Le principali grandezze illuminotecniche

La qualità della Luce assume un ruolo fondamentale per la realizzazione di un progetto illuminotecnico: i fotoni interagiscono con la materia, gestendo la percezione della stessa e influenzandone lo stato di conservazione. Progettare l’illuminazione risulta quindi, oltre che una necessità, soprattutto una grande opportunità nella quale alle conoscenze pratiche si deve accompagnare una comprensione degli aspetti culturali, psicologici e percettivi.

Il progetto illuminotecnico si basa su grandezze fondamentali che determinano la qualtià dell’intervento e che vanno comprese a fondo al fine di garantire un sapiente utilizzo dei mezzi a disposizione.

1 – Radiazione visibile

La radiazione visibile dall’uomo è compresa in media fra le lunghezze d’onda di 380 nm e 780 nm (un nanometro è pari ad un miliardesimo di metro).
In figura è rappresentato lo spettro visibile: alle minori lunghezze d’onda corrisponde il violetto e alle maggiori il rosso (nell’ordine: violetto, indaco, azzurro, verde, giallo, arancione, rosso).

Lo spettro visibile della luce

Lo spettro visibile della luce

L’occhio umano risulta in generale più sensibile alla lunghezza d’onda di circa 5500 Amstrong (giallo – verde).
La lunghezza d’onda è data dal prodotto della velocità della luce (c) per il periodo dell’onda (T) o dal rapporto fra la velocità della luce (c = 299.792.458 m/s) e la frequenza:
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Quindi ad esempio 400 nm corrispondono alla frequenza di 750 Mhz.

2 – Flusso luminoso

Il flusso luminoso esprime la quantità di energia luminosa emessa da una sorgente nell’unità di tempo e viene espresso come:

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Si nota come il flusso luminoso corrisponde ad una potenza (espressa in Watt).
Poichè in generale in questo campo si è interessati alla radiazione visibile dello spettro luminoso, questa potenza viene “pesata” in base alla sensibilità dell’occhio umano alla luce e quindi la formula per il flusso luminoso diviene:


Tale flusso luminoso viene espresso in lumen.
Il primo termine all’interno dell’integrale esprime la radiazione emessa per ciascuna lunghezza d’onda (espressa in Watt), il secondo invece è un fattore di visibilità relativa (che rende conto di come l’occhio umano reagisce ai vari “colori”).Questo fattore viene determinato tramite la curva di visibilità di un osservatore standard, definita dalla CIE (Commission Internationale d’Eclairage) tramite rilevamenti statistici su diversi individui, in condizioni di visibilità diurna (visione fotopica – curva V in nero nel diagramma sottostante) e notturna (visione scotopica – curva V’ in verde nel diagramma sottostante): ciascuna curva rappresenta dei coefficienti che, per ogni lunghezza d’onda, definiscono il peso da dare al contenuto energetico di una radiazione per ricavarne un valore significativo a fini fotometrici; per la visibilità diurna il massimo valore (pari a 1) ad esempio corrisponde alla lunghezza d’onda di 555nm. Per ulteriori approfondimenti riguardo alla visione fotopica e scotopica rimando alla pagina dedicata.
luminosityIl fattore 1/683 esprime la costante di conversione lumen/Watt.
In questo modo è possibile definire un lumen come il flusso luminoso emesso da una sorgente di luce puntiforme di intensità pari ad una candela ed uscente dalla superficie di un metro quadrato di superficie sferica con raggio pari a un metro (steradiante).
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Il flusso esprime solo quanto una sorgente è potente da un punto di vista luminoso; poiché si tratta di una grandezza scalare, il flusso non fornisce alcuna informazione sulla qualità o sul tipo della luce emessa, sulla sua composizione spettrale, sulla sua tonalità di colore, né sulla sua ripartizione nello spazio.
In illuminotecnica spesso si usano dei paragoni idraulici che rendono più intuitiva la comprensione delle grandezze.
Se immaginiamo di fare un paragone fra la luce e l’acqua, una sorgente luminosa può essere paragonata ad un rubinetto aperto, e il flusso luminoso può essere paragonato alla quantità di litri che fuoriescono dal rubinetto in un secondo.
Il flusso è una grandezza molto utile per descrivere e confrontare le lampade: l’ordine di grandezza dei flussi delle lampade utilizzabili per l’illuminazione di interni varia da poche centinaia di lumen (per le lampade ad incandescenza di bassa potenza) ad alcune decine di migliaia di lumen (per le lampade a scarica).
Poiché il calcolo del flusso luminoso viene basato sui valori medi di visibilità fotopica forniti dalla curva della CIE, questo non sempre garantisce un fattore oggettivo di misurazione in condizioni diverse da quelle fotopiche: in condizioni di visibilità scotopica la visibilità massima si sposta infatti su lunghezze d’onda più basse e quindi il valore nominale del flusso non è più sufficientemente attendibile per esprimere la reale capacità della lampada in questione di produrre stimoli visivi. In queste condizioni, una lampada che concetrasse la propria emissione intorno ai 510 nm, pur avendo un flusso luminoso inferiore ad una lampada con concentrazione dell’emissione intorno ai 555 nm, darebbe luogo a una visibilità maggiore.
Per questo motivo diversi produttori richiedono un diverso sistema di calcolo per il flusso luminoso.
Va comunque ricordato che una visione scotopica si ha solamente per valori di luminanza inferiori a 0,001 cd/mq (notevolmente inferiori a quelli ottenibili con una luce artificiale notturna e quindi di minore importanza ai fini di applicazioni illuminotecniche).

3 – Efficienza luminosa

L’efficienza luminosa è il rapporto esistente tra il flusso luminoso emesso da una fonte luminosa (Lumen) diviso la potenza elettrica assorbita, espressa in Watt.

immagine21L’efficienza luminosa dichiara quindi il rendimento di una lampada o di un apparecchio illuminante.
Per avere un’idea delle varie efficienze luminose, riporto i valori significativi di alcune classi di lampade:

  • Lampade ad incandescenza è pari a circa 6-18 lm/W
  • Lampade a mercurio Ef = 40 – 60 lm/W
  • Lampade agli alogenuri Ef = 60-100 lm/W
  • Lampade al sodio ad alta pressione Ef = 60 – 150 lm/W
  • Lampade al sodio a bassa pressione Ef = 100 – 190 lm/W

Per la stessa classe di lampada, oltre che dipendere dal tipo di lampada prodotta (normale, super, de luxe), in linea di massima, è minore alle potenze ridotte (50 – 100 W) e maggiore alle potenze maggiori, in genere adoperate nei fari (400 – 3500 W). Per avere il valore preciso bisogna consultare i cataloghi dei costruttori di lampade.
Una efficienza luminosa elevata significa un processo di trasformazione “più pulito” dell’energia elettrica in energia raggiante.

4 – Illuminamento

L’illuminamento esprime la quantità dl luce che arriva su una superficie. Si misura in lux. Un lux corrisponde ad un flusso di un lumen distribuito su una superficie di un metro quadro.

immagine31Se ad esempio, immaginiamo di avere una sorgente con un flusso di 1000 lumen, che si riversa interamente su una superficie di un metro quadro, su quella superficie avremo, in media, un illuminamento di 1000 lux. In base a questa definizione l’illuminamento varia con l’inverso del quadrato della distanza dalla sorgente luminosa.

immagine11Facendo il solito paragone idraulico, l’illuminamento è analogo alla quantità di acqua caduta sull’unità di superficie (misurata come si usa fare per la pioggia che cade sul territorio): è dunque una grandezza relativa perché è rapportata alla superficie.
Esso è una grandezza molto utile a caratterizzare un ambiente: l’illuminamento è la grandezza che esprime quanto agevolmente l’occhio può vedere.
Ad illuminamenti più elevati corrispondono funzioni visive più agevolate. Ad esempio, mentre in un magazzino sono sufficienti poche decine di lux, per eseguire lavori di precisione possono essere necessarie anche alcune migliaia di lux.

Per i calcoli illumiotecnici vengono utilizzate griglie sul piano illuminato che riportano i valori di illuminamento proiettati sul piano stesso.
Tali griglie possono essere poi trasformati in isolinee che si riferiscono ai medesimi valori di illuminamento (curve isolux).

immagineaimmaginebLa variazione della sensazione prodotta sull’occhio da livelli di illuminamento crescenti varia con progressione geometrica: una differenza di illuminamento nettamente percepibile a occhio nudo è quella fra un valore dato e un valore che sia doppio o la metà (es. 5 -> 10 <- 5).

5 – Intensità luminosa

L’intensità luminosa viene definita come il flusso luminoso rapportato all’angolo solido (steradiante) che intercetta la superficie di 1 mq su una sfera di 1 m di raggio.

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immagine4L’intensità luminosa viene misurata in candele (cd) ed è in realtà una grandezza vettoriale, poichè occorre anche indicare una direzione: in illuminotecnica questa viene espressa dall’angolo rispetto alla verticale di una sorgente.
Una candela corrisponde all’intensità luminosa emessa da un corpo nero ad una temperatura di 1766 gradi centigradi (fusione del platino), alla frequenza di 540 x 1012 Hz, in direzione perpendicolare ad un foro di uscita con un’area pari a 1/600 000 metri quadrati sotto la pressione di 101,325 Pascal.
Col solito paragone idraulico, l’intensità può essere paragonata alla pressione di un getto d’acqua in una certa direzione.
L’intensità, dunque, non ci dice solo quanta luce esce da una sorgente, ma soprattutto dove è diretta: per questo motivo l’intensità è una grandezza molto utile per caratterizzare i corpi illuminanti.

Le intensità luminose vengono generalmente prese in esame nel loro insieme, valutando tutti i valori di intensità emessi da un apparecchio o da una sorgente nello spazio, in tutte le direzioni. Se rappresentiamo nello spazio tutti i vettori di intensità uscenti dalla sorgente luminosa e diretti in tutte le direzioni, la superficie di inviluppo di tali vettori definisce un solido che prende il nome di solido fotometrico.
La forma del solido fotometrico fornisce informazioni importanti e immediate sul comportamento fotometrico di un apparecchio di illuminazione, sulla sua eventuale simmetria di emissione, sulle direzioni di emissione prevalenti.
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6 – Luminanza

La luminanza esprime la quantità di luce emessa da una superficie in una certa direzione, in rapporto all’ estensione della superficie stessa. Viene pertando misurata in cd/mq

immagine5Essa pertanto esprime la “densità” con cui un’intensità luminosa viene emessa (di riflesso generalmente) rispetto alla superficie di emissione e l’angolo rispetto all’osservatore (angolo θ).

La luminanza è importante in quanto deve essere sufficiente ed uniforme al fine di riconoscere il percorso, i pedoni ed eventuali ostacoli.
Spesso è necessario valutare le luminanze non tanto in sè, quanto in rapporto alle luminanze degli oggetti vicini o a quella dello sfondo. Uno stesso valore di luminanza può fornire infatti sensazioni molto diverse, in funzione delle condizioni al contorno: infatti l’occhio umano può non avere il tempo di reagire o affaticarsi se i rapporti fra le luminanze degli oggetti compresi nel campo visivo superano certi limiti.
Si pensi ad esempio al caso di un’automobile con gli abbaglianti accesi che ci incroci sulla strada: di giorno percepiamo la luce dei fari senza troppo fastidio, perchè l’occhio è già adattato alla luminanza elevata del cielo; di notte, quando lo sfondo del cielo buio ha una luminanza bassissima, la stessa luce ci procura una pericolosa sensazione di abbagliamento, proprio perchè il rapporto fra la luminanza del faro e quella dello sfondo è assai elevato.

7 – Temperatura di colore

La temperatura di colore, la cui unità di misura è il grado Kelvin (K), ha come riferimento l’emissione del corpo nero o la curva di Plank; ricordiamo che in fisica un corpo nero è un oggetto che assorbe tutta la radiazione elettromagnetica incidente (e quindi non ne riflette) ed il cui spettro dipende unicamente dalla sua temperatura.
Lo spettro luminoso emesso da un corpo nero presenta un picco di emissione determinato, in base alla legge di Wien, esclusivamente dalla sua temperatura.
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Una sorgente reale, pur essendo abbastanza differente da un corpo nero, conserva questa proprietà e quindi in generale ad una temperatura bassa corrisponde ad un colore giallo-arancio, mentre un’alta temperatura corrisponde ad un colore azzurro.

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Nelle normali lampade ad incandescenza la lunghezza d’onda è spostata verso valori maggiori e la luce prodotta presenta una componente gialla. Nelle lampade alogene si riesce ad aumentare la temperatura del filamento ottenendo una luce più bianca.

8 – Resa cromatica

La resa cromatica (Ra) è una valutazione qualitativa sull’aspetto cromatico degli oggetti illuminati e non va confusa con la temperatura di colore: due sorgenti con temperatura di colore identica possono avere un Ra diverso.
L’indice di resa cromatica ci dice in che modo una sorgente è in grado di mantenere inalterato il colore di un oggetto da essa illuminato: esso varia in una scala da 0 a 100, dove 0 rappresenta il minimo e 100 indica il massimo di resa cromatica.
Nella tabella seguente vengono riportati i valori di Temperatura di colore e Resa cromatica che caratterizzano varie lampade:
immagine8Per definire l’indice di resa cromatica si opera in questo modo: data una sorgente che emette luce con una certa temperatura di colore, si va a paragonare la resa di colore di detta sorgente con quella del corpo nero alla stessa temperatura. Poiché il corpo nero è un radiatore a pieno spettro, che irraggia con continuità entro tutto il campo del visibile, è evidente che la resa del colore del corpo nero sarà sempre ottimale e quindi ad viene dato il valore di riferimento 100.
Questa operazione di resa del colore per paragone viene effettuata su otto colori di riferimento, opportunamente distribuiti in tutto lo spettro visibile e precisamente:

  1. Rosso
  2. Giallo
  3. Giallo-verde
  4. Verde
  5. Verde-bluastro
  6. Blu-violaceo
  7. Violetto
  8. Porpora rossastro

Lo scarto di resa cromatica per ciascuno di questi otto standard di riferimento illuminati dal corpo nero e dalla sorgente in prova, viene riportato sotto forma di vettore sul diagramma cromatico “a spaziatura uniforme” (Diagramma u,v – CIE 1960).
L’indice di resa cromatica sarà perciò pari a 100 solo in caso di perfetta concordanza per tutti gli otto colori di riferimento.
Questo significa che per tutte le sorgenti a scarica nel gas, cioè con spettro a bande, l’indice sarà sempre minore di 100.
Tale indice è indubbiamente significativo ma esprime solo un valore “globale” e quindi non è in grado gli dirci nulla di veramente preciso circa la resa di un determinato colore.
Per comprendere quale sarà la resa cromatica di un dato colore occorrerebbe conoscere in dettaglio gli scarti vettoriali degli otto standard (che generalmente non vengono riportati nei cataloghi dei costruttori di lampade).
Sarà pertanto necessario andare a verificare se nel diagramma spettrale della sorgente luminosa considerata compare un’emissione di lunghezza d’onda corrispondente al colore che ci interessa. É infatti ovvio che se una sorgente di luce non emette nel rosso non potrà mai rendere adeguatamente il colore degli oggetti che ci appaiono rossi sotto la luce diurna.
Solitamente per definire l’indice di resa cromatica si adotta una classificazione qualitativa espressa in forma numerica ed in giudizi:

  • 1A (ottimo) se Ra compreso tra 90 e 100;
  • 1B (molto buono) se Ra compreso tra 80 e 89;
  • 2A (buono) se Ra compreso tra 70 e 79;
  • 2B (discreto) se Ra compreso tra 60 e 69;
  • 3 (sufficiente) se Ra compreso tra 40 e 59;
  • scarso se Ra inferiore a 40.

9 – Riflessione, trasmissione, assorbimento

Per definire il comportamento di un flusso luminoso nei confronti dell’ambiente circostante risulta utile definire dei coefficienti che tengono conto dell’interazione fra la luce ed un oggetto da essa colpito.

Per riflessione si intende la capacità di un oggetto o di una superficie di riflettere i raggi luminosi incidenti ed in genere è dovuta ad una riflessione regolare (che ubbidisce alle leggi dell’ottica geometrica) e ad una riflessione diffusa (che “spande” i raggi luminosi incidenti su di un angolo maggiore di quello atteso).
fig4-2Il parametro che definisce la capacità di un oggetto di riflettere un flusso luminoso è chiamato riflettanza ed è il rapporto fra il flusso luminoso riflesso e quello incidente:

immagine13Per trasmissione si intende la capacità di un oggetto o una superficie di “lasciarsi attraversare” da un fascio luminoso. Anche in questo caso la trasmissione può essere diffusa o regolare.
fig4-3Il parametro che definisce la capacità di un oggetto di trasmettere un flusso luminoso è chiamato trasmittanza ed è il rapporto fra il flusso luminoso trasmesso e quello incidente:

immagine22Per assorbimento si intende la capacità di un oggetto o una superficie di assorbire i raggi luminosi incidenti senza trasmetterli o farli passare (in questo caso l’energia portata dai fotoni verrà in genere converita in calore sotto forma di agitazione molecolare: per questo motivi i materiali scuri, con alto coefficiente di assorbimento, si scaldano molto velocemente al sole). Il parametro che definisce la capacità di un oggetto di assorbire un flusso luminoso è chiamato fattore di assorbimento ed è il rapporto fra il flusso luminoso assorbito e quello incidente:

immagine32Dalle definizioni risulta quindi che:

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10 – Coefficiente di manutenzione (o Fattore di manutenzione)

Nel dimensionamento di progetto occorre prendere in considerazione che non tutta la luce emessa da un apparecchio luminoso potrà essere considerata ai fini del calcolo illuminotecnico: l’età della lampada o lo sporco accumulato sull’apparecchio ad esmpio limitano fortmente la capacità illuminante dello stesso.
Per tenere conto di questa limitazione, nei calcoli illuminotecnici viene inserito un fattore che fornisce la percentuale di perdita di flusso luminoso (secondo la norma di riferimento CIE 97 aggiornata al 2005) dopo un certo tempo dall’installazione:

LLF = LLMF x LSF x LMF x RSMF

in cui

LLF (Light Loss Factor) è il coefficiente di manutenzione, che viene espresso in percentuale

LLMF (Lamp Lumen Maintenance Factor) è la riduzione del flusso luminoso della lampada presente nell’apparecchio ed è espressa come rapporto fra la luminosità prodotta dopo un certo periodo e la luminosità inizale della stessa.

LSF (Lamp Survival Factor) è la percentuale che esprime il numero di lampade non bruciate dopo un certo periodo dall’installazione.

LMF (Luminaire Maintenance Factor) è la riduzione del flusso luminoso dell’apparecchio (dovuta soprattutto all’accumularsi dello sporco sulle ottiche) e dipende dal tipo di apparecchio, dalle condizioni atmosferiche e dall’intervallo di manutenzione; viene espressa come rapporto fra la luminosità iniziale dell’apparecchio e la luminosità dello stesso dopo un certo periodo, a certe condizioni ambientali e a determinati intervalli di manutenzione

RSMF (Room Surface Maintenance Factor) è la riduzione del flusso luminoso dovuta allo sporco accumulatosi sulle pareti del locale illuminato. Ovviamente per installazioni in esterno questo fattore non viene preso in considerazione

Matteo Seraceni

Riferimenti:

Associazione Cielobuio
“Manuale di illuminazione”, a cura di P. Palladino, ed. Tecniche Nuove 2005

12 comments

  1. Bravissimo sicuramente, ma uno come me che si avvicina da inesperto come fa a capire tutto questo, dove trovo paragoni alla postata di inesperti.

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    1. Beh…se si vuol fare da soli, occorre armarsi di tanta pazienza e magari studiare su diversi manuali (alcuni già li ho citati, ma rimango dell’opinione che i migliori rimangono quelli anglofoni: sono gli unici che ti insegnano partendo proprio “da zero”).
      In alternativa esistono diversi corsi di illuminotecnica (non c’è bisogno dei vari “master” costosissimi la cui esistenza solleva diverse perplessità) di base organizzati da università o aziende del settore.
      A presto

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    1. Ciao.
      Generalmente lo spettro viene misurato con uno spettrometro, il cui sensore individua solamente una piccola parte dell’angolo solido di emissione di una sorgente.
      Pertanto, anche nel caso in cui lo spettro venga espresso in maniera grafica o tabellare in cui ad ogni lunghezza d’onda viene associato uno specifico flusso, sarebbe possibile unicamente avere un flusso luminoso riferito unicamente all’angolo solido considerato attraverso la formula integrale indicata sopra (vedi flusso luminoso).
      Supponendo che l’emissione spettrale di una sorgente sia identica in tutto lo steriradiante (per una lampada a scarica potrebbe essere una buona approssimazione), dovresti integrare anche lungo l’intero angolo solido di emissione per avere il flusso completo.
      L’altro problema sta nel fatto che solitamente uno spettrometro indica non il flusso, ma una intensità relativa dell’emissione a certe lunghezze d’onda.
      Spero di essere stato abbastanza chiaro.
      Ciao

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  2. bella guida davvero, una domanda sola, se io dovessi progettare una lampada led per la coltivazione indoor avrei delle difficoltà con questo programma?
    Io vorrei usare dei LED della cree o bridgelux e quindi potrei procurarmi i files IES dai produttori e questo è ok…..posso usare la piattaforma dialux per gestire questo progetto? Tenga conto che a me dell’ambiente circostante interessa poco in quanto queste lampade hanno in dotazione delle carrucole che permette di avvicinarsi e allontanarsi a seconda la dimensione della pianta in crescita (si posizionano in cabine con pareti riflettenti al 95%, per esempio 1mtx1mt H2mt).
    io penso sia maggiormente indicato ASAP della BREAULT come programma ma spero di sbagliarmi in quanto DIALUX è gratis

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