La natura della luce

Con il termine luce si indica una parte della radiazione elettromagnetica a cui l’occhio è sensibile (compresa fra le lunghezze d’onda di 380 nm e 780nm); questo avviene grazie a particolari ricettori presenti all’interno della retina chiamati coni e bastoncelli.
Una radiazione elettromagnetica, dal punto di vista della fisica classica, è un fenomeno ondulatorio dovuto alla contemporanea propagazione di perturbazioni periodiche di un campo elettrico (E) e di un campo magnetico (B), oscillanti in piani tra di loro ortogonali; nel 1905 Einstein giustificò l’effetto fotoelettrico postulando l’esistenza di quanti di luce e quindi che l’energia portata dalle onde elettromagnetiche veniva scambiata attraverso quanti di radiazione elettromagnetica: tali particelle vennero chiamate fotoni.

Per questo motivo solitamente si parla di una duplice natura, corpuscolare ed ondulatoria, della luce: con l’avvento della meccanica quantistica si è poi dimostrato che ogni particella elementare (fra cui appunto il fotone) presenta un dualismo onda-particella.

1) Natura ondulatoria

Le basi teoriche dell’elettromagnetismo furono poste da Maxwell intorno al 1864, mentre l’esistenza delle radiazioni elettromagnetiche fu provata sperimentalmente da Hertz nel 1887. Le equazioni di Maxwell, che governano l’evoluzione spaziale e temporale dei campi elettrici e magnetici, descrivono onde trasversali, per le quali le grandezze del campo oscillano perpendicolarmente alla direzione della propagazione.

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Nel vuoto un’onda elettromagnetica si propaga con velocità pari a quella della luce: se indichiamo con x la direzione di propagazione, vediamo che il campo elettrico oscilla su un piano perpendicolare a questa (per questo è un’onda trasversale) descrivendo una sinusoide; il campo magnetico descrive esso stesso una sinusoide su di un piano perpendicolare alla direzione di propagazione e al campo elettrico.

onda-elettromagneticaPer un’onda elettromagnetica, in generale, è quindi possibile definire una:

  • Lunghezza d’onda l :  distanza percorsa durante un’oscillazione completa (distanza fra due creste sucessive dell’onda e generalmente misurata in mm)
  • Periodo T : tempo impiegato a compiere un’oscillazione completa (tempo intercorso fra due creste sucessive)
  • Frequenza f : numero di oscillazioni compiute in un’unità di tempo ed esprimibile come f = 1/T (misurato in s -1 = Hz che si legge Hertz)

In questo modo è quindi possibile esprimere la velocità di propagazione dell’onda come:

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Dalla relazione si deduce che, fissata la velocità, ad una lunghezza d’onda elevata corrisponde un basso valore della frequenza e, viceversa, che ad alti valori della frequenza corrispondono piccole lunghezze d’onda.
Come già detto, la velocità di propagazione nel vuoto di un’onda elettromagnetica è pari alla velocità della luce (2,998 ∙ 10 8 m/s); quando invece attraversa un mezzo, la velocità si riduce di un fattore 1/n, in cui n è un coefficiente adimensionale dipendente dal mezzo, detto indice di rifrazione.
Il valore di n è un valore medio, in quanto dipende anche dalla lunghezza d’onda.
Il campo delle radiazioni elettromagnetiche comprende frequenze che variano da poche unità di Hertz a milioni di Hertz, come indicato nello schema seguente.
787px-em_spectrumsvg1Dalla figura si evince come lo spettro luminoso (detto anche “campo del visibile”) occupi solo una piccola parte dello spettro elettromagnetico.

A livello macroscopico la luce viene generalmente assimilata  a raggi di luce che percorrono linee rette come proiettili:la scienza che studia questo comportamento viene chiamata ottica geometrica. Questa approssimazione è legittima e non lede il principio secondo cui la luce è un’onda elettromagnetica: il passaggio dalla descrizione ondulatoria a quella “a raggio” avviene quando la scala dell’oggetto osservato è molto più grande della lunghezza d’onda.

2) Natura corpuscolare

In accordo con la meccanica quantistica, la radiazione elettromagnetica può essere considerata come propagazione di un insieme di pacchetti discreti di energia, detti quanti o fotoni, ciascuno caratterizzato da un contenuto energetico pari a:

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in cui h è la Costante di Planck e vale 6,625 ∙ 10 -34 J∙s.
La formula indica che più è corta la lunghezza d’onda, più energetico è il fotone: un fotone di luce UV contiene più energia di uno di luce visibile, e i fotoni dei raggi X e dei raggi γ sono ancora più energetici.

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