assennatezza e secondo criteri scientifici (e non  fideistici): un impianto con meno luce del dovuto potrebbe non essere considerato a norma se non supportato da evidenze sperimentali che confermano la corretta progettazione.

E poiché noi siamo uomini di scienza e non di fede, facciamo sempre riferimento a studi scientifici consolidati e condivisi.
In questo caso il riferimento è dato dalla norma CIE191:2010 – “Recommended system for mesopic photometry”, che incorpora al suo interno gli studi ed approfondimenti nati in seno al progetto “MOVE”, di cui ho già parlato in un altro articolo.
Lo studio definisce una nuova curva di ponderazione in ambito mesopico, in sostituzione a quella attuale fotopica, per valutare il flusso luminoso di una sorgente; questa nuova curva è fatta in maniera tale da raccordarsi alla curva scotopica (CIE 1951) per valori bassi di luminanza e a quella fotopica (CIE 1931) per valori alti di luminanza.

Le curve di ponderazione mesopiche

Per semplicità, riporto solamente i valori più comuni di luminanza in rapporto alle tipologie di sorgenti più diffuse (a sodio alta pressione e a “luce bianca” a diverse temperature di colore).

Correlazioni fotopica/mesopica per sorgente SAP

Sorgente Sodio Alta Pressione:
0,75 cd/mq -> 0,83 cd/mq (+10%)
1,00 cd/mq -> 1,06 cd/mq (+6%)
1,50 cd/mq -> 1,55 cd/mq (+2%)

Correlazioni fotopica/mesopica per sorgenti a luce bianca 3500K

Sorgente Luce Bianca 3500K:
0,75 cd/mq -> 0,73 cd/mq (-3%)
1,00 cd/mq -> 0,97 cd/mq (-3%)
1,50 cd/mq -> 1,47 cd/mq (-2%)

Correlazioni fotopica/mesopica luce bianca 4000K

Sorgente Luce Bianca 4000K:
0,75 cd/mq -> 0,70 cd/mq (-7%)
1,00 cd/mq -> 0,95 cd/mq (-5%)
1,50 cd/mq -> 1,45 cd/mq (-3%)

Correlazioni fotopica/mesopica luce bianca 5000K

Sorgente Luce Bianca 5000K:
0,75 cd/mq -> 0,66 cd/mq (-12%)
1,00 cd/mq -> 0,93 cd/mq (-7%)
1,50 cd/mq -> 1,43 cd/mq (-5%)

Come si può vedere, rimane ben poco della riduzione permessa dalla normativa, soprattutto per valori uguali o superiori a 1,00 cd/m (vorrei quindi capire come verranno giustificati i progetti di alcune strade che da ME2 sono passate a ME3 con una riduzione del 50% del flusso): spero che nella revisione imminente della UNI 11248 si tenga conto di queste evidenze sperimentali perchè E’ ASSOLUTAMENTE ERRATO UTILIZZARE LA DECLASSIFICAZIONE SEMPRE E COMUNQUE.

3) Un passo avanti e un passo indietro

A margine delle considerazioni fatte sopra, esistono altri problemi legati all’applicazione estensiva di apparecchi a LED. Sembra infatti che, per un problema risolto (o comunque per alcuni dati che finalmente incominciano ad essere pubblicati), ne spuntino in continuazione altri.

– La scelta della classe di isolamento

Da qualche mese diversi produttori di apparecchi LED dichiarano che non è possibile garantire il corretto funzionamento degli alimentatori nei casi in cui l’apparecchio sia in Classe II: un alimentatore elettronico è infatti una parte molto fragile del sistema ed esposta alle sovratensioni.
Questo di per se è già un dato significativo, e conferma che un apparecchio LED potrebbe richiedere comunque interventi di manutenzione straordinaria prima della fine vita dichiarata (tra l’altro, vi siete mai chiesti perché a fronte di 15 anni di funzionamento, la garanzia si ferma generalmente a soli 3 anni?). Inoltre, mentre negli apparecchi a scarica è facile accedere al vano alimentatore, in molti apparecchi a LED è impossibile intervenire all’interno dello stesso e quindi, in caso di guasto, occorre sostituire l’intera armatura.

I vantaggi della Classe II di isolamento sono molteplici, perché non occorre più verificare e ripristinare in continuazione il collegamento a terra del palo e quindi la sicurezza è maggiore. Tornare alla Classe I sarebbe sicuramente un passo indietro, senza poi contare i maggiori costi di manutenzione derivanti da questa scelta.
D’altronde questo problema è comune a tutti gli alimentatori elettronici (anche quelli per gli apparecchi a scarica) e pertanto sarebbe auspicabile che venissero adottati sistemi di protezione adatti a garantire il giusto isolamento, senza dover per questo tornare a progettare impianti in Classe I.

– Le dimensioni contano

Tutti i manuali in circolazione che parlano dei LED pongono l’accento sulle piccole dimensioni dei diodi e quindi sulla possibile riduzione degli ingombri.
Questa è un’ottima cosa, perché riducendo le dimensioni degli apparecchi non solo si riducono le spese per i materiali, ma anche quelle per l’imballaggio e il  trasporto, con conseguente abbattimento di CO2 (e soprattutto dei costi del carburante, che di questi tempi non fa mai male).
Già in passato diverse ditte del settore si sono impegnate alla riduzione degli ingombri con gli apparecchi a scarica (arrivando a lunghezze totali di circa 50 cm, di contro ai soliti 70 – 80 cm) diminuendo, tra l’altro, anche il carico sul sostegno.

Purtroppo, nonostante le buone premesse, ancora gli apparecchi a LED si aggirano su lunghezze di 80 – 100 cm ed hanno pesi notevoli. Ovviamente non è colpa dei produttori, ma del numero necessario di diodi per avere un sufficiente flusso luminoso totale e dal conseguente apparato di smaltimento del calore (a proposito: diffidate di tutti quegli apparecchi che non sembrano avere abbastanza “materiale” dissipativo, importantissimo per la garanzia di durata e mantenimento del flusso luminoso).
Progettare un apparecchio non significa semplicemente “mettere in fila” un paio di LED, ma rifinire il prodotto a 360°, occupandosi della fotometria e della parte elettrica, così come della dissipazione e del design. Un apparecchio a LED bellissimo ma che costringe ad aumentare le sezioni di un palo o la profondità di scavo dei plinti risulta inutile come un apparecchio mediocre, perché fa lievitare in maniera incontrollata ed inutile i costi di installazione.

4) Sapere fare i conti

Chiudo la discussione con un accenno a come dovrebbero essere eseguiti i conti economici in vista di una riqualificazione o nuova installazione di un impianto di illuminazione.
In questi casi occorre SEMPRE tenere in considerazione che:

  1. tutti gli apparecchi illuminanti di ultima generazione (siano essi a scarica o a LED) sono comunque migliori di quelli già installati e con qualche anno alle spalle: questo significa che necessariamente una riqualificazione con apparecchi prestazionali comporta sempre un miglioramento in termini di costo energetico e manutentivo (se questo non avviene o l’apparecchio scelto è scadente oppure l’impianto presenta talmente tante complicazioni/vincoli da non consentire margini di risparmio);
  2. in base al punto 1, risultano perfettamente inutili tutti quei documenti che dimostrano come la sostituzione di un apparecchio esistente con uno nuovo (sia esso a scarica o a LED) porta a dei risparmi: quale pazzoide mi chiedo vorrebbe sostituire un apparecchio esistente con uno che consumi più energia o faccia meno luce? Per capire quale tecnologia porti il maggiore risparmio (o un minore tempo di ritorno) occorre fare confronti fra diversi apparecchi performanti di ultima generazione (siano essi a scarica o a LED) e di diversi produttori che forniscano le stesse prestazioni illuminotecniche;
  3. in questo caso, come riporta il documento del NLPIP, “a complete comparison should demonstrate the system’s   performance compared to alternative  technologies that meet all of the required performance criteria. Evaluations should be measured or simulated excluding ambient light and should include consideration of the full system costs” ovvero “una comparazione completa [fra apparecchi illuminanti] dovrebbe dimostrare le performace del sistema confrontandole con tecnologie alternative che soddisfino tutti i criteri prestazionali richiesti dall’analisi. Tali valutazioni dovrebbero essere misurate o simulate escludendo le luci dell’ambiente circostante e dovrebbero includere un’analisi dei costi dell’intero sistema“. Quindi ad esempio non ha alcun senso presentare comparazioni in cui venga messo sullo stesso livello un apparecchio LED che produce circa la metà dell’illuminamento a terra rispetto al corrispettivo apparecchio a sodio alta pressione;
  4. includere i costi dell’intero sistema significa innanzitutto prevedere quale piano di manutenzione si vuole adottare per un determinato apparecchio e poi, in base a questo, definire le prestazioni raggiungibili ed i costi energetici e di manutenzione: ha poco senso presentare un risultato illuminotecnico con coefficienti di manutenzione alterati (tipo MF=0,90) ed in base a questo affermare che un apparecchio LED risparmia ed in più non necessita di manutenzione. Servono dati concreti e – purtroppo per loro – non possono essere i produttori a fornirli perché non sono loro a gestire l’impianto e rispondere dell’eventuale inadeguatezza dello stesso nel tempo;
  5. infine occorre eseguire analisi di TCO (Total Cost of Ownership) che includano TUTTI i costi inerenti all’impianto presentato (come ad esempio i costi di posa dei sostegni e linee, di posa dell’apparecchio, di manutenzione e pulizia).

Tutto il resto sono chiacchiere da bar.

 

S.V.B.E.E.Q.V.

Matteo Seraceni

 

Leggi anche:

Illuminazione stradale a LED – 1^ parte

Illuminazione stradale a LED – 2^ parte

 

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43 comments

  1. Ciao Matteo,
    ho letto con grande piacere la terza parte de “l’illuminazione stradale a led”, e rinnovo i complimenti per tutta la serie di articoli. Rileggerò il tutto in un orario in cui l’apprendimento è più facilitato. nel frattempo vorrei chiederti un chiarimento su un dettaglio: nel calcolo dei costi di manutenzione indichi un costo di 50 € ogni 3,5 anni per apparecchio a scarica e un costo di 35 € ogni 4 anni per apparecchi a LED.
    Ovviamente l’ammontare di questi costi, e la differenza tra il costo di manutenzione in un caso (scarica) e nell’altro caso (LED), influenza pesantemente il calcolo di convenienza tra i costi di gestione stimati per un impianto di illuminazione a scarica rispetto a un impianto omologo basato su apparecchi a LED.

    La mia domanda è: i costi di manutenzione che indichi sono applicabili a tutte le casistiche? secondo me no.

    Per quanto ho potuto capire, esistono molti casi in cui le Amministrazioni si affidano a società esterne, in cambio di un canone annuale basato sul numero di punti luce compresi nel contratto.

    Supponiamo di avere un impianto con 100 punti luce a scarica e 100 punti luce a LED di proprietà di un comune, che dà in appalto la manutenzione.

    La società manutentrice calcolerà come propri costi in base ai parametri che hai indicato: 50€/3,5 anni per 100 apparecchi a scarica (14€/anno a punto luce) e 35€/4 anni per 100 apparecchi a LED (9€/anno a punto luce).
    Costo totale 1400 + 900 = 2300 €/anno di costi previsti (supponendo di avere un numero di contratti sufficiente ad impegnare il 100% delle ore lvorative dei dipendenti).

    La suddetta azienda di manutenzione stipulerà con il comune un contratto di manutenzione al prezzo, supponiamo, di 50€/anno a punto luce per apparecchi a scarica e 20 €/anno a punto luce per apparecchi a LED.
    Il costo annuo per il comune sarà di 5000 + 2000 = 7.000 € cioè poco più del triplo del costo reale computato dal manutentore.

    Fermo restando che la situazione è conveniente per entrambi (il comune non deve avere dipendenti dedicati alla manutenzione e l’azienda di manutenzione se ben gestita realizza un ottimo profitto), se il comune valutasse la convenienza di sostituire i 100 apparecchi a scarica con altrettanti apparecchi a LED, otterrebbe un risparmio annuo di 3,000 euro solo sulla voce manutenzione;
    se nvece il calcolo lo facesse il manutentore in base ai propri costi, risparmierebbe solo 100 x (14-9) = 500 euro.

    A parte i numeri messi ” a spanne”, è un discorso condivisibile?

    Ti ringrazio fin d’ora per l’attenzione.

    Ciao e a presto.

    Davide.

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    1. Ciao.
      Sono contento di questa domanda, perché mette in luce un aspetto molto importante e spesso sottovalutato anche dagli amministratori.
      Quando si parla di costi di “gestione” di un punto luce ci si riferisce ad un quadro più complesso del semplice apparecchio illuminante. Perché nei 50 euro (ma sono in realtà meno) che ipotizzi per punto luce l’apparecchio illuminante occupa solo una piccola parte, essendo compresi:
      – quota per la manutenzione ordinaria (in cui appunto viene computato il cambio lampada o la pulizia dell’apparecchio ma anche ad esempio la verniciatura dei pali o il rifasamento dei quadri, quindi cose estranee all’apparecchio illuminante)
      – quota per la manutenzione straordinaria (che comprende ad esempio il ripristino per incidenti o la messa a norma degli impianti)
      – quota per pagare gli stipendi dei dipendenti
      – quota per servizi aggiuntivi, come call-center, reperibilità, giro del guardiano, telecontrollo, ecc…
      – quota per pagare i collaboratori esterni (e per fortuna che ci sono! 😉 )
      – quota relativa al margine aziendale
      Come si può ben capire, anche se un punto luce LED avesse un costo di manuenzione nullo, il costo di gestione non potrebbe MAI essere pari a zero, in quanto ad esempio un apparecchio LED non rende indistruttibile un palo o la linea di alimentazione.
      Inoltre, è vero che il costo di sostituzione lampadina potrebbe risultare ridotto, ma rimangono problemi legati alla corretta pulizia (se l’apparecchio monta un vetro di protezione è semplice, ma se ha ottiche secondarie applicate il lavoro è estremamente più complicato) e ai componenti ausiliari, come ad esempio l’alimentatore elettronico, che non ha ancora una vita comparabile a quella delle sorgenti LED.
      Questo significa che la stima dei costi e dei benefici non può assolutamente essere fatta all’acqua di rose (come invece appare sempre più spesso sui siti dei produttori), ma occorre tenere in considerazione tanti fattori e quindi occorre rivolgersi a tecnici competenti (preferibilmente indipendenti dai produttori o dai gestori) e preparati: si rischia infatti di trovarsi fra qualche anno coi conti che non tornano e con la solita domanda che ci fanno gli amministratori “ma non dovevo risparmiare con questa soluzione”?
      A presto
      Matteo

      "Mi piace"

  2. Coraggio Matteo, non mollare. Vai avanti perché il LED ha dei problemi fondamentali che bisogna avere il coraggio di chiarire. Per la pubblica illuminazione stradale serve la verità scientifica, l’unica. La legge Ohm per il LED diode array è un problema fondamentale (impossibile parallelismo tra l’energia assorbita costante e la decadenza del flusso luminoso variabile)- Ti anticipo l’introduzione dello studio di fattibilità che stiamo conducendo nei laboratori di RM ed AQ per la R&S di prodotti per la pubblica illuminazione in grado di estendere elettronicamente le normali HPS alle 50mila ore.
    Premessa
    Qualsiasi diodo LED (Light Emitting Diode) è composto di due terminali ai quali sono connessi due differenti metalli che reciprocamente costituiscono il catodo e l’anodo. La differenza di potenziale naturale in corrente continua (Vdc) che c’è tra i due metalli, è denominata “Tensione di Giunzione”. Quindi, secondo la legge Ohm, alimentando il diodo LED con una determinata corrente costante si otterrà sempre la stessa determinata potenza costante. Non è un vantaggio operativo ma una grossa limitazione se l’energia impiegata rimane la stessa mentre, invece, cala nel tempo fino a -50% il flusso luminoso emesso.
    La tipica infinita vita del LED
    Quando il LED, appositamente “drogato di fotoni” e poi spremuto per “vendere improvvisa elevata illuminazione stradale”, avrà perso il 50% lm/W d’efficienza, significa che sarà arrivato al traguardo auspicato dai costruttori delle 48mila ore (12 anni). Raggiunto quel punto non è detto che questa vecchia sessantenne scoperta “Solid State Lighting” si spegnerà subito. La materia prima metallica con cui è composto lo stato solido emittente non si brucia. Purtroppo con l’uso avrà perso per legge naturale fotoni e flusso luminoso.
    Nessun essere umano avrà vita sufficiente per attendere la sua “fine secolare”. Ma oggi è già possibile misurare in campo che questi LED Diode Array, alla fine dei primi 4 anni d’esercizio, hanno già perso per legge fisica il 16,66% di fotoni e flusso, “assorbendo sempre la stessa energia iniziale di collaudo”. Quindi, a chi servirebbe (oltre ai fabbricanti, importatori, venditori e disonesto giro d’affari del finto risparmio energetico) questa declamata lunga ed infinita vita del LED se assorbe sempre la stessa energia costante “del primo giorno d’installazione”, fino a perdere progressivamente il 50% d’efficienza lm/W al raggiungimento dei vantati 12 anni d’esercizio (?). …segue lo studio….

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  3. Grazie.
    Sono accessibili molte parti dello studio ma non tutte. Uno studio di fattibilità che un’impresa conduce investendo in proprio (ovviamente per arrivare ad un prodotto) appartiene normalmente al segreto industriale. Non è divulgabile anticipatamente se il risultato porta ad un “brevetto d’invenzione industriale” o “brevetto d’utilità industriale”. Però lo stato dell’arte, successi ed insuccessi del vecchio, l’area del mercato disponibile per il nuovo, le nuove prestazioni, le motivazioni, gli obiettivi, ecc. , ovvero tutto ciò che la legge identifica come “già appartenente alla natura delle cose” , è divulgabile essendo dominio di tutti. Questo studio di fattibilità porta verso un ballast “elettronico intelligente” in grado di gestire le lampade HPS per impiego stradale, dal costo irrisorio, famose per la loro luce “giallo oro” particolarmente adatte al traffico in caso di nebbia e pioggia. Il sistema sostituisce il ballast elettromagnetico. Controlla elettronicamente le HPS conducendole a 50 mila ore di scarica essendo l’amalgama Na in quantità tale, già ricco di fotoni, senza bisogno di drogaggio come invece avviene per il LED.
    Come già detto la letteratura di questo progetto è costituita da una parte attualmente riservata. I vari problemi accessori sono descritti tramite “Addendum” . L’apertura che ho già inviato è l’addendum n.24 ed è disponibile in formato pdf (otto pagine con qualche foto, dimmi come inviarlo). Accetto le critiche, ovviamente. Fanno bene a chi per mestiere conduce R&S.
    Saluti.

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    1. anche io attendo con ansia la documentazione in modo da poter finalmente capire come fanno a “drogare di fotoni” i LED per poi spremerli per “vendere improvvisa elevata illuminazione stradale”. E’ ora di fare un po’ di chiarezza!

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  4. Ragazzi, avete saputo che grande bastardata ha fatto la lobby illuminotecnica?
    Hanno pubblicato la UNI 11248 con le luminanze “raddoppiate”; qui abbiamo fame di energia, la paghiamo cara e adesso grazie all’AIDI, la si pagherà ancora più cara.
    Come mai la UNI UN 13201 valida in tutta Europa e pertanto, legalmente io posso applicarla per il contenimento della spesa energetica, non prevede questo raddoppio, forse in Italia bisogna pagare dazio alle varie lobby o compagnie energetiche?

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  5. Caro Matteo,
    Preciso che un argomento “già appartenente alla natura delle cose – è divulgabile essendo dominio di tutti” riguarda solo il deposito della domanda di brevetto che, però deve essere privo di nomi e riferimenti rintracciabili. Ora i documenti di laboratorio che intendo inviare a questo blog, hanno foto essenziali e nomi di riferimento, anche d’aspetto legale. Provo a comunicarvi l’indirizzo di posta “minorwatt@inel.it” con il quale potete chiedere i primi due documenti che potranno essere discussi a piacer vostro soltanto in questo blog. Mi impegno professionalmente a non divulgare e non utilizzare gli indirizzi ricevuti. Il primo addendum (11) che invio è “R&S_ADD_11_mW_INTRODUZIONE_01.pdf , quale introduzione necessaria al problema di fondo. Il secondo (24) “R&S_ADD_24_LED_OHM_01.pdf riguarda il sistema Diode Led Array che ha “un grosso problema con la legge Ohm”. Altri documenti LAB seguiranno, senza necessità di successive richieste. Spero che il blog accetti quest’email.

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  6. Rispondo a Danilo. La procedura per drogare un transistor composto di due differenti metalli semiconduttori avviene tramite procedure prioritarie di fabbrica che non possiamo pretendere di conoscere. Per esempio, gli effetti del drogaggio GaAs (Arseniuro di Gallio) a noi elettronici è noto da sempre perché serve per valutare in anticipo le prestazioni di un componente elettronico, durata ed affidabilità di una scheda PCB da dover progettare, produrre e vendere.
    Sappiamo che il drogaggio GaAs è un composto inorganico caratterizzato da un’alta mobilità dei portatori liberi di carica, quali elettroni e lacune, per cui viene usato per tutti i componenti emettitori di luce come diodi LED, Laser, ecc. L’osservazione che in questo momento noi potremmo fare con certezza, perché abbastanza intuibile, è che il materiale inorganico è in intimo contatto superficiale con i due metalli semiconduttori del LED ma non è fuso con questi. Insomma, il drogaggio è il primo a dissolversi (decadere) perché “non è amalgamato” con il supporto. Purtroppo non c’è solo GaAs per drogare e quindi, come giustamente ha già osservato Matteo, per il LED c’è molta confusione soggettiva perché manca uno standard di produzione.
    xxxxxx
    Il bruciatore da 250W delle lampade HPS contiene invece circa 3,5cm3 di amalgama costituito da Na e drogaggi vari allo stato fuso quanto basti, tramite un evoluto ballast elettronico, per superare per decenni le prestazioni dei pochissimi mm3 del LED. Ma questo particolare è già il motivo base del nostro progetto minorWATT….

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  7. Le mie esperienze
    Meritate una spiegazione, per avermi ascoltato. Premetto che dalla tragica notte del terremoto del 6 aprile di L’Aquila, con l’impresa di elettronica e meccanica automatizzata con la quale da molto tempo conduco in società la ricerca e sviluppo, tutto si è fermato improvvisamente e molto è andato distrutto. Stiamo con due stabilimenti nella zona industriale di Pile. Nello stabilimento modulo_1 è stato rimesso in piedi soltanto il reparto PCB per la progettazione e produzione dei complessi circuiti elettronici per impieghi spaziali in orbita. In questo campo siamo leader n.1 in Europa. Lo stabilimento modulo_2 dall’inizio di quest’anno funziona ma soltanto dopo aver riparato i notevoli danni ed acquistati macchinari e strumentazione elettronica. Siamo pieni di brevetti, tra cui il famoso “mobSAT” che ha lavorato di pari passo con la Protezione Civile. Cercatelo nel WEB. Buona parte delle capaci persone dell’organico è costituito da severi ricercatori universitari, laureati. Purtroppo per la città di L’Aquila c’è ancora l’dea che le necessità sociali (locali) siano predominati rispetto a quelle della ripresa industriale (è un errore, come ha già scritto e spiegato Matteo). Quindi, avanti con le Banche (!). Si attende almeno un bando FESR (Finanziamento Europeo Sviluppo Regionale) per la R&S adeguato alla nostra specializzazione per dare l’avvio agevolato allo sviluppo e produzione dei progetti che abbiamo impostato.
    Io sono un “senatore” progettista in elettronica evoluta, molto impegnato con il cervello per mantenermi sempre sveglio. Per non invecchiare fisicamente pratico quotidianamente il nuoto agonistico di squadra master over 80 e percorro i faticosi 200 rana in meno di 4 minuti. Avete letto bene (?). Lavoro con impegno per il mantenimento ed incremento dell’occupazione. Non sono un “gerentocràtico” ammuffito a spese dello stato. Sono pieno di brevetti innovativi. Nel decennio 1990 mi sono accostato alle lampade a scarica ed ho avuto il privilegio autorizzato di fare misure e prove nel capiente capannone di bruciatura lampade dell’Acea la quale, tra l’altro, unica in Italia, disponeva già di una sfera standard per il rilevamento steradiante del rendimento lm/Watt. Nel 2001 e 2002 ho esposto il progetto LTH “Lamp Trapezoid IEC Helping” al convegno AIDI Internazionale di Perugia. Ripresentato poi nel 2003 a Firenze e 2004 a Genova. Matteo era un trentenne ma Ribaldo, facente parte del sempre presente gruppo Cielo Buio, forse era ….
    Insomma, sappiate che le lampade HPS quando si spengono succede perché ad un certo punto viene a mancare il reinnesco ciclico spontaneo che l’alimentazione elettromagnetica non può più fornire. Solo l’elettronica evoluta è in grado di mantenerle accese e di portarle notevolmente oltre.
    Con l’occasione invito chi sta leggendo a tornare indietro di qualche pagina fino al punto in cui ci sono due diagrammi incompleti di decadimento elaborati da qualche costruttore interessato. Il primo riguarda le lampade HPS, il secondo il LED. Ora, se si parla del decadimento del flusso luminoso emesso alle due curve bisogna aggiungere quelle dell’energia assorbita per conoscere il rendimento lm/Watt. Insomma, chi paga la bolletta vuole sapere. “MA QUANTI LUMEN MI DAI PER OGNI WATT CHE MI FAI SPENDERE ? ”
    • Aggiungere la curva dell’energia spesa dalla lampada HPS significa disegnare sopra di essa una curva della stessa forma, parallela al decadimento;
    • Aggiungere una curva dell’energia spesa dal LED significa aggiungere sopra di essa una retta orizzontale non confrontabile con il decadimento. E’ ovvio che in questo caso trattasi legalmente di un furto fraudolento.
    Aggiungo, che:
    Stimo moltissimo la vostra professione ed interesse per l’illuminotecnica che analizza, critica e progetta il risultato della messa in opera di dispositivi per l’illuminazione esterna. Noi invece facciamo esclusivamente laboratorio R&S per approfondire l’argomento dal punto di vista tecnico che ha, come obiettivo, un prodotto finito industriale.
    Quindi le due attività sono utilissime perché complementari. Ma se ciò che scrivo non è di gradimento, allora, per non disturbare…………

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    1. Sig. Luigi Cappellini, in-primis, non mi chiamo Ribaldo, ma Ribaudo, in secundis, invece di inserire “facente parte del sempre presente gruppo Cielo Buio……” non esprime totalmente il concetto, anche perchè il suo real pensiero, potrebbe essere mal interpetrato!
      Spero comunque che la sua mezza- frase non sia dispreggiativa, anche perchè Cielo-Buio, nel quale non ho nessuna carica, negli anni ha fatto delle cose egregie, condivisibili oppure no, ma questa è democrazia.

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      1. Dovrò disattivare il sistema di correzione automatica Win XP che in completo silenzio, senza emettere un fischio od un sonoro botto, mentre si scrive cambia a suo piacimento con la speranza di farmi un favore. Questa volta il PC ha commesso due errori: Il cognome e “gerentocràtico” invece di “gerontocratico” perché precedentemente memorizzato per sbaglio. Caro Ettore Guido grazie del Lei ma non c’è bisogno. In AQ ci sono 35 dipendenti che mi danno del tu comunicativo, quello umano del lavoro di squadra. Meglio del tu freddo che gira nel web. Nel nuoto master mi chiamano addirittura “Nonno Rana” . Ora se mi date del LEI perchè sono un topo di laboratorio R&S, per distaccare la mia attività dalla vostra bellissima professione creativa, mi permetto di dire che la creatività a bisogno della tecnologia, come altrettanto succede per il reciproco. Mi ha fatto piacere che grazie a Bill Gates si è mosso il blog. Andiamo avanti.

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  8. Faccio riferimento….la confusione regna sovrana…. (Comment by Danilo— 3 giugno 2011)
    In effetti non è chiarissimo il discorso, ma io sono curioso di leggere lo studio…(Comment by Matteo— 4 giugno 2011)

    Risposta
    Chi fa ricerca applicata di laboratorio, per arrivare ad uno studio di fattibilità, sviluppo, produzione e rischi per investimenti privati, oppure agevolati FESR per il mantenimento ed incremento dell’occupazione è condannato a rispettare la verità che appare dai risultati pratici, non modificali, contrariamente a chi cita letteratura per diversi obiettivi commerciali che, pur provocando danni, possono essere ritrattati o modificati senza dolore ed onere finanziario. Ora, nell’impossibilità di inviare il file completo di diagrammi invio solo l’introduzione del testo “VERIFICHE DI LABORATORIO R&S – ANALISI DEL PROBLEMA TECNICO LED DIODE ARRAY CON LA LEGGE DI OHM
    C’è qualcuno in grado di demolire l’assioma ivi contenuto in cambio di una “taglia” a chi trova una spiegazione diversa del problema congiunto “ Ohm & LED” . Oppure siete pronti per una scommessa onerosa (?)
    Questa è l’introduzione del testo:
    Legge di Ohm & LED Diode Array
    E’ stato possibile misurare che il diodo LED è destinato ad assorbire nel tempo sempre la stessa energia costante, indipendentemente dalla continua perdita del flusso luminoso emesso. Questo avviene poiché, secondo la legge di Ohm, la tensione di lavoro in corrente continua (Vf) (f=Forward) è un valore fisso, ed altrettanto fisso è il valore della corrente costante di alimentazione (If). In questo modo, si ottiene dal prodotto sempre la stessa potenza costante fissa (Vf ● If = Wf). Questo risultato del LED non è un vantaggio ma un problema di serietà (un problema legale), poiché per un impianto della pubblica illuminazione (p.es.) l’energia assorbita nel tempo sarà sempre la stessa mentre il rendimento del flusso luminoso emesso calerà fino a −50% lm/Wf al 12esimo anno di vita. Questo risultato, scientificamente probante, costringe le amministrazioni Comunali a pagare sempre il consumo del primo giorno di collaudo. Il problema congiunto Ohm & LED, se inquadrato per un impianto della pubblica illuminazione, ove si assorbe notevole energia, equivale ad un “rilevante furto fraudolento ai danni dell’ignara collettività”.

    Vista interna del Diode LED Array
    Il diodo LED è accessibile dall’esterno tramite due terminali (pin) a cui sono collegati internamente due chip semiconduttori di silicio polarizzati come canale (P) e canale (N). I due chip sono congiunti tra di loro in serie per costituire l’anodo (+) ed il catodo (-). Nel mezzo della zona di giunzione si ingloba in serie un altro materiale inorganico costituito principalmente da GaAs e suoi derivati sperimentali (drogaggio) destinati ad emettere flusso luminoso e vari colori. L’insieme del deposito drogante, stretto tra i due chip di silicio, sviluppa una caduta di tensione nota come “Tensione di Giunzione PN”. Le tre cadute di tensione in serie (Silicio P + GaAs + Silicio N) assumono un valore complessivo medio di (± 1,8 Vf a 25°C). La tensione (Vf) di alimentazione della giunzione è fissa, non modificabile dall’esterno. Altrettanto fissa è la corrente costante (If) che scorre tra i due pin del diodo LED per ottenere il flusso luminoso voluto. Il risultato secondo la legge di Ohm è l’assorbimento di una potenza costante (Wf) dovuta al prodotto (Vf ● If = Wf).

    Attenzione: I tre materiali inorganici possiedono la caratteristica intrinseca PTC (Positive Thermal Coefficient). Quindi, con l’inevitabile riscaldamento, la tensione di lavoro della giunzione (± 1,8 Vf a 25°C) sale a valanga per effetto termico e raggiunge con facilità (3,5 Vf). Quando si arriva e si supera tale valore, il LED è nello stato di prossima rottura. Prima che ciò avvenga bisogna diminuire la corrente costante (If) circolante per diminuire la potenza riscaldante (Wf) ma così facendo si diminuisce anche il flusso luminoso emesso ed il rendimento (lm/W). Non c’è una soluzione onesta, proponibile.

    Durata del flusso luminoso emesso
    La sezione di giunzione intermedia del LED, stretta a contatto tra l’anodo (P) ed il catodo (N), viene “drogata” in fabbrica con materiale inorganico semiconduttore, tipo GaAs (Arseniuro di Gallio) e vari derivati complementari GaP, GaAsP, ecc per ottenere flusso luminoso. Raggiunto questo stadio di produzione, significa che il LED è pronto per essere venduto, installato e spremuto per fornire subito illuminazione stradale a luce bianca (Tipologia 6: Flash Blu/Bianco). Si comprende bene che le sostanze droganti racchiuse nel minuto spazio intermedio del silicio non possono essere in grande quantità. Dal loro volume dipende la durata di emissione del flusso luminoso che la natura concede a caro prezzo in cambio del sacrificio continuo dei fotoni contenuti in ogni atomo drogante.

    Secondo lo stato dell’arte della pubblica illuminazione, si considera esaurita una sorgente luminosa (HPS) quando l’emissione è scesa del 15 ± 20%. Ora, alcuni produttori del LED dichiarano addirittura l’opportunità di −50% al 12esimo anno (48mila ore). Non c’è una norma. Ognuno divulga a modo suo, con aggettivi convenienti e con l’aiuto del silenzio totale dell’autorità scientifica in merito alle perdite d’efficienza lm/Wf a lungo tempo.

    Infinita vita del LED
    Gli “elettrodi (P & N)” sono in grado di superare anche un ipotetico “record infinito di vita” poiché la materia prima minerale di silicio con cui sono composti i due substrati solidi non si brucia. Ben diverso invece è la durata della giunzione drogante GaAs che si consuma precocemente essendo destinata ad una riduzione forzata di fotoni (luce) somministrando elettroni (energia) (Wf) tramite la corrente costante circolante (If). Raggiunto un certo numero di ore si tratterà soltanto dover verificare quanto materiale drogante sia rimasto per emettere ancora luce (fotoni) illuminando decentemente.

    Nessun essere umano avrà vita sufficiente per attendere la sua “fine secolare”. Ma oggi un attento servizio tecnico ha già la possibilità di misurare in campo che questi LED Diode Array, alla fine dei primi 4 anni d’esercizio, hanno già perso per legge fisica il 16% di fotoni e flusso, “assorbendo sempre la stessa energia iniziale di collaudo”. Quindi, a chi servirebbe oltre ai fabbricanti, importatori, venditori e disonesto giro d’affari del “finto risparmio energetico scientifico, professionale” questa declamata lunga ed infinita vita del LED se assorbe sempre la stessa energia costante, fino a perdere progressivamente −50% d’efficienza (lm/Wf) al raggiungimento dei declamati 12 anni d’esercizio (?).

    Un assioma da demolire
    Le caratteristiche del LED appartengono ai principi della legge Ohm. Si usano, infatti, gli stessi termini pertinenti come Watt; Volt, Ampere, Lumen/Watt, ecc. Sarebbe molto utile per l’utenza che almeno un ricercatore del settore riuscisse a demolire la tesi del principio fisico dimostrando l’esatto contrario dell’assioma contenuto nella nostra seguente frase:

    “La potenza circolante (Wf), entro il diodo LED, ha un rapporto diretto con la legge Ohm essendo composta di una corrente Ampere (If), di una tensione fissa di Giunzione tra anodo e catodo (Vf) e di una resistenza Ohm (ReΩ) apparente, matematico equivalente”.

    Il ricercatore candidato potrà demolire un teorema ma non un assioma (Ohm) che è stato assunto come reale perché ritenuto probante proprio per la corretta interpretazione matematica della nota legge. Il LED è penalizzato, fin dalla sua nascita, dal 1962, in merito all’impossibilità di poter gestire l’energia assorbita (Wf) in modo compatibile con il valore del “flusso luminoso emesso” (lm/Wf). I diagrammi LED dimostrano in chiaro una retta orizzontale costante per quanto riguarda l’assorbimento energetico ed una progressiva curva decadente, indipendente dalla prima, per il flusso luminoso emesso.
    Stop, per il momento……..

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  9. Secondo la legge di Ohm:
    Essendo la tensione Vf di alimentazione del LED fissata in fabbrica, non modificabile dall’esterno, ed altrettanto fissa è la corrente costante If che si fa scorrere tra i due pin del diodo LED per ottenere il flusso luminoso voluto, si assorbe una potenza costante espressa in Watt (Vf x If). Ovvero, il diodo LED assorbirà nel tempo sempre la stessa potenza costante, indipendentemente dal continuo esaurimento del flusso luminoso emesso. Questo risultato inevitabile, scientificamente provato in laboratorio R&S, non è un vantaggio operativo del LED ma un grosso guaio poiché l’energia assorbita rimarrà nel tempo sempre la stessa mentre il rendimento del flusso luminoso emesso calerà fino a −50% lm/W al 12esimo anno di vita. I comuni, nel frattempo, avranno sempre pagato il consumo del primo giorno di collaudo. Questo problema (Vf x If), che non ha soluzione, visto per un impianto di illuminazione stradale ove si assorbe notevole energia, equivale ad un furto fraudolento ai danni dell’ignara collettività.

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  10. Per maggior chiarezza ho riportato pochi minuti fa il commento che avevo scritto nel precedente “illuminazione stradale a LED – 2 parte” “Secondo la legge di Ohm:”, che purtroppo termina con una frase di fondo agghiacciante per i creduloni amanti della tecnologia asiatica, anche se falsa, che credono e comprano tutto: Scarpe, mutande, orologi di marca ma finti, autovetture, strumentazioni fai da te, uso e getta e tecnologia semplice (fessa) fatta passare per innovativa e strabiliante. Come il LED, per esempio che io conosco molto bene da oltre 50anni essendo (sempre io) un accanito ricercatore over80 che investe il proprio danaro. E’ chiaro il messaggio di essere cattivi come il nostro Matteo ci raccomanda di essere (?). Sapevo di scrivere una cosa vera, tangibile, perché avevo già i primi risultamenti (*) per aver passato dal gennaio 2010 un ordinativo (*) ad un consulente scientifico, regolarmente iscritto all’albo nonché consulente del tribunale. Ora vi riepilogo la parte del contenuto lecito del suddetto ordinativo e delle caratteristiche di prova. Maggiori indicazioni ve le potrò dare soltanto se Vi interessano.

    Roma, 01 gennaio 2010
    OGGETTO
    ORDINE DI LAVORO SAL 01/2010 – 01/01/2010
    DIAGRAMMA DEL DECADIMENTO DEL FLUSSO LUMINOSO DEL DIODO LED 10W

    Premessa
    Si conferma l’ordine di lavoro in oggetto come naturale conseguenza del contenuto dei colloqui tecnici intercorsi tramite i quali è stata accertata e valutata l’effettiva e naturale dipendenza alla legge di OHM del comportamento dei parametri di potenza del diodo LED utilizzato per la pubblica illuminazione. Oltre a quanto già discusso, si aggiunge ora la presente breve nota per definire ancor meglio, come realmente “stanno le cose” in questo campo ove si pratica un danno fraudolento energetico a carico dell’ignara collettività.

    Prestazioni LED dichiarate pubblicamente
    Risulta che i costruttori LED, ed il relativo mercato promozionale, “siano d’accordo, in linea di massima” nel dichiarare che, in alcune particolari zone e regioni, ove è necessaria una buona illuminazione, con un’accensione notturna di 8 ore, “una sorgente LED decrementi la produzione del flusso luminoso del 50% al raggiungimento del 12esimo anno di vita” senza alcuna rottura o bruciatura”.

    Ciò significa che, secondo questi parametri, in 12 anni, con 8 ore per ogni notte, un emettitore LED raggiunge le 35mila ore in esercizio (8h x 365gg x 12a = 35.040h).

    Dando retta a questo promozionale mercato LED, che per lucro sfrutta la novità, senza il necessario approfondimento tecnico, quindi opinabile, significa che dopo un esercizio di 35mila ore, l’intero apparecchio, composto da numerosi diodi LED, avendo perso potenza, è destinato al ricambio per aver “svolto un conveniente lavoro” rispetto alla tradizionale lampada HPS.

    Invece, secondo altri osservatori tecnici qualificati, l’apparecchio LED è semplicemente da buttare in quanto sarebbe meglio ritornare alla HPS perché non è significativo perdere il 50% di energia a seguito di risultati pratici ed insuccessi, ormai noti in campo nazionale. Per lo stesso motivo tecnico, come potrebbero suggerire le misure rilevate in questo progetto di diagramma temporale, il LED sarebbe già da buttare al raggiungimento delle 5.800 ore di esercizio (due anni), pari ad una perdita inammissibile del flusso luminoso di circa −16,66%.

    La lunga vita del LED è il recondito cavallo di battaglia del mercato promozionale che di proposito tace l’eccessiva perdita di efficienza nel tempo. La base del diodo LED è costituita da un supporto solido di silicio che non si guasta né si brucia e neanche si brucerà fino ad un barlume di luminosità fornita dal drogaggio. Nessuno di noi avrà vita sufficiente per vedere la fine del silicio. Ben diversa, ossia molto inferiore, risulta essere la durata a portata umana del rapido consumo del delicato GaAs, materiale inorganico semiconduttore di drogaggio Arseniuro di Gallio (Gallium Arsenide) , con il quale il silicio è necessariamente avvolto per emettere luce.

    Il ragionevole programma tecnico convenuto di rilevamento, per ottenere la misura del flusso luminoso del diodo LED, è descritto nella pagina seguente.

    DIAGRAMMA
    LA SOTTOSTANTE ISTRUZIONE RAPPRESENTA IL QUADRO GENERALE DEI RILEVAMENTI
    LA DURATA DELLA SPERIMENTAZIONE È DI 24 MESI

    Specifiche – Impostazione convenuta
    1. La curva del decadimento del flusso luminoso emesso deve essere rappresentata da un quadrante di ellisse impostato con vari parametri fino a −55% (−60% max) di perdita di efficienza del diodo LED in continuo rilevamento;
    2. Allorché il quadrante di ellisse raggiungerà −50% (circa), come massima perdita consentita di efficienza, l’andamento progressivo della decadenza diventerà una retta verticale, la quale, andando in basso verso lo zero, decreterà l’apparente morte commerciale del LED;
    3. La potenza assorbita costante, al crescere del tempo, data dalla corrente circolante nel LED per il valore tipico di tensione di giunzione del diodo, risulterà invece essere costituita da una retta orizzontale ben marcata, che prosegue “verso destra” in presenza di alimentazione;
    4. Il LED è alimentato tramite un apposito ballast DC a corrente costante essendo il valore di tensione stabile per effetto di caduta fissa della tensione naturale dello stesso diodo LED;
    5. La potenza dissipata nel chip del LED verrà quindi ricavata, secondo la legge di Ohm, dal prodotto della suddetta corrente circolante stabile per la tensione naturale del diodo LED;
    6. Il LED campione, da 10 Watt nominali, accesso 24h, mediante un’apposita piastra di dissipazione provvista di zoccolo elettrico, è posto all’inizio di un tubo metallico di alluminio anodizzato lungo 80cm, di 10cm di diametro;
    7. Il LED utilizzato è uno dei tanti di rinomata marca, molto usato, non divulgabile in quanto i ricercatori si riservano comunque il diritto di segretezza absit injuria verbis, anche in caso di individuazione illegale dell’etichetta;
    8. Alla parte terminale del tubo è posta un’altra piastra contenente un fotodiodo sensore, tipo general purpose, banda larga, il più adatto in grado di rilevare il flusso luminoso emesso;
    9. Il fotodiodo di rilevamento non deve invecchiare. Viene inserito ogni volta che si effettua il rilevamento. Dopo di che deve essere immediatamente tolto e conservato in una scatola chiusa durante gli intervalli di bruciatura;
    10. Se ritenuto utile, più fotodiodi, di caratteristiche diverse, possono essere usati per il rilevamento;
    11. I rilevamenti verranno effettuati ogni 4 mesi (972,22 ore, circa) essendo questo il tempo minimo necessario per poter valutare la variazione di una misura tangibile (−1,389%);
    12. In questo modo, essendo il LED continuamente acceso, praticamente indistruttibile come già detto, si riduce a 2 anni il tempo necessario sperimentale per simulare i reali 12 anni di esercizio;
    13. Mediante un consumo energetico nominale di 20 Watt, inclusa la perdita del ballast DC, previsto per tutta la durata biennale della sperimentazione, sarà pari a circa 700kWh.

    L’amministratore unico
    (Luigi Cappellini)
    luigi.cappellini@inel.it

    (*)
    Risultato vuol dire: “ciò che si ottiene” ;
    Risultamento vuol dire: “ciò che si voleva ottenere” ;
    Ora, tanto per rispettare la promessa fatta per comprendere meglio questo famoso LED, ho trascritto la parte lecita dell’ordinativo inviato al collaboratore per ricavare il diagramma certificato del comportamento del suddetto LED durante due anni, sempre acceso, giorno e notte;
    Alla fine di questo mese termina il programma e quindi sarà visibile il tangibile diagramma LED ottenuto, che si differenzia notevolmente da un diagramma HPS per il quale invece si intuisce che la potenza spesa e flusso luminoso emesso sono due curve allineate e decadenti allo stesso modo. E’ chiaro il concetto (?)
    No si poteva fare diversamente, per conoscere questo oggetto misterioso;
    Ma già leggendo queste note sarà possibile immaginare cosa ci offrirà questo machiavellico LED tanto decantato;
    Dimenticavo di dirvi che la potenza di questo LED utilizzato, al 12esimo anno è minore del 50% (Comunque con un rapporto lm/Watt sempre da buttare) ;
    Buon Natale, Buone feste a tutti i meritevoli frequentatori laboriosi di questo Blog.

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    1. Riporto anch’io a questo punto la risposta al commento di Cappellini che trovate su https://arching.wordpress.com/2010/05/25/illuminazione-stradale-a-led-2 (ricordo però che la versione più aggiornata dell’articolo è su: https://arching.wordpress.com/2010/05/25/illuminazione-stradale-a-led-2/.
      Questa è a tutti gli effetti la dimostrazione di quello che più volte si è detto su questo sito: il LED è una buona tecnologia, ma va monitorata e soprattutto occorre capire “cosa c’è dentro” all’apparecchio esaminato.
      Occorre però fare subito una precisazione: anch’io ho avuto modo di vedere “all’opera” decine e decine di tipologie di diodi LED diversi, di diversi produttori e vi posso dire che, mentre alcuni rispettavano in maniera egregia le specifiche di riduzione di flusso indicate dal produttore (il famoso grafico del decadimento LMF, potete vedere un grafico abbastanza chiaro qui: http://www.valopaa.com/image.php?blob_id=1008), altri proprio facevano di testa loro.
      Nel caso del grafico di Philips riportato si può osservare come andando avanti nel tempo la dispersione (barre di errore che indicano l’intervallo di confidenza di ogni punto del grafico) aumenta in maniera considerevole: questo significa che la produzione dei diodi non consente di raggiungere risultati uniformi per un numero significativo di campioni. Senza quindi voler a tutti i costi tirere in balle lotti “scadenti”, anche i migliori produttori non possono garantire un comportamento omogeneo. Questo significa che, nel peggiore dei casi (limite inferiore delle barre) è possibile che anzichè raggiungere un L70 (che ricordo essere il punto in cui il LED emette il 70% del flusso iniziale) a 1000.000 ore, difficilmente si otterranno 50.000 ore.
      Va poi considerato che il documento di Cappellini risale al gennaio del 2010, quando ancora i diodi LED erano poco più che prove sperimentali da laboratorio; ora, lo so benissimo che molti produttori fin dal 2009 dichiaravano che i LED potevano durare 1000.000 ore, però oggi mi sembra più che lampante come quei diodi non potevano ASSOLUTAMENTE garantire i risultati dichiarati.
      E’ chiaro che i produttori hanno letteralmente “preso per il culo” tanti acquirenti negli anni passati, dichiarando risparmi del 70%-80% e durate illimitate.
      Oggi (inizio 2012), per fortuna, ci sono produzioni di diodi LED eccellenti, che possono garantire buoni risultati, con rese elevate e soprattutto garanzia di lunga durata.
      Nota bene: lunga durata non vuole dire però che DURATA LED = DURATA APPARECCHIO.
      Come ho già avuto modo di indicare negli articoli dedicati ai LED, occorre considerare che, dopo una perdita di circa l’85%-80%, un diodo non è più utilizzabile ai fini di una corretta illuminazione; inoltre va considerata anche la vita dell’alimentatore e gli eventuali guasti dei singoli diodi (che, ribadisco, si aggirano attorno al 2% nel migliore dei casi ogni 50.000 ore).
      A presto

      Matteo

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      1. Grazie, per l’attesa replica. Grazie per l’ospitalità e per aver fatto comprendere che il termine L70 (riportato in alto, al centro del diagramma Philips) significhi qualcosa in merito alla progressiva perdita del flusso luminoso emesso. Purtroppo questo diagramma riporta anch’esso il decremento del flusso luminoso emesso (Y) senza riportare l’asse (X) temporale della potenza spesa e dissipata.

        Il problema di tutti questi diagrammi che circolano riguarda il fatto che, oltre a riportare il solo decadimento del flusso luminoso emesso dovrebbero riportare anche l’asse dell’energia spesa e dissipata affinché sia possibile per un valido installatore poter ricavare, trattare e proporre l’efficienza energetica, notoriamente nota come lm/Watt.

        La lunga vita del LED è il recondito cavallo di battaglia del mercato promozionale che di proposito tace l’eccessiva perdita di efficienza energetica nel tempo. La base del diodo LED è costituita da un supporto solido di silicio che non si guasterà.

        Molto inferiore, risulta essere la durata a portata umana del rapido consumo del delicato GaAs, materiale inorganico semiconduttore di drogaggio Arseniuro di Gallio (Gallium Arsenide) , destinato al sacrificio per emettere luce.

        Dal punto di vista del progresso tecnologico aumenta la potenza dei diodi LED perché aumenta la quantità di sostanza GaAs depositata ma, contemporaneamente, aumenta la richiesta di maggiore energia perché la natura nulla concede senza contropartita. Quindi le cose rimangono proporzionalmente ferme.

        Quello che noi possiamo dimostrare con 17.520 ore di continua accensione (24 mesi, pari a 6 anni di esercizio), senza alcuna immaginaria estrapolazione futuristica, utilizzando un diodo LED “esagonale” della potenza di 10 Watt, è la presenza di un implacabile asse (X) con tendenza orizzontale che indica un costo costante della spesa energetica dissipata che è ben diverso dall’asse (Y) in pendenza per misurare il decadimento del flusso luminoso emesso.

        Purtroppo Lei ha ragione, caro Matteo, quando asserisce che ci hanno preso per i fondelli vantando, tra l’altro, un monte incredibile di ore di funzionamento estrapolate, non misurate, che equivarrebbero a svariati anni di esercizio di 8 ore a notte. Per 100 mila ore di accensione risulterebbero essere equivalenti a 34 anni di luce.

        Vivo a Roma, zona Eur, e sovente sono costretto a percorrere di sera via dell’Acqua Acetosa Ostiense, illuminata LED con circa 120 pali. Un tangibile insuccesso a partire dal febbraio 2010. Invierò la relazione aggiornata, con foto, alle persone interessate, delle quali ho l’email.
        Oggi è 2 gennaio 2012, entro il mese il consulente mi dovrebbe fornire l’esito della desiderata sperimentazione 01/01/2010 – 31/12/2011.
        Buon anno a tutti.

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  11. La via della vecchia maps.google indica proprio il soggetto in discussione. Quasi parallela all’interno raccordo anulare. Parte dalla Laurentina, passa sotto La Pontina e termina subito dopo sotto la Cristoforo Colombo. Sono poco meno di 2 km per 120 pali. All’inizio del 2011 ho preparato il pdf con commenti e qualche foto, Potrò essere più preciso facendo “il già previsto sopralluogo e consuntivo” nei prossimi giorni. Non c’è bisogno di essere cattivi. Si tratta proprio di una schifezza. Provo ad inviare la relazione in pdf con foto. Se non passano le foto invio il testo originale Word. Se non passa neanche Billy Gates allora mi deve comunicare una @ dove inviare la documentazione attuale e quella prossima.
    Grazie dell’attenzione.

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    1. La ringrazio per la disponibilità.
      Nel caso in cui voglia farla conoscere a tutti gli utenti di questo blog, le chiederei di caricarla su un servizio internet gratuito, tipo http://www.sendspace.com/ e poi comunicarci l’indirizzo da cui poter scaricare il pdf.
      Oppure – nel caso in cui non riuscisse con questa modalità – le invio una mail e provvederò di persona a farlo (non è per mancanza di fiducia: semplicemente non ho tantissimo spazio per questo mio blog sul server di wordpress e cerco il più possibile di tenerlo vuoto).
      Grazie

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  12. (Un piccolo capitolo che fa parte di un più ampio documento interno – Il copia incolla non rende visibile la foto)
    ============

    L’ultimo impianto stradale LED a Roma
    Abbiamo dovuto attendere il periodo necessario prima di compilare quest’argomento a carico o beneficio del LED per esseri certi di poter valutare dal vivo anche noi l’illuminotecnica del LED osservando tutte le sere l’esito di un impianto installato su un rettilineo di Roma, zona EUR – Ardeatina, Via Acqua Acetosa Ostiense. La breve nota dell’esperimento è di seguito descritta. Il risultato ottenuto è facilmente sull’occhio di tutti, almeno per i tecnici interessati venuti apposta o che abitano a Roma.

    Ecco l’impianto stradale LED a Roma
    Roma, febbraio 2011. Alla fine del mese è stato inaugurato un impianto d’illuminazione LED in Via Acqua Acetosa Ostiense. Trattasi di un lungo rettilineo parallelo interno adiacente al Raccordo Anulare che congiunge le consolari Pontina e Ardeatina. La zona è gestita dalla XII circoscrizione EUR.
    L’impianto d’illuminazione è costituito da più di cento strutture LED, piuttosto basse e molto ravvicinate tra loro, meno della consueta distanza regolamentare. Ogni apparecchio impiega 16 sorgenti luminose LED a forma di piastrine rettangolari orientate in delicati angoli minuti con il presupposto di poter allargare il flusso verso il piano stradale secondo le norme. Ma, quali norme (?).
    Non è noto con quanti diodi è composta la singola piastrina sorgente rettangolare al fine di valutare l’affidabilità secondo la procedura MIL.HDBK.217 MTBF Calculations.
    Non si conosce il risultato politico/economico al momento del collaudo, se rispondente a quello atteso. Possiamo soltanto immaginarlo non molto dissimile dagli altri esperimenti in altre strade di città italiane o autostradali di cui la critica letteratura scientifica informa il vero risultato ottenuto rispetto a quanto promosso e promesso da interessati venditori.
    Infatti, sembra che manchi il classico tocco del progetto dell’illuminotecnica scientifica e normativa del periodo decennale AIDI appena trascorso. Ossia dei suoi pignoli nomi di ricercatori che hanno fatto storia e promosso normative per l’illuminazione pubblica.
    Con garbato pessimismo si potrebbe dichiarare che l’effetto a fine opera è inferiore alle attese. Il flusso luminoso bianchissimo, che “esonda ai lati” degli apparecchi, è osservato come una fastidiosa linea orizzontale del lungo rettilineo che viene incontro al conducente in veste assassina per farlo sbandare abbagliandolo. In misura maggiore altera l’attenzione dell’anziano conducente.
    Percorrendo il rettilineo si osserva la novità (rispetto alle HPS) che a tratti le infrastrutture LED sono collegate da un discreto numero d’apparati contenitori di resina sistemati lungo il bordo stradale non protetto. Si tratta di contenitori economici destinati ad usura precoce perché esposti alle intemperie, incidenti e vandalismi.
    La foto mostra un tratto del rettilineo di Via Acqua Acetosa Ostiense durante una debole pioggia. In primo piano, in alto, si nota un abbagliante apparecchio LED ed altri due più avanti distanti circa 20mt tra di loro. La targa della vettura accanto si legge molto bene per merito dei fari di una vettura e non per efficacia della struttura LED sovrastante.
    Ora, per effetto del LED, la pubblica illuminazione del frequentato rettilineo è in queste condizioni.
    Per quanto concerne il consumo energetico totale, il parere generale interessato è sempre il solito teorico politico essendo basato sul “ripetitivo messaggio universale” che “un impianto LED consuma meno di un impianto HPS”.
    I veri esperti dell’illuminotecnica, che ovviamente non sono i politici locali, obiettano però che c’è meno luce e quindi, se questo era il vero problema per risparmiare energia, tale risultato poteva essere raggiunto meglio e con minori costi installando apparecchi HPS da 100 o 125W, specialmente se alimentati con ballast evoluti.
    Come già verificabile nel web, per altre simili esperienze, sul piano stradale del rettilineo in oggetto, l’illuminazione concentrata sotto ogni struttura è debole e scadente, fuori della normativa. Anche in questo costoso esperimento sembra completamente inesistente quando c’è un po’ di pioggia.
    Il risultato dell’applicazione illuminotecnica LED è inferiore rispetto alle lampade HPS, dalla luce giallo-oro, rimaste come monito in diversi punti o incroci del percorso.
    L’impianto è nuovo, ma come apparirà l’aspetto illuminato di questa strada fra 4 anni, quando i LED Diode Array avranno “bruciato” il 16,66% di fotoni (?). Con il decadimento del flusso luminoso, gli apparecchi e LED sporchi, con la strada sempre più buia, l’amministrazione comunale seguiterà a pagare il pieno di energia assorbita come il primo giorno del collaudo (?).
    Tutto ciò è l’ultima indagine che si aggiunge alle altre nazionali reperibili nel web. Si nota ovunque che, per ogni impianto LED, nulla corrisponde con la “vita secolare” declamata e che le vantate costose prestazioni risultano insussistenti.
    L’uso è fraudolento perché al traguardo dei 12 anni si otterrà una resa di −50% lm/W, mentre l’ignaro utente “cittadino romano” avrà pagato sempre il 100% d’energia.

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    1. Da quello che racconta mi sembra di sentire una fra le tante storie che già ho sentito riguardo le installazioni di questa tecnologia (per non parlare di quelle vissute in prima persona).
      Il messaggio che è passato è che “il LED risparmia” sempre e comunque.
      Invece, come ben viene fatto notare, un conto sono le parole, un conto sono i fatti: il progetto deve presentare dei valori di luminanza a terra precisi in base alla categoria della strada e l’analisi dei rischi.
      Mi piacerebbe ad esempio vedere il progetto dell’illuminazione fatto per questo impianto.
      Perchè è ovvio che se, anzichè 1cd/mq si illumina con 0,5cd/mq si fa del risparmio! Però si ha anche metà della luce che serve!
      In questo caso si risparmia con qualsiasi sorgente: non c’era bisogno dei LED…
      Inoltre vorrei ricordare che è obbligatorio per legge prevedere all’interno del progetto un piano di manutenzione: questo significa che il calcolo deve essere strettamente collegato a quello che si va a fare sull’apparecchio illuminante. Ho visto calcoli fatti con coefficienti di 0,90 e poi nel piano di manutenzione nemmeno si prevedeva la pulizia degli apparecchi.
      E’ logico che un apparecchio su una strada (tra l’altro abbastanza trafficata come mi è parso di capire) prima o poi si sporchi e questo sporco si accumula alla riduzione del flusso emesso connessa al naturale deterioramento del diodo LED.
      Come giustamente afferma Cappellini, se pensate che un apparecchio LED, una volta installato (magari con potenze inferiori al necessario appunto), possa rimanere lì com’è per 15 anni di fila senza nessun intervento vi sbagliate di grosso.

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  13. Stavo cercando determinate informazioni tecniche quando ho trovato questo blog e il sito luxemozione.com, ho iniziato a dare una semplice occhiata scorrendo velocemente i contenuti tecnici riportati in articoli e vari commenti.
    A prescindere dalle posizioni, mi congratulo vivamente per le iniziative che avete preso in quanto fanno informazione per gli addetti ai lavori, informazioni sempre utili ed interessanti.
    Decido di lasciare questo commento in questo preciso punto del blog in quanto la data dell’ultimo commento è risalente a un mesetto e mezzo fa, quindi mi pare tra le più recenti.
    La mia esperienza personale è che dallo scetticismo che avevo sull’illuminazione LED sono passato gradualmente ad esserne piuttosto convinto.
    Eseguo progettazioni illuminotecniche, utlizzo fotometrie dei corpi illuminanti per analizzare le situazioni sia al chiuso che all’aperto, realizziamo realmente impianti e devo dire che sono rimasto spiazzato nel leggere, anche se ammetto superficialmente, le vostre considerazioni.
    Effettuiamo misurazioni illuminotecniche con uno strumento molto preciso della Delta Ohm e devo dire che le installazioni viste ed eseguite con corpi illuminanti a LED hanno reso buoni se non eccellenti i risultati ottenuti.
    Altresì abbiamo anche ottenuto buoni risultati di risparmio energetico attraverso la regolazione punto-punto del flusso luminoso negli impianti IP che utilizzano le SAP nei vari tagli canonici di potenza.
    Non è mia intenzione sponsorizzare a tutti i costi gli apparecchi LED, ma in base alla mia esperienza devo dire che forse siete ancora troppo ingenerosi e scettici al riguardo.
    Per quanto riguarda gli impianti IP con lampade SAP (a proposito Luigi, mi sembra improbabile una SAP o HPS qual si voglia dire da 125 W: conosco il taglio 70 W, quello 100 e 150 W, una particolare Osram serie NAV da 110 W, ma sinceramente la 125 W non l’ho mai incontrata……e penso sia altrettanto improbabile che tu volessi riferirti alla MBF 125 W), ciò che è stato accennato al riguardo dell’uso dei moderni ballast elettronici è pienamente condivisibile (quindi alla possibilità della dimmerizzazione durante l’arco delle ore di accensione notturna) e personalmente me ne sono occupato per reali installazioni, ma spesso c’è da fare i conti con le pessime condizioni elettriche in cui versano la maggior parte degli impianti (preferisco non entrare nel merito), condizioni per le quali la soluzione della regolazione centralizzata è abbastanza scogliabile se c’è da garantire l’accensione di tutti i punti luce (la regolazione punto-punto è sicuramente preferibile, non a caso comporta qualche spesa di investimento più elevata), ma poi c’è tutto un discorso di telecontrollo e telegestione che spesso comporta un’altra spesa ulteriore di investimento (tecnologie a onde convogliate magari unitamente a quella GSM e via dicendo).
    Un’altra osservazione che vorrei avanzare è anche che spesso viene fornito il valore di 1 cd/mq là dove ne bastano (per classificazione stradale) 0.5 per esempio…..la miglior forma di risparmio è, dopo la buona manuenzione dell’impianto IP, quella della razionalizzazione della luce ad esempio.
    Altra osservazione abbastanza fondamentale è che dal 2015 determinate lampade a scarica che contengono anche la pur minima quantità di mercurio (in forma di vapori) verranno messe al bando e molte HPS tra queste.
    Le armature stradali che ho installato di una determinata marca testata anche da ACEA per delle installazioni a Roma sinceramente mi hanno confortato notevolmente per quello che ho visto e misurato…….trovo l’illuminazione stradale a LED uniforme e non abbagliante, molto più indirizzata sul manto stradale etc……e poi è luce bianca (le armature stradali si sono assestate ai 4.300 K anche se personalmente preferisco qual qualcosa in più attestato sui 5.000/5.500 K in quanto il LED produce più luminosità e poi la luce risulta perfettamente bianca).
    Altre installazioni IP a LED in Roma le puoi trovare, Luigi, in fondo alla Via Ostiense e da lì, per Ponte Marconi e intorno alla Basilica di San Paolo, oppure al Foro Italico dove si svolgono gli Internazionali di tennis (Viale dei Gladiatori per esempio).
    Illuminazione di interni: la situazione sta sempre più migliorando, sostituisco regolarmente i tubi al neon T8 tranquillamente con tubi a LED con risultati di luminosità eccellenti, per il momento, abbattendo i consumi e risolvendo il problema sfarfallio fornito dai FL; le plafo 4×18 W ormai le sostituisco con light pannell che abbattono i consumi energetici fornendo una quantità di luce impressionante con soli 40 W mediamente (per quanto riguarda l’abbagliamento in caso di posti di lavoro con videoterminali e quindi un UGR 19 al max ci sono allo studio delel buone soluzioni che stanno arrivando)……
    Insomma, tutto questo per dire che capisco ancora lo scetticismo, ma forse è il momento di famigliarizzare con questa tecnologia che porta sicuramente al futuro.
    Per quanto concerne le considerazioni economiche, i prezzi si stanno riducendo a passo abbastanza veloce e non è un caso che anche i grandi fornitori di nome stanno procedendo all’introduzione nei loro cataloghi degli apparecchi LED.
    Penso che la prossima fiera di Francoforte sarà piena di novità al riguardo.
    Vi porgo i miei cordiali saluti.

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    1. Ciao Roberto,grazie per la disamina attenta e corretta che hai dato, sono Giacomo di Luxemozione, visto che sono stato tirato in causa rispondo al tuo messaggio.
      Per prima cosa vorrei puntualizzare che per ciò che riguarda gli articoli che sono stati pubblicati sul mio, come sul sito di matteo andrebbero contestualizzati con il periodo in cui sono stati scritti…(se non ricordo male il mio primo articolo sui LED in applicazione stradale lo scrissi nel 2007 e da allora molte cose sono cambiate…). Purtroppo per star dietro all’evoluzione tecnologica ed economica dei LED si dovrebbe scrivere un’articolo dettagliato ogni 2-3 mesi, purtroppo, almeno per quanto riguarda luxemozione, questo non è possibile. 😦
      Tu dici bene è un problema di superamento dello scetticismo causato dalla ben nota politica perpetrata avanti da alcuni ciarlatani, che si sono buttati sul mercato del LED senza capirne una mazza ne di illuminazione, ma evidentemente nemmeno di elettronica. Quindi come biasimare i tecnici dei comuni che hanno letteralmente visto andare in fumo gli investimenti “nella tecnologia del futuro in grado di garantire risparmi fino al 50% rispetto alle sorgenti a sodio alta pressione”?
      Anche io sono convinto, quest’anno a francoforte ne vedremo delle belle, già da un paio di edizioni le evoluzioni sono davvero tangibili!
      Il problema non sta però nelle evoluzione tecnologica, ma nel saper distinguere in questo marasma di informazioni, le cazzate dalla (più o meno) verità…
      Io dal canto mio ho un po’ gettato la spugna, è da molto che non scrivo di LED, perchè mi sembra di lottare contro i mulini a vento del marketing aziendale che promette un sacco di cose ma poi chissa?
      Ciao e grazie ancora per l’intervento!
      A presto

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    2. Sottoscrivo tutto quello che già ha detto Giacomo e lo ringrazio.
      Come potete leggere di fianco al titolo dell’articolo, questo post (fra l’altro, il più recente di tutti quelli sui LED) è datato 30 marzo 2011 e quindi è ovvio che faceva riferimento ad una tecnologia che è già “storia passata”.
      Inoltre capisco che gli articoli sono lunghi e magari difficili, ma gradirei sapere in quale punto si mette in evidenza la mia presunta presa di posizione contro i LED. Perché l’articolo semplicemente mette in chiaro quali debbono essere i parametri da prendere in considerazione quando si sceglie una tecnologia LED per l’illuminazione.
      Non ho mai detto “meglio” o “peggio”, semplicemente ho costantemente suggerito di fare ognuno le proprie comparazioni, senza prendere come oro colato le affermazioni dei venditori, ma affrontando il tutto con spirito critico.
       
      Provocatoriamente, vorrei riproporre come risposta la parte finale del mio articolo, che ancora oggi rimane valida:
      1- tutti gli apparecchi illuminanti di ultima generazione (siano essi a scarica o a LED) sono comunque migliori di quelli già installati e con qualche anno alle spalle: questo significa che necessariamente una riqualificazione con apparecchi prestazionali comporta sempre un miglioramento in termini di costo energetico e manutentivo (se questo non avviene o l’apparecchio scelto è scadente oppure l’impianto presenta talmente tante complicazioni/vincoli da non consentire margini di risparmio);
      2- in base al punto 1, risultano perfettamente inutili tutti quei documenti che dimostrano come la sostituzione di un apparecchio esistente con uno nuovo (sia esso a scarica o a LED) porta a dei risparmi: quale pazzoide mi chiedo vorrebbe sostituire un apparecchio esistente con uno che consumi più energia o faccia meno luce? Per capire quale tecnologia porti il maggiore risparmio (o un minore tempo di ritorno) occorre fare confronti fra diversi apparecchi performanti di ultima generazione (siano essi a scarica o a LED) e di diversi produttori che forniscano le stesse prestazioni illuminotecniche;
      3- in questo caso, come riporta il documento del NLPIP, “a complete comparison should demonstrate the system’s performance compared to alternative technologies that meet all of the required performance criteria. Evaluations should be measured or simulated excluding ambient light and should include consideration of the full system costs” ovvero “una comparazione completa [fra apparecchi illuminanti] dovrebbe dimostrare le performace del sistema confrontandole con tecnologie alternative che soddisfino tutti i criteri prestazionali richiesti dall’analisi. Tali valutazioni dovrebbero essere misurate o simulate escludendo le luci dell’ambiente circostante e dovrebbero includere un’analisi dei costi dell’intero sistema“. Quindi ad esempio non ha alcun senso presentare comparazioni in cui venga messo sullo stesso livello un apparecchio LED che produce circa la metà dell’illuminamento a terra rispetto al corrispettivo apparecchio a sodio alta pressione;
      4- includere i costi dell’intero sistema significa innanzitutto prevedere quale piano di manutenzione si vuole adottare per un determinato apparecchio e poi, in base a questo, definire le prestazioni raggiungibili ed i costi energetici e di manutenzione: ha poco senso presentare un risultato illuminotecnico con coefficienti di manutenzione alterati (tipo MF=0,90) ed in base a questo affermare che un apparecchio LED risparmia ed in più non necessita di manutenzione. Servono dati concreti e – purtroppo per loro – non possono essere i produttori a fornirli perché non sono loro a gestire l’impianto e rispondere dell’eventuale inadeguatezza dello stesso nel tempo;
      5- infine occorre eseguire analisi di TCO (Total Cost of Ownership) che includano TUTTI i costi inerenti all’impianto presentato (come ad esempio i costi di posa dei sostegni e linee, di posa dell’apparecchio, di manutenzione e pulizia).

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  14. Rispondo a Roberto, salve
    Per il LED sono reperibili soltanto grafici con il diagramma 1 del solo decadimento temporale del flusso luminoso e mai un grafico contenente anche il diagramma 2 dell’energia spesa per l’alimentazione. Senza il secondo diagramma elettrico non è possibile ricavare il rapporto di efficacia lm/Watt. In conclusione: un installatore serio ha il diritto di chiedere al produttore asiatico del LED: Ma insomma: Quanti cavoli di lumen mi dai con un watt che mi fai spendere (?). Nessuno ne parla perché sanno perfettamente che, mentre il diagramma 1 del flusso scende nel tempo, il diagramma 2 invece è una spada tratta orizzontale il cui costo energetico (a contatore) è identico alla prima sera di accensione. Il LED è un diodo e come tale, ha una tensione di contatto (Vf) fissa ed essendo la corrente che lo attraversa costante anche l’assorbimento rimane costante (Ohm) nonostante la progressiva deplezione dell’elemento radiante. Chiaro (?). Pensaci bene, neanche il Report scientifico ENEA [1] ha le adatte informazioni dai costruttori del LED per poter pubblicare il diagramma 2 per l’andamento e tendenza dell’energia spesa. Io mi interesso dell’illuminazione stradale, ad intenso e veloce scorrimento automobilistico, che ha bisogno di luce gialla oro HPS specialmente in caso di nebbia o condizioni climatiche avverse. Venerdì ero a Roma3 al convegno AIDI, probabilmente c’eri pure tu. L’argomento, essendo soprattutto architettonico, non era mio e quindi interessava la facoltà relativa. Ho ascoltato tutto, con interesse ma ho anche recepito qualche perplessità, una specie di delusione latente, dope tre anni di mercato, che già appare visibilmente tra gli esperti in merito alla qualità e decadenza dell’illuminazione LED.
    [1] RdS/2010/238 (HDBK di 88 pagine, 59 bibliografie internazionali) Oggetto: Stato dell’arte dei LED di ENEA Agenzia Nazionale per le Nuove Tecnologie, l’Energia e lo Sviluppo Economico Sostenibile; MSE; UNIROMA la Sapienza.

    Matteo, salve
    L’esperimento temporale di 17.520 ore del LED, pari a circa 6 anni di esercizio in campo, è terminato. Tra pochi giorni sarò in grado di spedire il documento per essere analizzato ed eventualmente pubblicato. Ho bisogno di una email per l’invio integro del documento. Grazie.

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  15. Matteo, salve
    L’esperimento temporale di 17.520 ore del LED, pari a circa 6 anni di esercizio in campo, è terminato. Tra pochi giorni sarò in grado di spedire il documento per essere analizzato. Ho bisogno di una email per l’invio integro del documento. Grazie.

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  16. Old
    Per quanto riguarda la frase “” tale risultato poteva essere raggiunto meglio e con minori costi installando apparecchi HPS da 100 o 125W, specialmente se alimentati con ballast evoluti “” chiarisco ora che si tratta di un innovativo progetto ballast elettronico extended range in grado di sfruttare una lampada HPS da 250W (per esempio) facendola scendere fino a 100W rispettando le equivalenti caratteristiche di colore, elevato rendimento, cosfi prossimo ad 1, lunga durata. Ovviamente, contrariamente al LED, questo ballast ha caratteristica che la curva della potenza spesa accompagna sempre la stessa decadenza del flusso luminoso emesso. Per il LED mi viene in mente lo “Ius Primae Noctis” – di epoca medievale – in quanto tutti declamano il fantastico rendimento del Vergine LED soltanto in merito alla prestazione della prima notte di accensione, senza accennare minimamente a cosa succederà dopo breve tempo.

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  17. Ringrazio Il titolare di questo blog, Arc. Matteo Seraceni, per la documentata relazione in merito alla prima convention italiana della filiera della luce dal titolo “Progettare il progettista” che si è svolta il 5 marzo 2012 a Milano
    in cui si sono confrontati diversi professionisti della luce.

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