Abbiamo ancora bisogno di architetti?

I

l settore dell’edilizia non gode certo di ottima salute.
Lo stesso dicasi dei professionisti di questo settore, che sembrano fare da parafulmine a molti dei problemi italiani: la crisi economica è dovuta alla mancata “liberalizzazione” che non consente a tutti di essere architetti, la pessima qualità delle città è dovuta ai professionisti che non sono abbastanza preparati.

La cartina al tornasole, che evidenzia come “qualcosa non va” è sicuramente data dalla inaugurazione in pompa magna della “commissione piazze” e della “commissione grattacieli” fortissimamente volute da Alemanno: ora non sono solo i giovani architetti a dover lavorare gratis per illudersi di svolgere un lavoro, ma anche le archistar che – in discesa libera di ascolti – cercano disperate scappatoie all’anonimato (non sia mai che un architetto di grido rimanga a corto di riflettori per più di qualche settimana: come può un architetto lavorare nel più completo silenzio, umilmente e senza pubblicità?).

1) A cosa servono gli architetti?

Gli italiani sono forti: basta guardare una partita di calcio per diventare grandi allenatori/preparatori/presidenti, basta leggere i titoli (non gli articoli, troppo difficile) dei quotidiani nazionali per diventare esperti di politica/economia/fisica nucleare e soprattutto basta saper pitturare i muri della propria casa per diventare architetti di chiara fama. E soprattutto: non solo il cinquantenne che per due anni ha fatto il muratore durante i mesi estivi della sua giovinezza si crede Le Corbusier, ma considera tutti gli architetti (o ingegneri o geometri) dei perfetti imbecilli.

Ecco quindi che leggo con piacere sul blog de “Il fatto quotidiano” che Di Frenna (non me ne voglia, ma credo se la sia cercata) consiglia di comprare una casa di legno prefabbricata e allargare il concetto IKEA a tutta l’abitazione: perché limitarsi al mobiletto del bagno quando puoi costruirti una casa intera? Io consiglierei anche di esercitarsi alla composizione con il costruttore virtuale dei SIMS.
Visto che viene citato il testo unico dell’edilizia, vorrei ricordare che una casa prefabbricata può essere costruita senza specifiche indicazioni da parte di tecnici abilitati (in quanto si considera già pre-calcolata), ma rimane comunque un obbligo eseguire i sondaggi necessari prima della costruzione (sondaggi? E’ un quiz?) al fine di valutare la geologia del terreno (ma sì, tanto in Italia non succede mai che il terreno frani…) ma anche una certificazione della corretta esecuzione dell’opera, per non parlare di tutti i documenti necessari per l’agibilità e l’abitabilità, oltre alle conformità dei vari impianti, eccetera eccetera.

Devo ammettere però che Di Frenna non ha tutti i torti: lo sappiamo benissimo che il 90% della professione consiste nel compilare pile interminabili di carta (certificazioni, dichiarazioni, ottemperamenti, ecc.) grazie alla snella e solida burocrazia italiana. Probabilmente hanno ragione nel dire che un geometra basta (a che serve appunto un architetto o un ingegnere): queste carte potrebbero benissime venire compilate da una scimmia ammaestrata. Perché perdere 5 anni di università quando è possibile avere manodopera sottopagata da un qualsiasi zoo cittadino?

2) Ma che bella professione!

Ora mi piacerebbe che cancellaste tutto quello che ho detto fino ad ora. Ricominciamo.

Fareste mai guidare un taxi ad un astronauta? Oppure chiedereste ad un matematico premio nobel di compilare la tabellina del nove?
Per quale motivo dunque vengono formati giovani con cinque anni di università (che, nonostante la Gelmini, continua ad essere fra le prime del mondo) per poi metterli a lavorare per sanare finestre abusive, condonare terrazze o, nel migliore dei casi, litigare con la Sovrintendenza per la posizione di uno split?

Per questo, effettivamente, non servono architetti.
Ma fare architettura non è nemmeno l’autocelebrazione di se stessi che fanno le cosiddette “archistar”. E soprattutto, costruire case prefabbricate o palazzine destinate alla speculazione ediliza non è fare architettura.

Probabilmente le persone non credono negli architetti perché la maggior parte degli architetti non fa quello che gli architetti dovrebbero fare.

S.V.B.E.E.Q.V.

Matteo Seraceni

“Mi raccomando: questa volta cattivi, eh?”

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32 comments

  1. La questione che tu sollevi non riguarda solamente gli architetti: viviamo in un paese dove le conscenze e gli specialismi non servono, sono inutili. I veri saperi utili sono gli avvocati e i commercialisti con conoscenze in cavilli per evadere le tasse e rendere innocenti i colpevoli.

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  2. caro matteo, ti vedo proprio agguerrito…
    ho provato a buttare giù qualche ragionamento ma, dopo aver cancellato un paio di volte quello che avevo scritto, mi è venuto un bel malditesta…
    possiamo riniziare daccapo con una domanda un po’ più semplice?

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  3. In realtà, la mia domanda non voleva essere la semplice domanda “cosa ce ne facciamo di persone che dovrebbero saper progettare degli edifici in maniera adeguata e poi non lo fanno?”
    Piuttosto: “facciamo finta che tutti gli architetti siano impeccabili; in questo caso l’Italia avrebbe veramente bisogno di questi professionisti?”
    Ovviamente la mia risposta è negativa.
    L’Italia non vuole laureati, persone professionali o comunque preparate: il lavoro nell’edilizia sembra fatto apposta per evasori, criminali e furbetti.

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  4. Matteo, in effetti viviamo una fase della nostra professione schizofrenica, convulsa e priva di qualsiasi senso logico e coerenza. Nella pratica diffusa, nella quotidianità della professione il nostro lavoro si riduce ad un rally continuo, in salita, su strade pericolose e tortuose nella speranza di superare gli ostacoli della burocrazia, che non è qualcosa di astratto ma sono gli uffici pubblici che applicano e interpretano leggi assurde.
    Contemporaneamente in ogni architetto c’è una archistar potenziale, un creativo, un artista. Le due cose non stanno insieme, e verrebbe quasi da dire: per fortuna.
    Per fortuna perché se gli architetti fossero liberi di fare ciò che vogliono vedremmo le cose più turpi. Oggi invece vediamo le cose più banali e, purtroppo, viene da dire, meno male.
    L’idea della casa IKEA si presta ad una doppia lettura: da una parte è una sciocchezza perché significa uniformare tutto non tenendo conto delle diverse culture e dall’altra invece potrebbe essere un’idea, se basata su modelli, su tipi, stabiliti in loco, per evitare la dannosa creatività, almeno nel grosso dell’edilizia corrente.
    Ovviamente le casette prefabbricate di legno non sono mai la soluzione, anche se sono sponsorizzate dall’Alto Adige, longa manu della Germania, che ci ha imposto tutte le classi di isolamento possibile immaginabile, perché fortunatamente la nostra gente non è americana e vede nella casa qualcosa di concreto, di “definitivo” e il legno è adatto in montagna ma per il resto ci facciamo le baracche.
    E anche qui c’è un altro atteggiamento schizofrenico: si parla sempre di chilometri zero e poi si propongono le case costruite a Bolzano!!!!!
    Come vedi il chiacchiericcio mediatico-architettonico dilaga, non solo quello da Grande Fratello o da talk-shaw
    Ciao
    Pietro

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    1. “L’idea della casa IKEA si presta ad una doppia lettura: da una parte è una sciocchezza perché significa uniformare tutto non tenendo conto delle diverse culture e dall’altra invece potrebbe essere un’idea, se basata su modelli, su tipi, stabiliti in loco, per evitare la dannosa creatività, almeno nel grosso dell’edilizia corrente”
      …e invece spesso accade il contrario: in quella che possiamo definire “edilizia diffusa” il geometra frustrato da sfogo a tutta la sua creatività, mentre i luoghi nodali della città si affidano a un “ecclettismo moderno medio” (cioè ,vedo spesso l’uso indistinto di vetri e acciaio e ovviamente sono tutti edifici con geometrie irregolari, ma sembrano brutte copie in bianco e nero degli originali).
      Mi piace il fatto che contemporaneamente al mio post su “De Architectura” scrivevi della similitudine fra “mascheraio” e “architetto” (http://www.de-architectura.com/2011/11/il-mascheraio.html) e trovo il paragone azzeccato. Fortuna sua, il mascheraio non deve rispondere di ogni sua creazione a una massa di burocrati che potrebbe sindacare sulla misura eccessiva del naso o il mento troppo appuntito…

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  5. “Probabilmente le persone non credono negli architetti perché la maggior parte degli architetti non fa quello che gli architetti dovrebbero fare.”

    è vero, ma gli architetti per fare quello che vogliono fare hanno bisogno di persone che li fanno lavorare dando loro anche un margine di movimento, è un circolo vizioso quindi, meno si lavora e meno si riesce ad essere creativi, anche l’inventiva si atrofizza a non essere esercitata o poco e male…

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    1. Capisco che ci sia sempre un po’ di sospetto nell’attività degli architetti (o comunque dei professionisti legati alla progettazione), ma la mia affermazione va letta in maniera contraria. Mi spiego meglio: in generale gli architeti non fanno quello che dovrebbero fare non a causa di una preparazione insufficiente o limiti intellettivi propri della specie, ma a causa di condizioni al contorno che impediscono a queste persone di esercitare la propria professione in maniera aperta ed autonoma.
      Se fare l’architetto significa compilare una quantità immensa di fogli inutili e destinati a dubbie attività burocratiche (perchè per installare un velux dovrei presentare una conformità urbanistica ad esempio?) e relegare l’attività progettuale a qualche riga rossa su una parcella catastale, allora credo proprio che l’ “architetto” non abbia senso di esistere in italia.
      E metto “architetto” fra virgolette perché vorrei evidenziare come solo nel nostro paese esista una confusione di ruoli ed aspettative così esasperata: in tutti gli altri paesi civilizzati l’architetto è un “responsabile del progetto” in toto, presiede alla progettazione e alla sucessiva realizzazione. Se la progettazione non è un fatto autonomo, ma è legato – oltre ai vincoli economici/spaziali/culturali – ai dictat di organi variegati e indipendenti fra loro (come Comuni, Sovrintendenza, ARPA, Regione, ecc.) mi chiedo come qualcuno riesca ancora a svolgere a dovere il proprio lavoro…

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      1. Sono in parte d’accordo ed in parte no 🙂

        Cioè, d’accordissimo sull’eccessiva burocratizzazione ( a me un Comune ha chiesto le copie a colori del Prg, mentre io le avevo riportate a B&N sulle tavole…. ora mi chiedo che senso ha una cosa del genere quando hai verificato che la particella catastale rientra in quella destinazione urbanistica, a che ti serve la fotocopia a colori del Prg??) e potrei fare altri 100 esempi.

        però allo stesso tempo, per me riuscire a fare un bel progetto dopo aver superato tutti gli ostacoli messi in mezzo di proposito dai vari Enti è comunque gratificante e forse senza quelli stimoli magari il progetto sarebbe uscito molto più banale….

        qui però si apre un altro discorso: la committenza in termini economici mica apprezza tutto questo tempo dedicato a risolvere rogne, il che si risolve in pratica a lavorare molto sottocosto e a volte praticamente aggratis!

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            1. 🙂
              Da un giorno all’altro mi aspetto che in Comune facciano una cosa tipo “consumazione obbligatoria”: vuoi presentare un progetto? Compra il block-notes del tuo Comune per la modica cifra di 8 euro!

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  6. Il problema dell’inutilità, ameno qui in Italia, delle conoscenze specialistiche di alto livello, ma più in generale della cultura, è riscontrabile in tutti i campi, non solo in architettura. Ma qui è forse più garve perchè la nostra società, facendo volontariamente a meno della cultura architettonica, e, quindi, degli architetti “veri”, ha abdicato alla possibilità di averecittà con periferie vivibili ( ma tanto che gliene importa agli amministratori di Aldo Rossi (chi di loro ha mai letto L’architettura della cità?).;; ad un tessuto urbano di qualità, a piazze che dovrebbere essere “luoghi”, a case pensate e studiate e sofferte prima ancora di prendere la matita in mano. La matita? Chi ne possiede più una? Comutere e programmi e 3D. E così siamo arrivati alle casette di legno, prodotte in serie, made in Bolzano o Trewnto, manca il latte appena punto ed il panorama dei pascoli d’altura!!!

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  7. Ricordatevi che l’architetto ha sempre un committente!!! Pone soluzioni alle esigenze e i bisogni dei cittadini, se ciò non accade, non è colpa dell’architetto ma di chi caccia li sordiii!!!!
    I mobili Ikea durano quanto un istallazione al massimo, l’architettura è un’altra cosa!!

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        1. Di certo no, ma non capisco l’attinenza al tema…se il lavro non ce l’hai, te lo trovi..se lavoro non ce n’è, te lo inventi…se non hai fantasia o non c’è spazio, almeno prima di passare agli omicidi esistono vie piu’ pacifiche..

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          1. Era solo una domanda per saggiare il livello morale.
            Il ruolo dell’architetto (o dell’ingegnere o di qualsiasi altro “tecnico”) dovrebbe essere quello di “guidare” il committente verso la scelta migliore, grazie alla sua preparazione e alla sua professionalità.
            Ma proprio perché ormai gli architetti sono più dei lacché o dei passacarte agli ordini di chi “caccia i soldi” è nato questo post: abbiamo ancora biosgno di architetti? Per presentare una pratica e falsificare qualche numero per sanare l’ennesimo abuso non c’è certo bisogno di un corso universitario.
            E soprattutto, se il lavoro deve essere appunto “trovato” perché, di contro, nemmeno i committenti sembrano smaniare per servirsi di un architetto, allora qualcosa non va.
            E i soldi sono appunto il paravento dietro cui nascondersi: perché questa è una scusa vecchia come il mondo e che, secondo il livello morale, giustifica chi fa male il proprio lavoro, chi ruba, chi evade le tasse, chi prende mazzette, chi si prostituisce, chi delinque e pure chi uccide.
            Eccoci arrivati al punto.

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            1. Condivido pienamente!! Ma cosa fare per emergere con dignità o semplicemente riuscire a fare il proprio “piccolo” ma bene, laddove tutto è marcio?

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  8. Questa è LA domanda vera!
    Purtroppo sono solo un uomo e credo che la risposta sia al di là delle mie facoltà (o comunque, non esiste una risposta semplice a questo quesito).
    Consideriamo poi che l’architettura è solo una piccola parte del problema: in 50 anni abbiamo vissuto gli anni di piombo, tangentopoli e mani pulite, la seconda repubblica con governi di subumani e puttanieri … questo di certo non ha giovato.
    Mi piacerebbe dire che se ognuno fa il suo dovere nel suo piccolo allora, forse, tante persone che fanno “bene” le cose possono cambiare il mondo. Ma non sono convinto nemmeno di questo.
    Allora parlo delle agenzie di viaggi.
    Ormai tutti riescono a prenotare alberghi, voli e quantaltro via internet. Come può sopravvivere un’agenzia di viaggi oggi? Probabilmente offrendo un servizio che internet non da, come ad esempio informazioni accurate sui voli e esperienze personali di hotel, consigli per il viaggio o per i ristoranti, supporto in caso di necessità e via dicendo: in definitiva fornire la propria esperienza e professionalità al servizio del cliente.
    Se un’agenzia di viaggi oggi pensa di sopravvivere solamente facendo un servizio di vendita biglietti o prenotazione hotel, è destinata a chiudere in breve tempo.
    Lo stesso discorso vale per i prezzi: un’agenzia di viaggi non potrà mai concorrere con servizi via web che non pagano personale e possono permettersi l’acquisto di pacchetti in quantità elevate.
    La stessa cosa vale per gli architetti.

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  9. credo semplicemente che le università e i futuri professionisti debbano seguire la “domanda” e non creare “offerta” inutle. se non c’è bisogno di nuovi progettisti i ragazzi si dovranno iscrivere ad una facoltà diversa, se non c’è bisogno di laureati allora basterà il diploma.
    Sicuramente abbiamo più laureati di quelli necessari (necessari all’Italia NON rispetto all’Europa!!) e se le università fanno di tutto per attirare- giustamente- nuove matricole allora NOI li informeremo bene sulla reale situazione evitandogli delusioni.
    Aggiungo che a tutto questo (domanda e offerta futura sul mercato del lavoro) dovrebbero pensare i ministeri ma è evidente che le logiche sono altre e quindi…

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    1. Io avuto la “fastidiosa” impressione che la trovata dei “tre anni” e il moltiplicarsi delle offerte e delle figure sia stato semplicemente un espediente per aumentare gli introiti di scuole e atenei grazie alle tasse di iscrizione.
      Se all’aumento di iscritti e paganti sommiamo il fatto che docenti e dottorandi (per la maggior parte) hanno stipendi ridicoli, eccoci al risvolto economico più importante che ha travolto il sistema scolastico negli ultimi anni.
      A Bologna la “lotta per la scuola pubblica” è passata come gesto isolato di qualche genitore infuriato: io credo invece che sia semplicemente l’espressione della frustrazione nei confronti di un sistema scolastico che potrebbe funzionare bene (anzi, molto bene, visto che i nostri laureati all’estero sono molto apprezzati) ma che viene costantemente travolto e umiliato dalla classe politica.

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