Kawashima Shigeo e lo stadio olimpico di Pechino

Lo stadio olimpico di Pechino, noto anche come “The Bird’s Nest” è stato inaugurato il 18 aprile 2008 ed è un progetto degli architetti svizzeri Herzog & de Meuron (approdati al successo soprattutto grazie alla famosa conversione della stazione elettrica di Bankside a Londra nella Tate Modern, ed alla realizzazione della Allianz Arena di Monaco di Baviera).

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L’edificio ha come caratteristica peculiare la copertura, indipendente dalla struttura interna, che rende lo stadio paragonabile, appunto, ad un nido d’uccello: si presenta come una mastodontica griglia di elementi d’acciaio chiusa da uno strato di materiale semi-trasparente, l’EFTE (lo stesso materiale utilizzato per il Water Cube di Pechino). Questo materiale, dalle prestazioni sorprendenti (una delle tante è che quando brucia non emette nè fuoco nè fumo), è utilizzato sia come membrana protettiva resistente agli agenti atmosferici, sia come isolante acustico.
Anche all’interno il “Nido” si presenta in maniera particolare: i 91.000 posti a sedere di color terracotta fanno pensare all’interno di un vascello, e la sua copertura, costituita da una struttura mobile, è priva di pilastri di sostegno che intralcino la vista favorendo un’ottima visuale da ogni postazione. I percorsi interni sono “segnati” da elementi in ardesia, intervallati da boschetti di bamboo, blocchi in pietra e piccoli giardini coperti. In questa architettura, in cui facciata e struttura coincidono, l’effetto visivo è sorprendente, nonostante la semplicità e l’essenzialità dell’idea.
Questo stadio ha già suscitato notevole interesse ed è ormai famoso in tutto il mondo per l’innovativo design.

Ora però voglio farvi vedere l’opera di un grande artista giapponese del bambù: Kawashima Shigeo.

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E’ un modello del 1999 per la Funabashi Shore Park Exhibition. Vi ricorda qualcosa?
La tecnica dell’intreccio del bambù è una tecnica molto antica, praticata fin dall’antichità in Giappone; questa antica tecnica è stata ripresa da diversi artisti contemporanei per creare opere uniche e preziose, esposte ad esempio nella mostra “Masters of Bamboo: Japanese Baskets and Sculpture in the Cotsen Collection”, presso l’Asian Art Museum di San Francisco.
Parlare di ceste di bambù non rende adeguatamente l’idea della raffinata tecnica e del complesso lavorio che si consuma dietro queste opere, con risultati sorprendenti. Il bambù intagliato, intrecciato, lavorato, può assomigliare a legno antico o a cuoio brunito. Il rattan, la canapa, la pietra, l’oro, si mescolano ad altre materie con effetti decorativi inaspettati.
Ma il bambù è un mezzo che richiede precisione e tempo. Occorrono almeno dieci anni per acquistare padronanza delle basi necessarie per la fabbricazione di un cesto, dopo una fase iniziale in cui si può solo osservare il maestro al lavoro e attender alla pulizia, raschiatura e preparazione del bambù, per conoscere e saper scegliere il materiale tra le 600 varietà differenti di bambù che crescono in Giappone: la bellezza naturale delle canne, infatti, ha un peso notevole nella riuscita dell’opera e, dunque, spessore, forma, età, densità della fibra, flessibilità, devono essere selezionati con cura.

Peccato che nessuno fino ad ora si fosse mai accorto di questa consonanza di intenti: è sorprendente la vicinanza di queste due opere, realizzata da artisti così diversi fra loro.
Le opere dei due architetti svizzeri Herzog e de Meuron, sembrano essere orientate al sovvertimento dei principi del concetto di “involucro” in architettura: i loro rivestimenti sono schermi diafani che lasciano trasparire l’interno della struttura e ne rivelano l’essenza.
Le opere di Shigeo riflettono la stessa complessità strutturale presente nello stadio di Pechino, intesa come intreccio continuo di esili fibre di bambù; la texture della superficie è formata dalla struttura stessa.

A mio parere entrambe le realizzazioni riflettono l’intensa speculazione odierna sullo sviluppo di superfici complesse; questa tendenza non è poi così nuova, basta guardare ad esempio agli studi di Gaudì sulle possibilità geometriche degli elementi superficiali e strutturali.

Matteo Seraceni

5 comments

  1. Non conoscevo il tuo blog, anche perché vedo che è molto nuovo.
    L’accostamento tra lo stadio e l’opera dell’artista giapponese che mostri credo sia assolutamente pertinente.
    Tra le archistar, che non amo, ammetto che la coppia Herzog e de Meuron mi sembrano i più seri e i loro lavori di rado sono solo dimostrazione di originalità fine a sè stessa.
    Per ora ho letto questo ma nei prossimi giorni mi faccio un giro, visto che di lavoro ne hai prodotto.
    In bocca al lupo.
    Ciao
    Pietro

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  2. Spero che anche il resto del sito sia all’altezza.
    Anch’io ho apprezzato diversi lavori di Herzog e de Meuron, ma penso che, ad ora, questo risulti il più significativo.
    Inoltre credo che ci sia un filo conduttore ancora più profondo che lega la “riscoperta” contemporanea di tematiche “naturalistiche” più o meno di maniera come in questo caso.
    Ciao
    Matteo

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