Illuminazione pubblica a LED – intermezzo

Purtroppo sono una persona che quando legge un giornale non prende la cosa alla leggera e pretende che gli articoli, soprattutto quelli tecnici, siano in qualche modo sorretti da precisi riferimenti bibliografici (potete quindi immaginare, visto lo stato della stampa italiana, il sentimento con cui ogni giorno mi accingo a leggere un giornale).  Per questo motivo la lettura dell’articolo dell’ing. Paolo Soardo uscito sul numero dell’ 11-15 giugno 2009 del “Giornale dell’Ingegnere” ha suscitato in me un senso di profonda inquietudine e stupore.

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In prima pagina infatti si legge che, secondo l’ing. Soardo, le “leggi regionali degli ultimi anni […] con prescrizioni dettagliate […] di fatto bloccano l’innovazione ed aumentano i consumi energetici.[1]
Ora, siamo sicuri che l’ UNI sia un organo di tutto rispetto, ma mi pare che liquidare in questa maniera leggi approvate da organi altrettanto degni di rispetto sia perlomeno ingiusto; inoltre sminuire in questo modo le leggi regionali rischia di travisare il carattere di fondo con cui sono state costituite, che è quello della limitazione delle dispersioni della luce verso l’alto ed una maggiore attenzione ai consumi energetici degli impianti. Perché se da un lato è vero che il cosiddetto “inquinamento luminoso” solo in minima parte è provocato dal flusso diretto delle sorgenti luminose verso la sfera celeste, appare altrettanto ovvio che limitare queste dispersioni non può che giovare all’economia di un impianto di illuminazione. Inoltre l’adozione da parte di alcun leggi regionali di un rapporto minimo di interdistanza/altezza (affiancato ovviamente all’indicazione di garantire le cd/mq richieste dalle categorie illuminotecniche, senza eccedere nei risultati) limita notevolmente i consumi possibili nelle installazioni stradali.
Negare queste istanze significa voler ancora una volta rimanere impassibili di fronte alle richieste di molti cittadini (non solo associazioni di astrofili) che ritengono loro diritto poter osservare il cielo stellato sopra le loro teste, limitando i consumi (anziché aumentandoli come afferma l’ing. Soardo) ed ottimizzando i sistemi di illuminazione; non esistono solo gli utenti delle strade o i produttori di corpi illuminanti, esistono anche le persone e animali e piante che devono convivere con questi sistemi.
Da che mondo è mondo poi non sono mai state le leggi a bloccare l’innovazione (tanto più leggi regionali se mi è permesso), semmai i conflitti fra poteri contrastanti o le leggi di mercato.

Passando quindi al resto dell’articolo, a pagina 4 dello stesso numero l’ing. Soardo giustamente cita la norma di riferimento per gli impianti di illuminazione stradale, la UNI 11248, e riconosce che la “norma prescrive solo categorie illuminotecniche di riferimento peri vari tipi di strada, che il progettista può modificare in base ad un analisi dei rischi, valutando una serie di parametri di influenza di cui la norma riporta qualche esempio, per indirizzare, ma non imporre, le scelte progettuali[1] [Ndr: il grassetto è mio].

prospetto
Fino a qui tutto bene. Poi, così, di punto in bianco, Soardo lancia la sua “boutade”, dicendo che “con la luce bianca si risparmia il 50% di energia rispetto agli impianti attuali dotati di lampade al sodio alta pressione”. Questo dato, a dir poco fantasmagorico, viene giustificato in base al fatto che “da tempo è noto che l’impiego di luce bianca con indice di resa dei colori superiore a 60 agevola la percezione degli ostacoli in visione periferica ed i condizioni mesopiche”.
A parte la totale assenza dei riferimenti bibliografici da cui queste informazioni sono state prese (tanto più in virtù del fatto che l’affermazione sul risparmio è molto pesante), mi sembra molto poco pofessionale presentare questi dati senza nemmeno un esempio pratico di come questo risparmio potrebbe venire conseguito.

1) Un primo paragone

Bene, a questo sopperisco io: prendiamo come esempio una “classica” strada italiana, con carreggiata di 6m, installazione unifilare a 7m e categoria di riferimento ME4b. Per rendere le cose più interessanti consideriamo un apparecchio che monta la lampada al sodio meno performante, quella da 70W e lo confrontiamo con uno dei migliori apparecchi a LED in circolazione, con la stessa tipologia di installazione.

L’apparecchio a LED è un apparecchio fra i più performanti in circolazione, monta 60 LED alimentati a 350 mA ed ha un consumo complessivo di circa 75 W. I calcoli illuminotecnici non sono miei, ma mi sono stati forniti dalla stessa ditta (così non si può dire che baro 🙂 ):

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RUUD1bVorrei far notare come il coefficiente di manutenzione sia 0,90 e, seppur non lo condivido, ho voluto lasciare apposta i calcoli così come sono.

L’apparecchio a sodio alta pressione invece monta un alimentatore elettronico ed assorbe 75 W (quindi la medesima potenza) ed è montato alla stessa interdistanza:

Philips1Philips2

Come si può vedere, l’apparecchio a LED non consuma di meno; inoltre l’apparecchio a SAP ha le stesse prestazioni con un coefficiente di manutenzione più basso: per entrambi i casi si può stimare un consumo di circa 2,68 W/m.

A questo punto sento già l’obiezione: ma lo sconto di categoria? Facciamo pure i calcoli con lo sconto di categoria, supponendo che non esistano  lampade SAP con indice di resa cromatica maggiore di 60 (cosa che al contrario è vera e quindi qualsiasi beneficio usufruito dai LED può benissimo essere esteso ai SAP con indice di resa cromatica più elevato). Grazie a questo sconto, possiamo utilizzare un apparecchio a 40 LED ora.
Ma se facciamo i pignoli, bisognerebbe pure ritoccare il coefficiente di manutenzione che, come già ho spiegato, per un LED dovrebbe essere almeno di 0,73.

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In questo caso abbiamo un interdistanza di 26m, per un  consumo di circa 1,92 W/m, pari al 28% in meno della sorgente a sodio alta pressione. Insomma: rispetto alla peggiore lampada al sodio in circolazione il migliore degli apparecchi LED, usufruendo anche dello sconto di categoria  riesce a risparmiare solo il 28% (in fondo c’era da aspettarselo, visto che passare da 0,75 cd/mq a 0,50 cd/mq c’è un salto di circa il 33%)! Dove è finito il millantato 50% ?!?
Inoltre va notato che l’indice di abbagliamento risulta proprio al limite massimo superiore (cosa che, sommata alla luce bianca, potrebbe provocare effetti fastidiosi).

Ma parliamo di soldi

Voglio essere buono. Ammettiamo pure che coi LED si risparmi il 50%, come dice l’ing. Soardo, e quindi, a titolo esemplificativo, consideriamo 1 km di linea come vista sopra: per un interasse di 28 m avremo circa 35 apparecchi di illuminazione.
Considerando 2,68 W/m e 4000h di funzionamento, avremo un consumo di 10720 kWh-anno a chilometro; un risparmio del 50% comporta quindi un risparmio di 5360 kWh-anno a chilometro.
Il costo dell’energia oggi si aggira attorno a 0,12 euro/kWh e quindi abbiamo un risparmio annuo per chilometro di installazione di circa 643 euro.
Bene. Ora calcoliamo quanto costano gli apparecchi: un apparecchio SAP costa mediamente 250 euro (compresa installazione), mentre un apparecchio LED si aggira sugli 800 (compresa installazione). Per 35 punti luce pagheremo 8.750 euro per i SAP e 28.000 euro per i LED, con una maggiorazione di costo di 19.250 euro quindi se volessimo comprare i LED (per risparmiare questo famigerato 50%) a chilometro pagheremo in più 19.250 euro.
Ora è facile calcolare l’ammortamento di questo investimento: 19.250 euro / 643 euro che fa circa 30 anni!

In realtà questi soldi non si ammortizzeranno mai, perchè dopo 15 anni (le famigerate 60000h) i LED saranno da sostituire, con ulteriori costi che si sommeranno agli investimenti iniziali, senza possibilità di ammortamento.

Per ulteriori confronti fra sorgenti tradizionali e sorgenti a LED vi lascio alla terza parte degli articoli dedicati. Per ora questa breve dimostrazione era incentrata a dimostrare che parlare è facile, ma dimostrare le cose risulta molto arduo.
Inoltre nessun calcolo illuminotecnico può sostituire la valutazione sul campo: consiglio a tutti quelli che affermano ancora che il solo fatto di installare sorgenti a LED possa apportare a risparmi immediati di visitarsi Torraca, oppure di comprarsi un LED e fare i confronti dal vero di illuminazione e consumi.

2) Una doverosa precisazione

Dopo aver letto le affermazioni dell’ing. Soardo mi sono quindi sentito in dover di rispondere, per fare finalmente chiarezza.

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Di seguito pertanto vi ripropongo la mia lettera pubblicata a pag.11 del numero del 15 settembre 2009 del “Giornale dell’Ingegnere” [Ndr. il testo non è in corsivo pur essendo una citazione, in quanto è comunque espressione del mio pensiero]:

UNI 11248 e tabella 2

In base alla nuova normativa il progettista illuminotecnico assume un’importanza fondamentale nella corretta valutazione ed individuazione delle soluzioni più opportune per ogni ambito progettuale.
La norma UNI 11248 individua le prestazioni illuminotecniche degli impianti di illuminazione e, per far questo, delinea una categoria illuminotecnica di riferimento per ogni tipologia di strade.
In base all’analisi dei rischi ed ai parametri di influenza considerati dal progettista illuminotecnico, viene quindi definita una categoria illuminotecnica di progetto, in base alla quale verrà effettuato il progetto di massima per ogni zona di studio presa in considerazione e considerando un flusso di traffico pari al 100% di quello associato al tipo di strada.
Infine, in base al flusso di traffico effettivo presente nelle varie ore della giornata, è possibile definire più categorie illuminotecniche di esercizio (come illustrato nella figura A.1 presente nella norma stessa) su cui effettuare eventuali sconti di categoria.
Se è vero che un ingegnere accorto e competente può sopperire a questo compito in maniera adeguata è altrettanto palese che la maggioranza dei professionisti del settore risulta essere spaesata e confusa. Valga per tutti il prospetto 3 della norma UNI 11248 riportata nell’articolo dell’ing. Soardo: tale schema rappresenta un esempio della possibile variazione di categoria illuminotecnica in relazione ai parametri di influenza emersi dall’analisi dei rischi. Questi valori, come cita la norma “sono forniti a titolo informativo”, cioè non hanno valore normativo e possono pertanto essere modificati o ampliati in base alle necessità riscontrate dal progettista illuminotecnico. Ad esempio qualora un progettista, affrontando il progetto di illuminazione di una strada in montagna, ritenesse l’attraversamento di animali durante le ore notturne fonte di pericolo, potrebbe avere tutte le ragioni ad aumentare la classe di riferimento. Allo stesso modo un progettista che ritenesse l’indice di resa colori un parametro non significativo potrebbe tranquillamente ignorare le prescrizioni relative allo sconto dato da un’elevata resa cromatica (tanto che in calce alla tabella dovrebbe apparire l’avvertenza che lo sconto dovuto alla resa cromatica è legittimo solo se “in relazione a esigenze di visione periferica verificata nell’analisi dei rischi”).
A questo punto però è opportuna una precisazione dei termini utilizzati ed una spiegazione che motivi l’avvertenza in calce.
L’occhio umano funziona pressoché come una macchina fotografica, in cui la pellicola è sostituita dalla retina. Questa è formata da due diverse tipologie di cellule sensibili alla luce: i coni ed i bastoncelli. A grandi linee, i coni permettono la visione del colore, riescono a definire i particolari della scena osservata e sono concentrati nella parte centrale della retina, chiamata fovea; i bastoncelli forniscono una visione monocromatica, hanno una definizione dei particolari molto bassa, ma in compenso sono molto sensibili alla luce e sono disposti in grande quantità lungo tutta la retina.
Per questi motivi l’acuità visiva (capacità di distinguere i particolari di una scena osservata) risulta massima in corrispondenza della zona foveale (per un angolo visivo inferiore ai 5°) e decresce rapidamente: l’aumento di densità dei bastoncelli verso le zone periferiche non riesce a sopperire alla diminuzione dei coni in termini di acuità visiva; in fondo sappiamo tutti che tentare di leggere con la periferia della retina o in condizioni di luce scarsa, ovvero usando il sistema dei bastoncelli, non dà buoni risultati.
Risulta inoltre chiaro perchè la visione diurna (chiamata fotopica), mediata soprattutto dai coni, sia caratterizzata dalla visione a colori, mentre quella notturna (chiamata scotopica), mediata soprattutto dai bastoncelli, sia caratterizzata da una visione monocromatica.
In base a queste osservazioni il CIE ha definito due curve di ponderazione (con un valore di picco pari a 1), riportate nel disegno sottostante, che misurano l’efficienza visuale a varie lunghezze d’onda nel caso di luminosità diurna (curva bianca – visione fotopica) e notturna (curva nera – visione scotopica).

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Dal grafico si può notare come la visione fotopica abbia un picco corrispondente alle lunghezze d’onda di una luce giallo-verde, mentre quella scotopica di una luce azzurra: lo spostamento del massimo di sensibilità, dovuto all’utilizzo prima di coni e poi di bastoncelli è denominato effetto Purkinije. I bastoncelli, che funzionano in condizioni di bassa visibilità, vedono meglio il blu di quello che fanno i coni, i quali possono vedere luce profondamente rossa, luce che per i bastoncelli appare nera. Lo possiamo sperimentare di persona prendendo due pezzi di carta colorata rossa e blu: in condizioni di buona luminosità, risulta più luminoso il pezzo rosso, passando all’oscurità l’effetto si inverte.
A livello internazionale, è stata scelta la curva fotopica per “mediare” i valori del flusso luminoso uscente dalle singole sorgenti. La potenza espressa dal flusso luminoso viene “pesata” in base alla sensibilità dell’occhio umano alla luce diurna secondo la seguente formula:

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in cui il primo termine esprime il flusso vero e proprio definito come energia luminosa emessa da una sorgente per unità di tempo ed il secondo è la curva fotopica V(λ) espressa sopra.
Questo però porta a due problemi: il primo è dovuto al fatto che l’illuminazione stradale si colloca in un ambito che non è né fotopico né scotopico e che viene appunto chiamato mesopico (definito generalmente dall’intervallo di luminanza compreso fra 0,001 e 3 cd/mq); il secondo, strettamente legato al primo, è quello che in tale ambito la valenza della curva di ponderazione fotopica non è del tutto esatta.
Negli ultimi anni sono stati condotti diversi studi sull’illuminazione mesopica, fra cui vorrei citare “Mesopic lightning conditions and pedestrian visibility”, in INGINERIA ILUMINATULUI, 11-2003, “Mesopic visual efficiency IV: a model with relevance to nighttime driving and other applications”, in LIGHTNING RESOURCE TECNOLOGY, 03-2007 ed il lavoro svolto dal CIE nel documento denominato CIE TC1-58.
Grazie a questi studi è emerso che in ambito mesopico sia i coni che i bastoncelli concorrono alla definizione del compito visivo. In particolare la sensibilità spettrale dell’occhio non cambia quando i livelli di illuminazione raggiungono l’area mesoscopica per angoli visuali ristretti e quindi la curva fotopica V(λ) rimane una misura valida per la visione foveale a basse luminanze (almeno fino a livelli di 0,01 cd/mq, altamente al di sotto della più bassa luminanza prevista dalle norme per l’illuminazione stradale). Invece, in situazioni in cui le informazioni vengono catturate anche da una visione periferica (angolo visivo di 15°-20°), i bastoncelli assumono un ruolo dominante: in questi casi una lampada con forte componente blu dello spettro luminoso apporterebbe miglioramenti alla visione periferica e quindi all’identificazione di oggetti fuori dal campo foveale, soprattutto col diminuire della luminosità.
I modelli di curve mesopiche proposti da questi studi indicano un aumento relativo della luminosità percepita (fino al 30% in più) con sorgenti a forte componente blu dello spettro luminoso nei casi sopra riportati.
Fatta questa (lunga) premessa, si può dunque comprendere perché la tabella richiama al fatto che la riduzione di classe deve essere motivata con esigenze di visione periferica.
Quello che però rimane oscuro è il ricorso all’indice di resa cromatica: il miglioramento delle prestazioni visive in ambito mesopico ed esigenze di visione periferica si ottiene unicamente per quelle lampade che hanno un elevato rapporto “capacità scotopica”/”capacità fotopica” e quindi per spettri che concentrano i loro valori sul picco della curva scotopica.
Come ben sa chi si occupa di progettazione illuminotecnica, l’indice di resa cromatica è fra gli indici meno significativi di una sorgente luminosa, in quanto basato sulla restituzione fedele di pochi colori su tutta la gamma dello spettro visibile. Per assurdo una sorgente luminosa potrebbe avere un indice di resa cromatica superiore a 60 senza aver emissioni rilevanti sulla fascia blu dello spettro luminoso e quindi non apportare alcun miglioramento alla visione mesopica.
Allo stesso modo desta molte perplessità il fatto che un indice di resa cromatica inferiore a 30 comporterebbe un aumento della classe: non vi sono “indici al ribasso” nelle pubblicazioni sopra citate e per la sicurezza stradale mi pare più importante vedere un ostacolo e vederlo bene, non riuscire a distinguerne il colore; non contiamo poi il fatto che tutte le sorgenti “tradizionali” al sodio verrebbero per questo penalizzate e quindi la norma sovvertirebbe completamente ciò che è stato finora il normale calcolo illuminotecnico.
Inoltre, come indica la stessa tabella, qualora si presentassero ostacoli al di fuori dell’area stradale (tali da giustificare la necessità di una visione periferica), occorrerebbe aumentare la categoria illuminotecnica (arrivando comunque a un pareggio allora) visto che molto probabilmente si tratterebbe di “intersezioni e/o svincoli a raso” oppure “passaggi pedonali”.
Per contro, la maggioranza delle strade italiane consta di strade locali con carreggiata di circa 6m e, a volte, marciapiedi a lato; in questi casi la visione foveale o parafoveale (mediata quindi dai coni e pertanto legata a una ponderazione fotopica che, sempre secondo gli studi condotti sopra, non viene “migliorata” da sorgenti a luce bianca) copre in maniera adeguata il campo visivo stradale.
Mi sono sentito in dovere di fare queste precisazioni poiché molto spesso la tabella incriminata viene riportata tale e quale da numerosi professionisti, indipendentemente dalle condizioni al contorno. Lo stesso dicasi per molti produttori, che motivano il risparmio energetico dei propri apparecchi citando lo sconto apportato da tale tabella, senza considerare gli specifici ambiti di applicazione. Questa tabella, nata giustamente come esempio di applicazione dei parametri di influenza, sta diventando la croce e delizia di chi cerca di speculare sulle prestazioni dei proprio prodotti.
Invito pertanto chiunque a prestare attenzione a tale genere di proclami, ricordando che i progetti illuminotecnici possono essere firmati solo da professionisti abilitati e non da produttori e certificatori.

Fonti luminose con spettro prevalentemente blu

L’utilizzo di fonti luminose con spettro tendente al blu (come i LED o gli ioduri metallici indicati nell’articolo) secondo diversi studi (fra cui “Action spectrum for melatonin regulation in humans: evidence for a novel circadian photoreceptor” in J. Neurosci 21(16) del 2001e “An action spectrum for melatonin suppression: evidence for a novel non-rod, non-cone photoreceptor system in humans” in J.Physiol, 535 del 2001) potrebbe provocare alterazioni nella produzione di melatonina (con conseguente alterazione del ritmo circadiano) non solo nell’uomo, ma nell’intera fauna sottoposta a questa illuminazione.
Senza creare facili allarmismi, non sarebbe più saggio valutare con cautela l’applicazione estensiva di queste sorgenti luminose, anziché pentirci quando sarà troppo tardi?
Non solo: con l’invecchiare dell’occhio, si ha un progressivo ingiallimento del cristallino e della cornea ed un intorpidirsi dell’umor vitreo e per questi motivi la luce che maggiormente viene diffusa all’interno dell’occhio è quella di lunghezza d’onda minore (blu). Perciò, per la popolazione anziana, la luce più efficace per produrre abbagliamento è proprio quella con una forte componente blu, che andrebbe quindi evitata nelle installazioni stradali.
Volevo inoltre far notare che esistono ad esempio sorgenti LED a “luce calda” che potrebbero evitare questi effetti collaterali (impiegando temperature di colori di circa 3500 °K) e migliorare la qualità della luce urbana: non credo che illuminare le città con luci da “vetrina da negozio” o peggio da “banco frigo” possa migliorare la condizione odierna.
E’ vero che l’uomo ha vissuto da sempre sotto la luce del sole, ma è altrettanto vero che si suppone che durante la notte stia al buio (o alla penombra almeno) e dorma: non credo che nessuno di noi voglia vivere 24 ore su 24 sotto la luce solare. L’illuminazione notturna deve essere un “aiuto discreto” alla qualità e sicurezza urbana e non deve incidere pesantemente sull’ambiente circostante: per questo motivo le leggi regionali contro l’inquinamento non saranno certo perfette, ma almeno cercano di contrastare gli effetti indesiderati dell’illuminazione notturna.
Auspicherei pertanto che le linee guida di prossima pubblicazione possano fornire indicazioni precise a riguardo e non fossero uno “sconto tecnico” per i produttori di apparecchi di illuminazione.

Risparmio energetico

La questione del risparmio energetico appare di estrema urgenza, ma questo non significa dover forzare a tutti i costi la normativa.
L’illuminazione è una materia complessa, che necessita non solo di una buona tecnica ma anche di competenza sul campo: diminuire di una categoria può significare poco o nulla sulla carta, ma nella realtà si traduce in una percezione ben diversa della luce.
Anziché quindi applicare sconti di categoria basandosi su glosse non del tutto chiare, vorrei ricordare, a titolo informativo, che ad oggi è possibile ottimizzare un impianto di illuminazione pubblica, al fine di favorire il risparmio energetico attraverso:
a) riduzione del flusso luminoso attuata in cabina o punto-punto in relazione alle diverse categorie illuminotecniche di esercizio: in questo modo si può ottenere fino al 40% di risparmio energetico
b) sostituzione dei vecchi apparecchi illuminanti con nuovi che permettano di mantenere lo stesso illuminamento, ma con maggiori interdistanze e minori potenze di utilizzo
c) integrazione degli apparecchi illuminanti con sistemi alternativi di produzione di energia, come fotovoltaico ed eolico
d) possibilità di accensione degli apparecchi “on demand”

Inoltre vorrei ricordare che non esistono solo LED e ioduri metallici, ma anche lampade al sodio che presentano elevati indici di resa cromatica: teoricamente sarebbe quindi possibile ottenere gli stessi sconti mantenendo le soluzioni già presenti e non si avrebbero gli “effetti indesiderati” dovuti agli apparecchi citati nell’articolo di Soardo.
Purtroppo mi rendo conto che in Italia la materia è spesso ignorata o sottovalutata e pertanto ci si avvicina a questi temi senza la dovuta preparazione; inoltre ci si auspicherebbe che le norme venissero corroborate da indicazioni precise e coerenti con le ultime ricerche, non da tabelle che creano unicamente confusione (soprattutto in chi non è così padrone della materia).
Le Leggi Regionali non saranno certo infallibili, ma a quanto pare fino ad ora sono state le uniche a porre il problema dell’inquinamento luminoso e della riduzione dei consumi in maniera cogente; a tal riguardo da tempo noi progettisti stiamo aspettando una normativa unificata per tutto il territorio nazionale.[2]

3) La risposta

La risposta dell’ing. Soardo non si è fatta attendere e già a pag. 12 del numero del 15 settembre 2009 del “Giornale dell’Ingegnere” si può leggere che: “la norma UNI 11248 non penalizza le lampade al sodio alta pressione”. Ma come? Se avete inserito una tabella in cui viene detto che lampade con basso indice di resa cromatica (come le lampade al sodio comuni) devono essere penalizzate di una categoria?
Inoltre “la luce bianca con elevato indice di resa dei colori viene avvantaggiata in base alle esperienze scientifiche pubblicate in sede internazionale”[2]. Bene: quali sono queste “esperienze scientifiche”? Sono le stesse che ho citato io? E poi allora si tratta -come ho ricordato nella mia lettera- di luce bianca associata a un elevato indice di resa colori e non solo di elevata resa cromatica!!
A quanto pare l’ing. Soardo è avido di citazioni, così come lo è quando afferma che “come confermato dal direttore di una clinica universitaria, la componente blu ha un effetto “acuto”: sveglia sulla strada, evitando colpi di sonno e incidenti, che cessa quando si rientra a casa”[2]. Chi è questo direttore? Cosa cessa quando si rientra a casa? La strada, forse (visto che è l’unico soggetto alla terza persona singolare)?
E poi, non è vero che non “esistono prove di sorta su effetti “sistemici” su altri organi” [Ndr. gli occhi], visto che nel mio scritto ho citato due studi che riguardano appunto questi effetti. Inoltre, come afferma l’ing. Soardo, la componente blu ha un effetto “acuto” che “sveglia”; se è vero che l’utente della strada risente di questo effetto solo quando è effettivamente in strada, dobbiamo però pensare a tutti coloro che risentono di questa luce indirettamente (quanti apparecchi luminosi riflettono la propria luce all’interno delle case?). Per non parlare poi degli animali che vivono a contatto con queste tecnologie: posso capire che una norma UNI non possa prendere in considerazione tutti questi aspetti, ma alle soglie del 2010 mi aspetterei una maggior sensibilità ambientale da parte di chi studia e progetta le normative (o forse, come al solito, ricadiamo nel “chi se ne frega degli animali?”).
Se non esistono ancora studi approfonditi a riguardo, non significa che gli effetti negativi non ci sono (o forse l’amianto ha cominciato ad essere tossico solo dopo che gli studi ne hanno confermato la pericolosità?).

Sul fronte “risparmio energetico” veniamo invece a sapere che le leggi regionali  “portano il peso di aumenti di costi e di consumi di oltre il 20% a carico dei cittadini, come dichiarano anche astronomi in sede internazionale”[2]. Ancora una volta, non sappiamo chi siano questi “astronomi” e quando abbiano affermato tutto ciò, nè di come siano stati calcolati gli aumenti di costo; gradirei però una risposta da parte di chi ha compilato queste benedette leggi regionali e di come si sia permesso di farci pagare il 20% in più.
Nulla viene detto sugli altri sistemi per la riduzione dei consumi (di cui invece, se volete, posso fornire dati a riguardo).

4) Conclusioni (provvisorie)

Sull’onda di queste risposte al fulmicotone vorrei quindi concludere citando il direttore di una nota macelleria, il quale invece afferma che a lui la luce gialla del sodio piace molto, soprattutto nei centri storici antichi; inoltre, in sede internazionale, sembra che la luce gialla del sodio non interferisca con la produzione di uova delle galline che risiedono in prossimità di tali fonti di illuminazione.

Ovviamente sto facendo della facile ironia.

Purtroppo non c’è invece da ridere sulle bufale che vengono raccontate e quindi sull’ostinazione di numerosi professionisti e produttori a voler raccontare delle falsità sui prodotti stradali a LED. Perchè alla fin fine raggirare le pubbliche amministrazioni con false promesse significa incidere ancor di più sui costi sostenuti dal sistema pubblico e quindi sulle nostre tasche.

Sostituire semplicemente una sorgente di illuminazione con un’altra non significa immediatamente fare risparmio o migliorare l’illuminazione.

Installare apparecchi a LED non significa immediatamente fare risparmio o migliorare l’illuminazione.

Ogni problema illuminotecnico va valutato con cura e rappresenta un caso a sè stante: consumi e costi non possono quindi essere generalizzati. E comunque ogni progetto dovrebbe essere presentato con una valutazione costi/benefici; non bastano quattro calcoli (quando ci sono) e belle parole per fare veramente del risparmio.

S.V.B.E.E.Q.V.

Matteo Seraceni

[1] Il Giornale dell’ingegnere, n.11-15 giugno 2009
[2] Il Giornale dell’ingegnere, n.15 settembre 2009

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111 comments

  1. Mi pare che quella di Soardo sia una battaglia patetica che conduce da anni, ma per fortuna smentita dalle sempre più numerose leggi regionali e dalla sensibilità di tanti altri professionisti e cittadini….

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    1. Guarda, io non avevo alcuna intenzione di essere polemico e mi scuso se in alcune parti dell’articolo ho alzato un pò i toni; però mi è sembrato dalle risposte dell’ing. Soardo che la mia lettera sia stata presa con troppa sufficienza.
      Se qualcosa che ho detto non è corretto gradirei che mi venisse spiegato il perchè, tramite evidenze sperimentali o teoriche: mi dispiace, ma non mi basta e non mi è mai bastato l’ ipse dixit. Ci tengo a capire come funzionano le cose.
      Ad esempio, se l’indice di resa cromatica è in realtà un buon parametro di paragone, desidererei capire il perchè; se i LED consumano veramente il 50% in meno dei SAP vorrei sapere come e quando è stato provato realmente ciò.
      Mi dispiace per l’ing. Soardo, che rispetto come uomo e professionista con tanti anni di lavoro alle spalle, ma le risposte fornite non sono soddisfacenti.
      Credo che oggi come oggi non basti più dire “è così e basta”, servono motivazioni solide; soprattutto per un organo importante come l’UNI.
      Perchè piuttosto di promulgare leggi e controleggi non se ne discute prima con professionisti che testano sul campo ogni giorno teorie e apparecchi?

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  2. Ciao Matteo,
    appena avrò tempo leggerò con attenzione i tuoi articoli. Una cosa al volo che posso dirti è che il prospetto tre prescrive anche di peggiorare di una classe illuminotecnica le lampade a SAP. In questo caso il risparmio è effettivamente del 50%. Ma devo leggere bene il tuo artico per paterti dare dei commenti valide ed in questo periodo non ho tempo. Comunque i produttori di lampioni a LED non hanno mai una temperatura di giunzione superiore a 65 gradi.

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    1. Come ho già avuto modo di scrivere, il prospetto non è indicativo (e quindi mi sembra già una bella concessione dare una categoria in meno ai LED) e, francamente, aumentare di una categoria le lampade con CRI<30 in qualunque caso mi sembra una "cagata pazzesca", come diceva Fantozzi. Questo significherebbe che tutti gli impianti al sodio progettati fino ad ora sono insufficienti (visto che fino alla presentazione di questa tabella non avveniva la declassificazione).
      E poi, passare da 1,00 cd/mq a 0,50 cd/mq risparmiando il 50% mi sembrerebbe il minimo, no? Potevo fare lo stesso calcolo sopra con una ioduri metallici e comunque risparmiare molto più del LED, visto che è una lampada con CRI elevato; oppure usare una lampada SAP con CRI maggiorato (come quelle che fa Philips).
      Piuttosto, visto che si continua a parlare del CRI dei LED, allora perchè non parliamo del rapporto CIE 177:2007?!? E non diciamo che in realtà non è poi così sicuro che i LED abbiano veramente un CRI così elevato?
      Lo so anch'io quello che dicono i produttori, ma dalle installazioni, con una temperatura della piastra che supera sempre i 60°C-70°C, mi sembra strano che la temperatura di giunzione possa essere minore…

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    1. Oh! Finalmente qualcuno che dice che è del tutto privo di senso presentare dei dati che superino di 6 volte il tempo di prova dei LED (d’altronde queste specifiche sono da tempo presenti nello IES LM80, ma non tutti si adeguano).
      Comunque in questo caso si vede come nei migliori dei casi il LED raggiunga un L90 a 50000h circa, in accordo con quanto da me affermato sulla determinazione del coefficiente di manutenzione (purtroppo non c’è l’indicazione della mortalità, ma la Philips in altre parti determina una mortalità minima del 10% dei propri LED).
      Grazie

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      1. Ciao Matteo ma se si avesse una mortalità così elevata sarebbe molto peggio. Credo che la mortalità, il fenomeno noto come rottura catastrofica nelle 50000 ore abbia una probabilità inferiore dello 0.5%. Ad esempio ho visto che archilede monta i LED raggruppati in serie da 13, ciò vorrebbe dire che rompendosi un LED allora sarebbero 13 LED a non funzionare.

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        1. Infatti è così, se non peggio: dai test sulle installazioni fatte abbiamo mortalità fino a 1,2% dopo un anno di vita (fai poi tu i conti).
          Inoltre il guaio di apparecchi come Archilede è che ogni LED contribuisce ad illuminare una “parte” del manto stradale; quando un LED si spegne, significa che rimane un vero e proprio “buco” nell’emissione dell’apparecchio.
          Ogni volta che si spegne un LED dovrebbero cambiare quindi tutto l’apparecchio: voglio proprio vedere quei “rabighini” si SOLE cambiare un apparecchio ogni volta che si spegne un LED! 🙂

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          1. La mortalità che ho riportato ovviamente non è riferita a misure da laboratorio, ma a un range molto ampio di apparecchi installati su un range altrettanto vario di impianti. Credo che i produttori, finiti i giochini nei laboratori, dovrebbero seriamente pensare a rendere più robusta la tecnologia, perchè risente ancora troppo di sbalzi di tensione, temperatura, umidità.

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        2. Una buona regola è dotare ogni LED di una sorta di by-pass che cortocircuita il diodo guasto. Un po’ come succedeva con le lampade negli impianti serie…
          Archilede mi risulta essere provvisto di tale accorgimento.
          Ciao

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          1. Il problema è che il solido fotometrico di un apparecchio come l’archilede è composto da tante “tessere” fatte ognuna da un LED: se uno di questi si spegne, una zona rimane buia. Molto meglio allora il sistema RUUD che “moltiplica” le stesse zone con più LED, così che in caso di guasto una zona avrà meno luce, ma in maniera impercettibile.

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        3. Ciao, dipende se sono collegati in serie o parallelo. Se in serie si interrompe tutta la linea( vedi luci natalizie), ma solitamente vengono montati dei resistori in parallelo al led (tipo bypass) che garantiscono la continuità della linea. Se invece i led sono montati in parallelo, anche bruciandosene uno, gli altri continuano a funzionare.

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          1. No, io non volevo dire questo: anche se un solo LED si spegne, ma la sua fotometria non è “duplicata” in qualche modo dalle altre a fianco (come nella soluzione archilede), a terra rimarrà un “buco”, dovuto al fatto che nessun LED “copre” quell’area.
            Quindi non solo c’è una diminuzione del flusso luminoso generale, ma anche un notevole taglio all’uniformità generale e longitudinale.
            Questo è gravissimo ed inacettabile.

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    1. Beh..le misurazioni sono state condotte solo per 6000h (pari a 1/10 della vita utile attesa) e per questo buon per loro; ovviamente la percentuale di rottura va ricondotta all’intera vita utile attesa (ed è molto probabile che la percentuale di rottura abbia un andamento esponenziale).
      Insomma, mi stupirei del contrario se dopo 1 anno e mezzo di vita ci fossero delle rotture per un prodotto testato in laboratorio 🙂
      Lo standard IES LM-80 è un metodo che indica unicamente la probabile riduzione del flusso luminoso di un LED e quindi non da indicazioni sul flusso emesso nè sulla vita attesa.

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  3. Le leggi regionali contro l’inquinamento luminoso sono una stupidaggine. Su questo non è che ci sia molto da discutere. Per carità, il loro intento è assolutamente condivisibile; il problema è che cosi come sono state formulate vanno proprio nella direzione opposta al risparmio energetico e alla lotta all’inquinamento luminoso. L’unica cosa che si salva è il titolo della legge (ma mi sembra un po’ pochino).
    L’unica speranza per gli astrofili e per molti cittadini che ritengono loro diritto poter osservare il cielo stellato sopra le loro teste (tra cui mi ci metto anche io) è che vengano disattese il più possibile, altrimenti le stelle le vedranno solamente sui libri o in televisione.

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    1. Beh, dire che sono una stupidaggine è forse un pò troppo.
      Molte cose sono condivisibili, fra cui:
      1) limitare le dispersioni verso l’alto. Vorrei ricordare che il nuovo rapporto CIE TC 4-21 prevede un massimo di flusso disperso verso l’alto pari al 3%: capisco che si vogliano prevedere anche le possibilità di utilizzo di coppe di vario genere, ma 3% mi sembra comunque elevato (soprattutto nelle vicinanze di punti di osservazione, qualunque essi siano).
      Vorrà dire che in futuro parlerò pure (ancora, perchè è già stato ampiamente dibattuto) di coppa si/coppa no.
      2) utilizzare sorgenti luminose ad alta efficienza (come può non essere condivisibile questa cosa?)
      3) prevedere l’utilizzo di sistemi di controllo di flusso luminoso. Questo punto è fondamentale: è qui che si fa il vero risparmio, illuminando dove, come e quando si vuole. Purtroppo (grazie anche ai vari commerciali che si prodigano per spararle più grosse possibili) si sta facendo una grande pubblicità al LED, quando la tecnologia per risparmiare veramente esiste già e (udite udite) è assolutamente indipendente dal tipo di lampada od armatura usata!.
      Perchè i LED di oggi fra un anno saranno già vecchi, il telecontrollo e la regolazione dei punti luce una volta fatta sarà per sempre.
      Quindi non è vero che le leggi regionali siano fatte male e siano contro l’osservazione del cielo stellato.
      Vogliamo parlare allora dell’indicazione inserita “a forza” nella nostra UNI 11248 di utilizzare sorgenti con elevato CRI e che, con forti componenti blu dello spettro, potrebbero influire in modo estremamente negativo sulle osservazioni astronomiche ad esempio?!?
      Ciao

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      1. E’ proprio quel 3% che fa la differenza! Per farlo passare da 3 a 0 (come faranno poi a misurare lo 0 qualcuno me lo dovrebbe spiegare…) diminuisce l’angolo di incidenza, ho una maggior quantità di luce riflessa verso l’alto (e quindi aumenta l’inquinamento luminoso) e l’apparecchio è meno performante. Capisci qual’è il problema? E’ per questo che è una legge senza senso! Per il resto, il fatto di utilizzare sorgenti ad alta efficienza è sacrosanto. Vorrei vedere chi puo’ contestare questa cosa. E anche i sistemi di controllo di flusso sono ineccepibili: in questo caso sono perfettamente d’accordo con te. Il discordo dei led poi è tutta un’altra storia. Dovrebbero stabilire una temperatura colore massima, perchè vedere le strade illuminate con sorgenti a 6000°K non è un bel vedere. In ogni caso gli astrofili farebbero bene a studiarsi in fretta dei sistemi per filtrare la luce blu, perchè i LED entreranno pesantemente nell’illuminazione, riducendo drasticamente la spesa dei comuni per la manutenzione e per la bolletta dell’energia elettrica. E’ solo questione di tempo. Ma l’elettronica quando arriva arriva, un po’ come il Natale. E se non sei pronto son cavoli…
        Per quanto riguarda il CRI in questo momento c’è un po’ di caos; speriamo che la CIE riesca a porre rimedio ad una situazione quantomeno confusa. Ma a livello di percezione, non vi è dubbio che una fonte con alta resa cromatica sia da preferire ad una a bassa resa cromatica (ovviamente studiando un CRI opportuno per le condizioni di visione mesopica in cui ci si trova nel caso dell’illuminazione stradale). Comunque c’è molto fermento. Ne vedremo delle belle. Ma nel frattempo cercate di fare capire a tutti che le leggi regionali sull’inquinamento luminoso, almeno per quanto riguarda quello 0% verso l’alto, sono una barzelletta! Ci stanno ridendo dietro tutti!

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        1. Allora vedi che non tutto è sbagliato?
          Cmq non tutte le leggi regionali prevedono 0 cd/klm oltre i 90° (mentre al contrario prevedono tutto il resto) e quindi non sono comunque da buttare…
          Calcolare l’ ULor è facile: basta avere la fotometria e da quella si risale facilmente alle candele emesse al di sopra dei 90° (basta che prendi qualsiasi fotometria e la guardi in forma tabellare).
          Un apparecchio a 0 cd/klm non aumenta l’inquinamento luminoso, perchè in zone aperte la riflessione di un asfalto C2 è riconosciuto ad esempio pari a 0,07 e quindi una concentrazione di luce maggiore del 3% e mediata su una riflessione di 0,07 è praticamente nulla, mentre un flusso superiore al 3% verso l’alto comporterebbe un inquinamento notevole; in zone urbane sono gli edifici a riflettere la maggior parte della luce e pare quindi che si possano idealizzare su un modello di cavità urbane (ancora non cambia l’inquinamento da coppa/senza coppa).
          L’unica cosa è che una coppa diminuisce le riflessioni interne dovute alla schermatura e quindi consente di avere un Dlor maggiore ed aperture più ampie nel fascio e quindi avere maggiori interdistanze fra gli apparecchi.
          Ma rimaniamo sempre sull’ordine del 5%-6%.
          A me sembra un problema di lana caprina…

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          1. Non è tutto sbagliato, anzi! Ed è un bene che se ne discuta, mantenendo ognuno le proprie idee ma nell’ottica del confronto costruttivo. Ed è per questo che ti rinnovo i complimenti per aver scritto questo e gli altri articoli sull’illuminazione stradale. Magari si riuscisse a fare un po’ di luce su questi argomenti (ovviamente in questo caso sarebbe una luce assolutamente non inquinante :-). Appena ho un po’ di tempo mi riprometto di continuare il confronto scrivendo alcune considerazioni sulle cose che hai detto.

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  4. Ciao Matteo,
    sto seguendo con molto interesse le cose che stai scrivendo sui LED e devo dirti che condivido molte cose mentre altre invece me le stai insegnando.
    Stiamo vivendo un momento storico dove si pensa che la soluzione sia passare dalle lampade a scarica al LED in modo indolore senza vedere che la realtà è diversa: vedi ancora quante lampade al mercurio non sono ancora state sostituite almeno con il sodio. Il messaggio che è passato è che si tratti di una tecnologia con vita “infinita” e altamente remunerativa dovuta a tempi di rientro dell’investimento brevissimi (credenza che tu hai dimostrato essere errata).
    Mi sfugge comunque un particolare: perchè si parla sempre solo della durata dei LED come se fosse una tecnologia autonoma?
    Perchè non si prende in considerazione anche la durata dell’alimentatore per LED? quest’ultimi durano forse più dei LED?
    In caso contrario, avranno necessità di manutenzione e nessuno ne parla, anzi, sembra che una volta installati i LED la manutenzione si azzeri. Ne sarei felice ma ne sentiremo parlare, basta un pò di pazienza. M’interessa un tuo parere in merito.

    Certo è che il laboratorio è una cosa, ma tutt’altro è la strada, dove le alte e le basse temperature e le condizioni estreme presenti, possono veramente fare la differenza.

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    1. Ciao. In effetti mi sono accorto che non tutto quello che ho scritto è esatto e che inoltre ho tralasciato alcuni aspetti importanti dell’argomento.
      Sto già cercando di rimediare: ho riscritto la prima parte dell’articolo e sto riscrivendo la seconda, cercando di approfondire i temi ed essere più preciso nelle affermazioni.
      Fra le cose che ho aggiunto, un paragrafo è dedicato interamente agli alimentatori dei LED.
      Per quello che chiedi, ti riassumo quello che sto scrivendo:
      ad oggi i produttori di alimentatori elettronici dichiarano una mortalità media pari al 2% ogni 10.000 ore di funzionamento (dato verificato da una vasta letteratura a riguardo). Pertanto, nelle 50.000 ore di funzionamento attese per le sorgenti LED, avremo un 10% di mortalità sugli alimentatori: questo significa che durante il ciclo di vita previsto per un’armatura a LED occorrerà sostituire il driver in 1 apparecchio di illuminazione su 10. Grazie a questo dato vengono già da subito annullate le pretese di manutenzione nulla prospettate da numerosi produttori di apparecchi di illuminazione a LED.
      Inoltre la durata di vita attesa per un alimentatore elettronico decresce in maniera esponenziale all’aumentare della temperatura di lavoro: poiché le sorgenti a LED possono produrre molto calore, occorre che il driver sia adeguatamente distanziato e separato dalla parte in cui sono alloggiati i LED, per impedire eventuali malfunzionamenti.
      Ed infine, vorrei risponderti citando: “La strada è un’ottima maestra”.

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      1. Beh che l’armatura a led debba essere ben progettata per la dissipazione di calore non vi è dubbio!Ma il reattore delle lampade sap invece è eterno?Non credo visto che deve lavorare con picchi di tensione elevati per l’accensione e spesso si guasta (costi di manutenzione). Guardiamo le nostre strade, molti dei lampioni non funzionano, altri sfarfallano di continuo. Un tecnico mi ha detto (non è verificata come informazione) che il riduttore sulle sap può creare problemi perchè se la lampada non viene sostituita spesso (i comuni o le aziende concessionarie, aspettano che si fulmini di solito), consuma più del normale, così ti giochi tutto il risparmio precedente e l’ammortamento del riduttore. Tra un alimentatore elettronico ed un reattore per le sap mi fido più del primo!

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        1. Credo si stia facendo un pò di confusione.
          Gli alimentatori per lampade a scarica sono di due tipi: elettromagnetici ed elettronici.
          I primi sono fondamentalmente eterni (noi abbiamo alimentatori elettromagnetici con più di 25 anni ancora in funzione), ma hanno notevoli problemi: hanno una efficienza bassa, se la tensione della rete cala non la compensano e quindi la lampada riduce il flusso, necessitano di componenti ausiliari per il funzionamento (accenditore e condensatore) che devono invece essere cambiati con periodicità. In compenso costano pochissimo.
          Gli alimentatori elettronici costano di più, però hanno un’efficienza molto elevata (con perdite ridotte quindi), non necessitano di componenti ausiliari, mantengono la tensione costante (e quindi non ci sono riduzioni di flusso); inoltre hanno un coefficiente di sfasamento molto alto e quindi non danno problemi di rifasamento. Ovviamente hanno una durata di vita molto inferiore a quelli elettromagnetici.
          Gli alimentatori elettronici per LED, sono sempre elettronici, ma sono tutta un’altra cosa, visto che sono fondamentalmente dei trasformatori (ricordo che i LED viaggiano a pilotaggio di corrente)!
          Date le componenti e i report di affidabilità attuali, ad oggi pensiamo che nel peggiore dei casi occorrerà sostituire un alimentatore LED ogni 8-12 anni, mentre occorrerà sostituire un alimentatore elettronico per lampade a scarica ogni 10-14 anni.
          Quindi nessuno dei due è eterno: non ho mai detto questo!
          Però vanno fatte due considerazioni:
          1) se l’alimentatore LED non è eterno allora cade anche qui la pretesa della “manutenzione 0” per i LED
          2) le voci di costo sono sempre accompagnate dalla “manutenzione” degli operai che svolgono le sostituzioni: se viene programmata anche la sostituzione degli alimentatori, questa può venire fatta assieme alla sostituzione della lampada, in tutta sicurezza e con costi notevolmenti inferiori ad una manutenzione straordinaria che deve essere effettuata su un apparecchio che non dovrebbe necessitare di manutenzione.

          Matteo

          P.S. Per quel che riguarda il riduttore, le informazioni che hai sono errate: gli alimentatori elettronici in genere hanno appositi dispositivi che servono appunto a “cancellare” questo genere di malfunzionamenti e sprechi, al contrario degli alimentatori tradizionali che non possono avere un controllo sul sistema e sulla lampadina.
          Per quanto riguarda l’analisi costi-benefici, vince (di poco, è vero) l’alimentatore elettronico, perchè costa di più e deve essere sostituito, ma ha vantaggi abbastanza importanti (consuma di meno e garantisce una durata maggiore della lampada). Inoltre non occorre più sostituire gli ausiliari (che non si sa mai quando si rompono) o effettuare il rifasamento dell’impianto

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  5. in primis, complimenti per gli articoli ed i commenti,
    una ottima occasione per approfondire l’argomento

    voglio aggiungere una nota relativamente alle armature a led,
    mi risultano disponibili apparecchi a 90 e a 120 led,
    (potenze rispettivamente 113W e 170W)
    che potrebbero cambiare gli esiti del confronto

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    1. Si, è giusto. Ma i miei conti erano già fatti su questo tipo di conteggi: di solito “a occhio” faccio W*1,15*1,1 (1,15 W/led e 1,1 è un 10% in più dovuto al ballast).
      E quindi viene appunto 90*1,15*1,1=113W e 120*1,15*1,1=152W (questo dovrebbe essere un pò meno).
      Però ricordiamo che un led a 100 lm/W per 90 led fa 9000 lm; quindi anche se il DLOR di un apparecchio LED è 100%, rispetto ad una lampadina SAP 100W (con DLOR 80% e 105 lm/W) che esce con 8400 lm, guadagna il 6,5% circa.
      Un pò poco per affermare un risparmio del 50%, no?

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      1. Ciao. Mi sono imbattuto su un produttore di armature stradali a Led che monta i led della Osram LUW W5AM che a suo dire raggiungono 146lum/watt a 100mA. Inoltre nelle sue applicazioni la temperatura di giunzione è di circa 48°C. Lo ritieni affidabile?

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        1. Si, può essere.
          Perchè a 100mA si ha circa una tensione di 2,9V, che fa quindi un assorbimento di 0,29W per LED.
          Considerando un LED da 130 lm/W in condizioni ottimali, e che a 100mA produce circa il 35% di flusso luminoso e un 90% di flusso per regime termico abbiamo (130*0,9*0,35)/0,29=141 lm/W che si avvicina molto.
          Una temperatura di giunzione di 48°C è ridicola (anche con alimentazione a 100mA), a meno che non ci sia un sistema di raffreddamento inserito all’interno dell’apparecchio.

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          1. Non è che forse i 100 mA sono sul primario, cioè sulla fase in ingresso?Perchè gli Osram hanno come soglia minima 350 mA di alimentazione sul led, poi uno può sottoalimentarli, ma tirarci fuori 140 lumen per watt mi sembra tanto. Io gli Osram Goled Dragon li alimento a 350 mA, con caduta di tensione di 3,2 volt su ogni led quindi un assorbimento di 1,2 watt per led. 48 led circa 60 watt e 4600 lumen (76 lumen/watt). Ciao

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            1. Certo.
              Ovviamente non ho fatto un conto esatto secondo i datasheet OSRAM, ma ho fatto un conto teorico di quello che potrebbe accadere in determinate soluzioni.
              Altrettanto ovvio è il fatto che per raggiungere questi risultati dovrebbero verificarsi condizioni “al contorno” inverosimili.

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  6. Meno male che ho trovato questo blog 🙂

    Faccio parte di una PA e stiamo (stavamo ormai) valutando l’opzione LED,
    ho letto con molto interesse i tuoi post e altri simili nella rete.

    Trovo estremamente interessante questa tua frase:
    “la tecnologia per risparmiare veramente esiste già e (udite udite) è assolutamente indipendente dal tipo di lampada od armatura usata!.”

    Spero che in futuro vorrai approfondire, stiamo cercando di migliorare l’illuminazione del nostro piccolo paese e sinceramente… di venditore di fumo se ne affacciano parecchi… di veri tecnici molto pochi…

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  7. Prima di tutto complimenti per il blog davvero interessante, vorrei rassicurare il collega che presumo sia un amministratore. Anche io faccio parte di un’amministrazione comunale e nonostante il recente insediamento (giugno 2009) ci siamo dati subito da fare per tagliare gli sprechi che soffocano il bilancio del nostro comune e vi assicuro che nel “settore energia” ce ne sono veramente tanti! Dopo aver visto le fatture che ci arrivavano per i consumi della pubblica illuminazione abbiamo deciso di intervenire inizialmente da li. Per nostra fortuna ci siamo affidati ad un’ azienda seria che, in pochi giorni, ci ha installato un alimentatore che si chiama dibawatt e che soprattutto, non ci è costato un euro, le rate del leasing infatti, ce le stiamo ampiamente ripagando con i risparmi ottenuti che si attestano udite…udite oltre il 61%.

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    1. Ciao Sante,
      ci siamo insediati anche noi da giugno,
      e conti alla mano come dici tu… e con il cuore di astrofilo… cerco di migliorare la situazione, visto che a quanto pare è fattibile e si ci risparmia.

      Avevo letto di strumenti come il dibawatt, il mio dubbio però è quanto effettivamente si può abbassare la luminosità, non tanto durante i crepuscoli, dove la luce naturale compensa quella artificiale, ma per esempio in tarda notte.

      Il mio paese si trova in collina e molte strade di notte sono pochissimo se non per nulla trafficate, ma immagino che sia impossibile, ad esempio, diminuire drasticamente la luminosità dopo la mezzanotte.

      Insomma penso ci siano dei limiti minimi che determinino quanto deve essere illuminata una strada, e non saprei come rilevarli.

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      1. I limiti di dimmerazione attuabile nelle ore notturne sono indicati dalla UNI 11248, che definisce diverse categorie di esercizio in base alla percentuale di traffico presente nella strada.
        Quello che occorre fare è definire attraverso un conta-traffico, l’andamento medio lungo l’intera giornata del traffico di una determinata strada. Durante le ore notturne, quando il traffico diminuisce oltre il 50% del picco massimo, è possibile attuare la riduzione di una categoria illuminotecnica (circa il 25% di riduzione del flusso, pari a circa il 22% di riduzione della potenza); quando il traffico diminuisce oltre il 75% del picco massimo, è possibile attuare un’altra riduzione (circa il 50% di riduzione di flusso, pari a circa il 40% di riduzione della potenza).
        Quindi i risparmi ottenibili con un riduttore di flusso si attestano mediamente attorno al 30% (per arrivare al 60% occorre anche sostituire eventualmente le lampade meno efficienti, come quelle al mercurio, con lampade più efficienti).

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    2. Premetto che vorrei evitare che nei commenti fosse presente questo tipo di pubblicità (visto che si sbandiera una riduzione del 60% quando in realtà la sola installazione di un riduttore produce risparmi inferiori – vedi sopra – e quindi sembra tanto uno slogan pubblicitario). Condivido in ogni modo la scelta di installare dei riduttori di flusso.
      Vorrei inoltre ricordare che Illuminazione Pubblica non è soltanto una buona lampada e un buon alimentatore: significa anche manutenzione (sopra un palo marcio ci può stare sia un led che il migliore apparecchio sul mercato, ma questo non lo risparmierà dal crollo) e soprattutto rispetto delle norme illuminotecniche.
      Questa azienda ha garantito anche il rispetto di queste norme?!? Vorrei ricordare che gli alimentatori da voi indicati generalmente hanno una “mezzanotte virtuale” e quindi non sono settati in maniera puntuale sull’esatto orario di dimezzamento del traffico (vedi sempre commento sopra): in questo modo si rischia che le attenuazioni vengano fatte in maniera non appropriata. Per caso hanno allegato anche dei calcoli illuminotecnici e delle analisi del traffico?
      Quindi è giusto risparmiare, ma è altrettanto giusto seguire dei criteri rigorosi: fino ad ora non ho mai sentito nessun commerciale prendersi la briga di effettuare questo genere di analisi…

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  8. Prendo spunto dal commento di Nicolò per distinguere ancora una volta fra i “professionisti” e i vari “venditore di fumo”.
    La mia frase era ovviamente riferita ai sistemi di telegestione (quindi non solo di telecontrollo o di riduzione del flusso luminoso): questo genere di sistema consente di ottenere in tempo reale informazioni su ogni singolo punto luce e di programmare sempre ogni singolo punto luce in base alle esigenze che si hanno.
    Quindi si evitanto riduzioni del flusso fuori dal controllo di un’attenta analisi illuminotecnica (vedi sopra) ed in più si agevola il compito di manutenzione; inoltre, come dicevo, è un sistema indipendente dalla tipologia di punto luce installato.
    Il neo di questi sistemi è ovviamente il costo (ma molto meno di una sostituzione con LED) e l’esistenza di diversi protocolli, che non sono ancora stati standardizzati e quindi non dialogano tra loro.
    Sempre per quanto riguarda il “professionismo”, vogliamo parlare dei certificati bianchi?
    Fino ad ora l’AEEG rilascia schede di certificazione unicamente per interventi di sostituzione mercurio-sodio, riduzione di flusso e -arrivato da poco- sostizione lanterne semaforiche ad incandescenza con lanterne LED. Non ci sono schede per apparecchi illuminanti a LED, nemmeno schede preparatorie.
    Questo significa non solo che con un sistema tradizionale (sostituzione mercurio-sodio + regolatore di flusso) si risparmia molto di più che con i LED, ma che in questo modo si possono ottenere dei certificati bianchi che valgono 100 euro a TEP circa (cosa non possibile con l’installazione di LED).
    Quindi non solo con i LED si spende di più e non si risparmia, ma non si ottengono nemmeno i certificati bianchi…

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  9. Caro Matteo, mi scuso se ho dato l’impressione di fare pubblicità , ma il mio intervento l’ho fatto principalmente per dare un consiglio ad un collega, poiché ne condivido le difficoltà ogni giorno.

    Caro Nicolò, quello che posso dirti è che ho incontrato una grande professionalità che mi ha permesso di avere una soluzione (senza investire nulla) e tutte le certificazioni che le norme prescrivono.

    Tieni conto che sono andato personalmente con il nostro tecnico (inizialmente scettico) a misurare l’illuminamento sulla sede stradale prima e dopo l’intervento, con risultati ottimi.

    Per onestà ribadisco che quel risultato di risparmio è dovuto anche al cambio lampade, cosa che mi avevano detto anticipatamente.

    Comunque noi siamo un comune di montagna in provincia di Macerata (Camerino). Se vuoi dei riferimenti te li do in maniera privata contatti direttamente al mio indirizzo mail eliseisante@tiscali.it

    saluti

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  10. Ciao Matteo,
    ho una curiosità rispetto all’utilizzo della luce prodotta dai Led e la luce prodotta dalle lampade al sodio.
    Mi trovavo all’interno di un ufficio tecnico Comunale e l’Ingegnere di competenza mi parlava della normativa illuminotecnica in vigore in Lombardia a proposito dell’inquinamento luminoso rispetto alla temperatura (K) e varie contestazioni fatte dagli Astrofili in materia:
    L’ingegnere sostiene che alcune normative regionali prediligono l’utilizzo di lampade al sodio A.P. piuttosto che lampade a LED in quanto quest’ ultime avrebbero effetti inquinanti visto che la luce prodotta dai led tipicamente è di 5.500(K) mentre la normativa indica come indicazione di utilizzare 3000(K)

    Tratto da Wikipedia:
    “L’inquinamento luminoso è un’alterazione dei livelli di luce naturalmente presenti nell’ambiente notturno. Questa alterazione, più o meno elevata a seconda delle località, provoca danni di diversa natura: ambientali, culturali ed economici. La definizione legislativa più utilizzata (vedi sotto) lo qualifica come “ogni irradiazione di luce diretta al di fuori delle aree a cui essa è funzionalmente dedicata, ed in particolare verso la volta celeste”.
    Tra i danni ambientali si possono elencare: difficoltà o perdita di orientamento negli animali (uccelli migratori, tartarughemarine, falene notturne), alterazione del fotoperiodo in alcune piante, alterazione dei ritmi circadiani nelle piante, animali eduomo
    (ad esempio la produzione della melatonina viene bloccata già con bassissimi livelli di luce). Recentemente (2001) è stato scoperto un nuovo fotorecettore che non contribuisce al meccanismo della visione, ma regola il nostro orologio biologico. Il picco di sensibilità di questo sensore è nella parte blu dello spettro visibile. Per questo le lampade con una forte componente di questo colore (come i LED) sono quelle che possono alterare maggiormente i nostri ritmi circadiani. Le lampade che fanno meno danno da questo punto di vista sono quelle al sodio ad alta pressione e, ancora meno dannose, quelle a bassa pressione.”

    Per Finire,
    Nelle normative regionali vigenti non trovo nessuna indicazione a tale proposito, l’esperto, quale sei tu, cosa mi puoi dire in merito ?

    Giuseppe Mattiello

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    1. Ciao.
      Innanzitutto vorrei precisare che non sono fisiologo, nè ho particolari competenze mediche: il mio essere esperto deriva semplicemente dal fatto che anche io (come pochi altri purtroppo) ho cercato di informarmi il più possibile sugli effetti della luce cosiddetta “blu”.
      Però vanno fatte alcune precisazioni:
      1) Gli astrofili sono disturbati dalla luce di questo tipo principalmente perchè i filtri che usano per le loro osservazioni notturne “lavorano” sulle stesse lunghezze d’onda; per questo motivo una luce “blu” interferisce con le osservazioni astronomiche notturne, mentre le lampade al sodio non danno questo tipo di problemi (a questo punto ci sarà anche qualcuno che potrà dire “e chi se ne frega degli astrofili”…beh, non sta a me decidere su questo punto, ma credo ad esempio che la definizione di aree protette si comunque lodevole). Quindi gli astrofili si battono essenzialmente per questo motivo.
      2) Esistono LED anche a 3000K. Li ho visti e devo ammettere che a mio modesto parere la luce che emettono è molto più bella e piacevole (ricorda le “vecchie” lampade ad incandescenza), molto meglio dei 6000K che io definisco “da banco frigo”. Il loro unico problema sta nelle “peggiori” prestazioni illuminotecniche (cioè emettono meno luce) perchè la luce LED, che nasce blu, per diventare bianca va trattata con opportuni fosfori: più abbassiamo la temperatura colore, più fosfori sono necessari e quindi c’è uno strato maggiore che fa filtrare meno luce.
      A questo punto alcuni potrebbero dire “ma se i LED già risparmiano il 40%, chi se ne frega, risparmiamo il 30% e utilizziamo la luce 3000K”. Ecco: qui sta l’inghippo. Siccome non è vero che i LED risparmiano così tanto, le soluzioni a 3000K non sono assolutamente competitive coi prodotti tradizionali, per questo non vengono usate da nessuno (tranne pochi, come Philips, che fin da subito ha proposto queste tipologie di sorgenti).
      3) Se le normative fossero basate tutte su risultati comprovati, di certo non avremmo una norma (unica in tutta Europa) che in ogni modo premia luci bianche. Gli studi degli effetti sull’uomo cominciano ad essere numerosi (alcuni sono stati citati nell’articolo sopra) e di certo non basta il parere di amici o parenti, come invece ci vuol far credere Soardo. Spero che si faccia di più a riguardo per capire veramente come e quanto la luce “blu” possa influire sui meccanismi metabolici (e non solo per l’uomo: lo so che siamo una razza tendenzialmente egocentrica, ma ricordiamoci che “costringiamo” a vivere sotto una luce artificiale notturna anche animali e piante che questa luce probabilmente non la vorrebbero proprio; se fa male pure a loro, occorre avere un occhio di riguardo maggiore per questi argomenti)
      4) Per “inquinamento luminoso” (che è comunque un termine improprio) si intende tutta quella luce che viene “riversata” nell’emisfero superiore. Quindi è vero che apparecchi non schermati a dovere possono emettere luce diretta verso l’alto, ma ricordiamoci che la maggior parte della luce che va in cielo è data da quella riflessa sul terreno o sull’ambiente circostante: la massima da seguire sempre è pertanto quella di “illuminare il meno possibile” e “solo quando strettamente necessario”.
      Non credo pertanto che il “guaio” grosso lo facciano gli apparecchi illuminanti in sè, piuttosto la politica di molti Comuni “un lampione un voto”: ci troviamo ad avere così città sovra-illuminate e bollette astronomiche.
      Fatte queste precisazioni, volevo farti notare che alcune normative (come ad esempio quella dell’Emilia-Romagna) invece consigliano caldamente l’utilizzo di lampade al sodio o comunque limitano il campo di applicazione della “luce bianca” ad ambiti ben definiti.
      Il fatto che ogni normativa sia diversa da regione a regione dimostra solamente che in Italia non si riesce mai a mettersi d’accordo su niente, mentre come dici tu servirebbero invece studi approfonditi sui danni che la luce notturna potrebbe provocare e anche su come e cosa influisca realmente sull’illuminazione della sfera celeste.
      La chiudo qui, altrimenti divento logorroico.
      Ciao
      Grazie

      Matteo

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      1. Questo è quanto invece viene affermato dal DOE in relazione all’ipotesi di usare sorgenti a LED a 3000 K:

        “It is factually incorrect to state that “Outdoor lighting efficiency for visual tasks involving cognitive and foveal vision (primarily driving) is not increased using bluish-white light sources” when discussing LEDs. This is because LEDs with higher CCT (more blue content) tend to be substantially more photopically efficacious than LEDs with lower CCT.
        For instance, a 6000K LED today is 30% more photopically efficacious than a 3000K version. While LED luminaires can often outperform their less optically efficient HID counterparts, much of the potential for energy savings is lost if CCT is limited to 3000K.
        On a national level, we estimate that the lost annual energy savings from limiting the blue content in outdoor lighting applications would be equivalent to the annual energy consumption of 3.7 million residential households, and the annual greenhouse gas reductions would be 28 MMT of CO2, 117,000 short tons of SO2, and 43,000 short tons of NOx. These represent significant energy savings and emissions reductions that would have a positive effect on the environment. Note that this example does not rely on any scotopic or mesopic modification factors.”

        Fai clic per accedere a DOLED%20IDA.pdf

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        1. Ok. Allora diciamo che il CRI non è troppo differente da quello che viene indicato oggi.
          Però, come dicevo in altre parti, questo comunque non esime dal fatto che declassificare comunque e ovunque è sbagliato (e vale anche per altre sorgenti a luce bianca, come gli alogenuri).
          Inoltre un LED ha un rapporto S/P molto più basso di un alogenuro: secondo i modelli di ponderazione mesopica già difficilmente una lampada a ioduri può fornire il 25% di luce in più a 0,75 cd/mq, figuriamoci quindi un LED!
          Per quanto riguarda invece l’influenza sui ritmi circadiani, il documento che giustamente citi, riporta: “appare che tre sorgenti fra quelle esaminate non dovrebbero portare a importanti alterazioni del ritmo circadiano dopo un’ora di esposizione. Il più freddo dei LED invece ha un limitato effetto nella stimolazione del ritmo circadiano (3-10% di soppressione di produzione di melatonina durante le ore notturne”.
          Guarda caso è il LED a 6900K.
          Poi, diciamo pure che si usano LED a 6000K, ma di certo, per la gente che abita nei pressi di questi apparecchi, l’esposizione è molto maggiore di un’ora (oh, per non parlare degli animali che vivono nei pressi).
          Inoltre, come tu stesso hai affermato, è pure difficile determinare la giusta temperatura di colore di un LED.
          Infine, la progettazione illuminotecnica è anche legata ad un fattore di “qualità” dell’illuminazione e non mi sembra che illuminare con luci da banco di macelleria possa chiamarsi “buona progettazione”.
          Sicuramente è auspicabile una temperatura non superiore a 4500K-5000K.
          Poi abbiamo aspettato già abbastanza prima di avere sorgenti a LED efficienti (anche se oggi in realtà sono arrivati ad essere paragonabili ai SAP, non superiori), aspetteremo anche dei 3500K efficienti, no?

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          1. Replico per punti:

            – declassificare comunque e dovunque è sbagliato; sono d’accordo. Lo faccia il progettista in base all’analisi dei rischi, ma non la legge lombarda che dice “puoi declassificare con sorgenti con CRI>60, ma non per i LED.” La mia opinione in merito la sai. Finche non ci sono evidenze concrete non permetterei il declassamento se non in alcuni ambiti. Ma se è la norma che è sbagliata si cambia la norma, non si fa una legge che contrasta la norma.

            – Rapporto S/P. Il documento del DOE è chiaro: l’efficienza FOTOPICA dei LED ad alta temperatura è superiore (30%) rispetto a quelli a bassa temperatura. In soldoni significa che se faccio un impianto con LED ad alta temperatura risparmio il 30% nella bolletta rispetto a quelli a 3000K. Quella bolletta la paghiamo tu e io. Se un politico decide che devo pagare il 30% in più me lo deve giustificare!!! E deve essere molto convincente! Non puo’ dirmi che la luce calda è più bella di quella neutra! Quando guido su una strada a non me ne frega un caz… hem… mi interessa poco che la luce sia accogliente! Voglio vederci bene per viaggiare in sicurezza ed accorgermi degli ostacoli! Ma è così difficile da capire?
            – Ritmo circadiano. La ricerca che ti ho girato è estremamente chiara: in quelle condizioni l’inflenza dei LED è nulla (o ridotta per quanto riguarda i 6900K che non usa nessuno, ormai siamo intorno ai 5000K). L’illuminamento retinico è troppo basso. Secondo te l’illuminamento retinico di quelli che abitano nelle vicinanze è sufficiente a modificarne il ciclo circadiano? Questa cosa è sufficiente per giustificare l’imposizione dei 3000K con un conseguente aumento delle bollette del 30%? Leggi la risposta del DOE a riguardo.

            – Ultima cosa. La qualità della progettazione illuminotecnica. La prima cosa che conta secondo me nell’illuminazione stradale è la sicurezza. Non dobbiamo illuminare il salotto ma fare in modo che chi guida riesca a distinguere correttamente gli ostacoli e abbia una visione quanto più agevolata possibile dalla luce impiegata. Questa è la qualità che la luce per l’illuminazione stradale deve avere. Uno che si spaccia per progettista illuminotecnico ha affermato che la luce delle lampade al sodio è “calda ed avvolgente”…. Perchè non prova a mettersele nel salotto di casa sua e poi vediamo cosa ne pensa della luce calda e avvolgente delle lampade al sodio?

            Detto questo, io sono convinto che la scelta di un impianto di illuminazione stradale vada fatta prendendo in considerazione una serie di elementi da valutare caso per caso, e soprattutto con l’apporto di un “vero” progettista della luce che conosca LED, lampade al sodio, curve fotometriche, coefficienti di manutenzione, curva di visibilità fotopica e mesopica ecc. Purtroppo la realtà è fatta di progettisti che l’illuminotecnica l’hanno studiata sul manuale delle giovani marmotte.

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            1. Si, ma consuma il 30% in più rispetto ad un LED a luce fredda…cioè: non è mica obbligatorio installare i LED, no? Visto e considerato che ad oggi non è la soluzione economicamente più vantaggiosa, nè in termini di installazione nè in termini di risparmi (tranne alcuni casi specifici).
              E’ ovvio che la luce delle lampade al sodio non sia il massimo della vita per tanti ambiti, ma è indubbiamente la soluzione più economica, più pratica, più consolidata, ecc..
              Credo che il regolamento della Lombardia sia nato, come dici tu, dalla volontà di “certi” illuminotecnici (e produttori) di voler installare a tutti i costi apparecchi a LED quando ancora questi non erano pronti e, per riuscire a fare un pò di luce, utilizzare 6500K anche dove non era proprio il caso.
              Non credo tu possa renderti conto dell’esasperazione di certi Comuni che si sono lasciati abbindolare e ora non sanno come fare per pagare le spese e tener dietro alle proteste dei cittadini (per non parlare dell’assoluto “non rispetto” delle norme illuminotecniche).
              Se i grandi produttori fossero stati più accorti e avessero LORO messo in un angolo i vari “cantinari”, non raccontando frottole, credo che non si sarebbe arrivati a questo.
              E’ ovvio che è una legge ingiusta.
              Così come del resto lo è la UNI 11248 che declassifica anche le strade ME1 con luce bianca.
              A questo punto mi chiedo: uno può alzarsi la mattina e scrivere una norma come cavolo gli pare?!? Perchè le norme non sono accompagnate da riferimenti di studi/documenti che avvallano quanto si dice??

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            2. Se in certi comuni si sono lasciati abbindolare dovrebbero dare le dimissioni perchè hanno buttato nel cesso i soldi dei contribuenti. Le proteste dei cittadini se le meritano tutte perchè sono degli incapaci. Avrebbero dovuto affidarsi a persone competenti prima di fare gli investimenti.

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            3. ..però ormai i Comuni hanno fatto queste scelte. E quindi?
              Pubblica gogna?
              Che le amministrazioni fossero per lo più incompetenti lo sapevamo già dalla storia dei “derivati”.
              Li ammazziamo tutti?
              Quindi uno può cercare di abbindolare sempre e comunque le pubbliche amministrazioni?
              Io credo che i tecnici dei vari Comuni abbiano si la loro colpa, ma tante colpe le hanno pure i produttori: sia quelli che hanno speculato su tecnologie non competitive ed inefficienti, sia quelli che, sapendo i limiti dei LED, hanno comunque continuato a proporli come panacea di tutti i mali.
              Il guaio più grosso è che il LED è ormai in molte parti già “bruciato” proprio quando incominciavano ad uscire prodotti cometitivi: nessuno di quei signori citati sopra ne vuol più sapere dei LED.
              (adesso tiro l’acqua al mio mulino)
              Per non parlare del fatto che il Comune fa la cazzata, poi arrivano dal gestore dicendo: “Eh…mi hanno fregato e l’ho montato. Ci pensi tu?”
              Visto che noi non diciamo mai di no a nessuno siamo pieno di barattoli a LED inutili…(a proposito, visto che tutti si vantano che è una tecnologia “verde”: avete mai provato a smaltire a dovere un apparecchio a LED?!?Altrochè le lampade al mercurio…)

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            4. Le regole, bisogna stabilire le regole! E’ sufficiente fare questo: stabilire le regole. Significa scrivere nero su bianco che gli apparecchi a LED devono avere certe caratteristiche, che devono avere delle garanzie scritte sul funzionamento, devono garantire determinate prestazioni. Basterebbe scrivere poche semplici regole! Basterebbe una sorta di “certificato di idoneità” corredato dalle informazioni essenziali affinchè il progettista possa fare la sua scelta fra differenti possibilità. E invece questa cosa non la impone nessuno. La confusione regna sovrana. Non puoi pretendere che chi è nel mercato non faccia il suo mestiere, ovvero quello di vendere il prodotto che ha realizzato, bello o brutto che sia. Ma se imponi dei parametri minimi tagli fuori tutti i ciarlatani e garantisci i comuni che non faranno delle figure barbine come quelle che stanno facendo. Perchè invece di scrivere le stupidaggini come quella del limite dei 3500 K le regioni non chiedono a chi ne capisce qualcosa e determinano i parametri minimi da trasferire a chi fa gli acquisti? Perchè invece di dar retta a quelli che dicono che la luce dei LED fa venire il cancro i nostri cari politici non promuovono un gruppo per l’analisi delle prestazioni degli apparecchi di illuminazione stradale?
              Il futuro dell’illuminazione stradale e non stradale si chiama LED. Su questa cosa non ci sono dubbi. Se invece di ascoltare i ciarlatani ci si mettesse ad un tavolo a discutere si eviterebbe di partire col freno tirato come stà accadendo oggi in Italia.

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            5. Eh…infatti noi è da due anni che si chiede un regolamento chiaro per i LED!!
              Ma tutti zitti…non mi dire che i produttori non sono complici in questo…
              Per quanto riguarda la riduzione di flusso anche se il LED avesse le caratteritiche che tu dici, le riduzioni dovrebbero essere quelle che ho indicato in https://arching.wordpress.com/2010/02/24/illuminazione-stradale-led-1/ e non di certo la declassificazione di qualsiasi ambito!
              Ora, a 1cd/mq avere 1,18cd/mq con S/P=2,25 (+18%) mi dici che porta ad avere il 40% di risparmio come tanti affermano?!?
              Sopra poi è pure peggio.
              Sotto a 0,3cd/mq si arriva a un +30% (che non giustificherebbe neanche in questo caso la declassificazione).
              Perchè allora non si fa una norma chiara pure per questo??
              In Inghilterra sono stati più intelligenti, perchè hanno ammesso la declassificazione solo per strade residenziali di minore importanza.
              Non biasimo quindi la regione Lombardia, per aver voluto mettere uno stop ad una pratica pericolosa oltre che non fondata su alcuna base scientifica.

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            6. Cerchiamo di fare un po’ di chiarezza. Io non ho parlato di 40%. Non ho parlato di alcuna percentuale. Tanto per chiarire la mia posizione, io sono per definire un coefficiente di manutenzione per i LED inferiore a 0,7 se valutato sull’intero ciclo di vita dell’impianto. Ti ho solo fatto notare che la tua affermazione secondo cui il rapporto S/P di un LED è molto più basso di una alogenuri è un’affermazione non vera. Così come sono non vere le pretese di risparmio del 40%.
              Poi per quanto riguarda la necessità di una norma chiara siamo d’accordo, ma la regione Lombardia non ha ne le competenze ne le capacità per farlo. La norma stabilisce lo stato dell’arte; ci dice come devono essere fatte le cose, ma il progettista ha la facoltà di superare le norme se lo ritiene opportuno e soprattutto se è in grado di dimostrare che il suo modo di operare è corretto. La legge invece è legge. Anche se dice una cazzata tu la devi seguire. Questo è profondamente sbagliato soprattutto quando la legge impone un parametro tecnico su cui, ribadisco, la regione lombardia non ha alcuna competenza.

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          2. Dimenticavo…. ecco la tabella dei rapporti S/P di differenti sorgenti:

            Low Pressure Sodium .23
            High Pressure Sodium, 250W .63
            High Pressure Sodium, 400W .66
            White HPS, 50W 1.14
            Metal Halide, clear, 175W 1.51
            Metal Halide, clear, 400W 1.57
            Metal Halide, 400W coated 1.49
            white LEDs, ~6000K,
            blue peak ~465 nm,
            CRI 75-plus 2.3
            White LEDs, ~6000K,
            blue peak ~455 nm,
            CRI ~70-75 2.05
            White LEDs, ~5000K,
            blue peak ~445 nm,
            CRI in the 60’s 1.7

            Perchè dici che un LED ha un rapporto S/P molto più basso di una alogenuri?

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            1. I buchi nello spettro? Se avessero dei buchi nello spettro gli astrofili non farebbero tutto sto casino….
              Tu hai affermato che i LED hanno un rapporto S/P molto più basso di una alogenuri, cosa che non è vera. Se si dovessero utilizzare i modelli di ponderazione mesopica i LED avrebbero un grande vantaggio rispetto alle altre sorgenti.

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            2. Scusa, ma ora sono confuso.
              Mi hai detto che sul CRI non c’è tanta differenza, ma lo spettro e la temperatura di colore per un power LED cambiano non solo a diversi angoli di emissione, ma anche col tempo.
              Ora invece mi dici che dallo spettro si riesce a vedere che c’è un rapporto S/P più alto.
              Ma quale spettro? E in che condizioni? E in quale tempo a questo punto?
              Perchè se il LED cambia col tempo, visto che mi aspetto 50000 ore di vita, allora lo spettro da utilizzare dovrebbe essere quello a fine vita, no?
              O si fa una media?
              Come facciamo ad utilizzare un criterio che riguarda lo spettro quando lo spettro non si conosce?!?

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            3. Sinceramente ce la sto’ mettendo tutta per farti capire le cose, ma evidentemente non sono abbastanza bravo a spiegarmi. La natura spettrale del LED non cambia con la sua vita. L’andamento sarà più o meno lo stesso. L’indice di resa cromatica in linea di massima rimarrà uguale. Le coordinate cromatiche potranno modificarsi leggermente a seconda del tipo di fosfori usati e delle altre componenti, ma nella sua natura il LED manterrà le sue caratteristiche, a parte la riduzione di flusso. Ma qui stiamo parlando di aspetti che esulano completamente l’illuminazione stradale perchè per ciò che riguarda l’ambito stradale l’unica cosa degna di nota sarà la riduzione del flusso. E’ importante capire questa cosa. So che non sono argomenti facili, ma io tutto quello che posso fare è mettere a disposizione le mie conoscenze nel tuo blog. Più di così veramente non so cosa fare….
              Mi rendo conto che argomenti così complessi trattati nello spazio di pochi interventi possano essere compresi male. Dal canto mio c’è tutta la mia buona volontà a condividere le mie competenze e conoscenze con chiunque.

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  11. Ciao Matteo, sono un venditore di lampioni a led, sicuramente una categoria a te poco gradita…..comunque, per via della mia attività, mi sono recato in Aprile a Francoforte, alla famosa fiera Light&Building.
    Devo dire che sebbene le lampade a led siano da molti criticate, in fiera erano circa il 90% del totale. Certo, c’erano anche i lampioni al sodio ma in proporzione 1 a 10.
    Sicuramente la ricerca e gli investimenti vanno in quella direzione; ciò significa che mentre stiamo raccogliendo materiale per confutare le tesi di qualcuno, in altri laboratori stanno lavorando su questa tecnologia avvalorando quelle tesi. Le finalità dei primi sembrano più velleitarie.
    Comunque talvolta le leggi, o i discorsi che si fanno finiscono col frenare lo sviluppo commerciale di alcune tecnologie, ciò è antropologicamente normale, ma alla fine se le multinazionali ci spendono soldi non lo fanno a caso.
    Saluti e grazie del tuo formidabile impegno.
    Marco

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    1. Si, certo: è universalmente risaputo che le multinazionali hanno come unico scopo il bene dell’umanità e pensano solamente al progresso e al risparmio!!
      Grazie mille!
      Grazie Monsanto per tutti questi prodotti alterati geneticamente, come sono buoni; grazie BP per averci dimostrato come il petrolio è utile anche per tanti altri scopi; ah, si, e ovviamente grazie a Nike per averci dimostrato come in effetti quando c’erano i bambini a farli, i palloni riuscivano meglio.
      Se affermi che il LED è una categoria a me poco gradita, penso proprio che dovresti rileggerti tutto quello che ho scritto, perchè quello ad aver capito poco sei tu.
      Grazie

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  12. Ciao a tutti.
    Volevo solo appuntare che quando si scrive di ritorno economico occorre attualizzare il risparmio atteso negli anni futuri. Il semplice rapporto fra Dcosto e risparmio non è corretto. Attualizzando il valore di 643,00 al tasso del 5% nei successivi 40 ANNI, avremmo una disponibilità immediata di soli € 11.548,96 che sono di gran lunga inferiori ai 19.250,00 euro investiti!!!!!!

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    1. …ok, non la volevo fare troppo complicata.
      Occorrerebbe allora calcolare il VAN dell’investimento, considerando inoltre che il costo energia non rimane costante nel tempo, ma tende a crescere con un tasso differente.
      Allo stesso modo andrebbe anche rivalutato il costo degli apparecchi SAP. (non so, ho fatto anche i conti in questo modo, se volete li pubblico)
      Diciamo che comunque l’investimento non si ripaga.

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  13. Nelle applicazioni tradizionali abbiamo una sola sorgente luminosa che nel caso della 100W eroga circa 10.000 lumen. Per quanto riguarda invece i LED abbiamo tante sorgenti luminose che erogano singolarmente circa 100lumen.
    Ma è corretto sommare i flussi dei singoli LED e paragonarli a quelli delle lampade a scarica?

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    1. No: infatti la nuova normativa 11356:2010 distingue fra “modulo” (unità fornita come sorgente luminosa; in questo caso il paragone con la lampada può essere abbastanza corretto), “sistema” (modulo LED + sistema di alimentazione) e “apparecchio” (sistema compreso delle ottiche e quindi le eventuali perdite di flusso dovute ad ottiche secondarie).
      Quindi un paragone serio va fatto fra “apparecchio tradizionale” e “apparecchio LED” (così come definito da norma UNI 11356:2010); ogni altro paragone risulta abbastanza inutile e fuorviante (visto e considerato il fatto che un modulo LED può essere alimentato in mille modi diversi e avere temperature di giunzione svariate).
      Ciao

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  14. Vorrei dire al sig. Matteo Seraceni che mi piacerebbe sapere qual’è il suo curriculum scientifico sulla materia che si fa portavoce. Va bene porre dei dubbi su alcune tecnologie, ma mattere in discussione un ente come quello del CEI (costituito dai migliori esperti in materia) mi sembra alquanto bizzarro (per non dire fazioso). Inoltre vorrei ricordare al sig. Saraceni che tutto il mondo si sta spostando sui led (vedi NewYork Toronto, etc..) e noi in italia stiamo ancora a discutere sulle stupidaggini. L’esempio di lampione a led che lei ha presentato è a dir poco ridicolo. Non basta prendere il primo che trovi e farlo paladino della verità. Anche con le SAP può cambiare tutto cambiando il corpo lampada. Se vuole le mando alcune fotometriche di diversdi contruttori di led (certificate da enti come il CNR) cosi può verificare di persona l’efficienza ed il risparmio ottenbile con i led (mai al di sotto del 50% rispetto alle SAP). Infine per ciò che riquarda l’indice di resa cromatica basta un bambino a capire che quanto più alto è tanto meglio è per chi osserva, basta pensare che il sole (oppure vuole dimostrarci che anche il sole oppure una lampada ed incandescenza fanno male?) oppure una lampada ad incadescenza hanno indice di resa cromatica pari a 100.

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    1. Ah, sì, giusto…mi stavo dimenticando: siamo in Italia.
      Non si possono muovere critiche qua da noi, occorre sempre annuire, tenere la testa bassa e “si padrone”: guai a chi parla fuori dal “coro” vero?
      Certo. Non sono un’eminenza grigia del campo illuminotecnico (e mai mi sono vantato di esserlo), e proprio per questo ogni giorno mi applico nello studio (dalle normative alle ricerche pubblicate da vari organi ed università) e, per quanto possibile, nella ricerca sulle migliori tecnologie applicate alla gestione ed alla progettazione dell’illuminazione pubblica.
      Io non metto in discussione il CEI ed i suoi tecnici (vorrei tanto sapere in quale punto sarei stato così “fazioso” contro il CEI).
      Non sono io a mettere in discussione quello che è stato proposto all’interno della UNI 11248 (e mi riferisco alla declassificazione con Ra elevati o aumento di categoria con Ra bassi), sono i signori Bullough, Rea, Eloholma, Viikari, He, Bierman, Halonen , Ketomäki, Orreveteläinen, Freiding, Walkey, Barbur, Várady, Goodman (solo per citarne alcuni) che attraverso i loro lavori sconfessano quando scritto all’interno della normativa. Per capire questo bastava semplicemente leggere quanto già scritto in https://arching.wordpress.com/2010/02/24/illuminazione-stradale-led-1/.
      Ma visto che mi chiede qual’è il mio curriculum (che ricordo essere presente all’interno della sezione “about me” di questo sito), penso che non sia dato la briga nemmeno di leggere i post precedenti.
      Con questi commenti da simil-troll non fanno altro che dimostrare che quelli come lei, che inneggiano a tutti i costi ai risparmi e prestazioni eccezionali dei LED, o hanno grandi paraocchi oppure grandi tasche riempite coi soldi dei produttori di LED (faccia lei).
      Infine, credo proprio che dovrebbe far controllare il bambino di cui parla, visto e considerato il fatto che proprio ora un comitato di tecnici sta lavorando per l’UNI alla stesura di un documento riguardante la resa cromatica delle sorgenti a LED, dato che per queste sorgenti il calcolo appare difficoltoso e per ora non significativo (i comitati tecnici dell’UNI possono mettere in discussione il CEI oppure anche loro non hanno il diritto di critica?).

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      1. Il calcolo dell’indice di resa cromatica di una sorgente a LED non è per nulla difficoltoso. Se vuoi fare una prova mandami lo spettro di emissione di un LED a tuo piacimento e ti faccio tutti i calcoli che vuoi. Il fatto è che l’indice di resa cromatica così come è stato studiato non è in grado di descrivere correttamente la capacità di rendere i colori nel caso di sorgenti a LED. Si sta lavorando ad un altro indice di resa cromatica, il CQS, che terrà in conto le particolarità delle nuove sorgenti, ma non aspettatevi di vedere grandi stravolgimenti. Le differenze che sto verificando tra CRI e CQS sono relativamente basse a livello numerico.

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          1. Se per tempo intendi anni…. mi spiace, ma non sono in grado di risponderti 🙂
            Se per tempo intendi il transitorio a regime termico, ti rispondo che cambia la temperatura colore, ma non l’indice di resa cromatica. Stesso discorso più o meno per l’angolo di emissione. La temperatura colore si abbassa da gamma 0 avvicinandosi a gamma 90 ma non il CRI.
            In linea di massima posso dirti che anche nel corso degli anni ci si potrebbe aspettare un andamento costante dell’indice di resa cromatica in quanto anche se ci fosse uno spostamento delle coordinate cromatiche lo spettro di emissione non subirebbe modifiche sostanziali. Stesso discorso per il CQS.

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    2. Scusate se mi intrometto.
      Per lavoro viaggio molto in America.
      Sono stato due mesi fa a New York City ed in effetti è pieno di LED!…no, non è vero: non ne ho visto neanche uno…
      O forse si riferisce allo stato di New York (visto che non ha aggiunto City)? Appena passo da Albany vi faccio sapere se vedo qualche LED.
      E poi: che importanza ha se ci sono i LED a NYC?!? Vuol dire che funzionano meglio se li usano pure gli americani? Siamo arrivati a questo?
      Se si parla di tecnologia e paragoni, non sarebbe meglio tirare fuori dei dati (come fa Matteo)?
      Grazie

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    3. “L’esempio di lampione a led che lei ha presentato è a dir poco ridicolo. Non basta prendere il primo che trovi e farlo paladino della verità.” …saranno molto contenti quelli di RUUD a sentire questo…
      “oppure vuole dimostrarci che anche il sole oppure una lampada ed incandescenza fanno male?”…il sole fa molto male se ci si espone a lungo, non solo per i melanomi, ma anche per i raggi UV che danneggiano gli occhi.

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  15. Ciao Matteo. Mi è sorta una domanda, forse stupida, circa l’indice di resa cromatica: Nell’illuminazione stradale con lampade al sodio non viene preso in considerazione il fatto che i veicoli abbiano i fari accesi con una luce “bianca”?

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  16. Nell’illuminazione stradale ci si riferisce all’indice di resa cromatica della sorgente che si sta valutando. Aggiungo che l’indice di resa cromatica non ha alcuna relazione con la temperatura colore.

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  17. Caro Matteo ti seguo da tempo con interesse ma ora mi sento di dover dare anche il mio contributo.
    Se si parla di LED, per quanto riguarda gli aspetti tecnici, non si deve sottovalutare anche gli aspetti tecnico-legislativi e legislativo.
    Mi riferisco al fatto che alcune regioni vietano l’installazione dei led: Emilia R., Lombardia, Abruzzo ecc.; altre regioni invece li sconsigliano: sarebbe a dire che non li vietano espressamente perchè oltre aver redatto la propria legge regionale in materia di inquinamento luminoso e risaprmio energetico, devono ancora emanare il relativo regomlamento (vedi ad esempio la Regione Marche); Nel momento in qui faranno il regolamento non dovranno fare a meno di tener conto delle norme UNI che tra le altre cose vietano, sulle strade a traffico motorizzato, l’uso di lampade con indice RA>65; i LED usati nel settore della pubblica illuminazione hanno tutti un indice RA>65.
    Per concludere: un terzo delle regioni VIETANO i led, un terzo DOVRANNO VIETARLI appena emaneranno il loro regolamento (e di conseguenza obbligare la rimozione di quelli installati) e un terzo, più indietro con le norme, dovranno fare lo stesso percorso (vedere le considerazioni in merito di http://www.cielobuio.org).
    La domanda è: “perchè non si tiene in dovuta considerazione anche la normativa”?
    Si sta investendo così tanto tempo per discutere dei LED (quello che non si può fare, che non si dovrebbe fare o che non si potrà fare finchè non saranno raggiunti certi paramentri) e non ci si concentra invece su QUELLO CHE SI PUO’ E SI DEVE FARE.
    Caro Matteo, con tutta la stima che nutro nei tuoi confronti per la tua imparzialità e onestà intellettuale, nella tua campagna informativa sui led, non capisco perchè non itraprendi invece anche un percorso più costruttivo su COSA SI PUO’ FARE.

    Il Rgolamento (CE) 245/2009 parla chiaro sulla direzione OBBLIGATORIA che gli stati membri dovranno prendere dal 2012 e dal 2017, e i led non li prende nemmeno in considerazione: avrà un senso questo?

    Non voglio distrarti dal meraviglioso lavoro che stai facendo, ma ritengo che tu sia ormai diventato “un’autorità” nel settore, vista la tua competenza e in nome di questa tua conoscenza è meglio per te concentrarti su quello che si deve fare perchè (lavoro più difficile ovviamente) sarà più gratificante per te.
    Chi legge i tuoi internmezzi si aspetta anche la soluzione. Un tecnico comunale ha più bisogno di sapere cosa può e cosa deve fare; si tratta di persone che brancolano del buio e che ancora continuano a comprare lampade al mercurio e alimentatori ferromagnetici e scopriranno, tra qualche mese, che non saranno più disponibili sul mercato, domandandosi, sorperesi, anche il perchè.
    La tua campagna informativa sarebbe auspicabile se avesse un respiro molto più ampio, altrimenti, resterai solo colui che, per alcuni, è da seguire perchè sa molto di LED e per altri colui che sa parlare male di LED e di Soardo.
    Visto che rispondi a tutti e con tempestività, per quanto m i riguarda, prenditi invece il tempo necessario per decidere. La risposta che darai al mio invito non sarà una risposta a me ma a tutti colo che ti seguono e che, forse, proprio questo si aspettano: che tu inizi a dire cosa fare.
    ciao e ancora complimenti per il lavoro che stai facendo.

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    1. Innanzitutto ringrazio per i complimenti (che però non merito: non mi sento meglio di nessun altro; probabilmente sono semplicemente uno dei pochi che ammette che esistono problemi laddove altri sembrano bellamente fregarsene).
      Poi ribatto subito alla tua richiesta di soluzioni con una “bella” notizia: da due anni ormai sto lavorando ad un sistema di certificazione di tutte le tipologie di apparecchi illuminanti e installazioni; questo lavoro si è tradotto in uno studio che ritengo serio ed oggettivo e che proprio fra pochi giorni sarà pubblicato sulla rivista LUCE (di cui fa parte, fra l’altro, lo stesso Soardo, a riprova che quando si parla seriamente, vengono a cadere tutte le incomprensioni).

      Grazie a questo lavoro sarà possibile avere un parametro oggettivo di riferimento (sul modello di quello previsto per le case, con le categorie da A a G) con cui confrontare TUTTE le tecnologie oggi disponibili (quindi sono compresi sia i LED che le lampade a scarica, ma andrebbe bene pure per una candela). Un tecnico a questo punto non dovrà far altro che confrontare le prestazioni dei vari apparecchi e quindi avrà un indicatore efficace dell’utilità o meno di una certa tecnologia e quindi capire se vale la pena oppure no cambiare tecnologia.

      Il passo successivo (a cui sto già lavorando) è un metodo che, una volta definite le caratteristiche prestazionali, riesca ad individuare il “costo complessivo” di una determinata tecnologia durante la sua “vita utile” con un’analisi TCO (Total Cost of Ownership).
      Come vedi, oltre allo studio delle tecnologie, mi sto muovendo anche alla ricerca delle soluzioni…purtroppo il tempo è poco ed i fondi inesistenti per lo sviluppo di tutto questo. Vi chiedo quindi di pazientare e vedrete che uscirà fuori qualcosa di interessante ed utile.
      Grazie ancora

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    2. Ma mi spiegate dove avete letto che le norme UNI vietano l’uso di lampade a LED? Ma me lo spiegate in base a cosa i regolamenti attuativi dovrebbero vietare l’utilizzo dei LED? Ma mi spiegate dove si parla di divieto dei LED nelle leggi regionali? Le considerazioni di cielobuio in merito le conosco fin troppo bene, soprattutto per quanto riguarda i LED, e non le commento in questa sede perchè non mi sembra il caso.
      Sarebbe opportuno leggerle queste benedette norme UNI prima di tirarle in ballo.
      Se si spende così tanto tempo a parlare di LED è perchè i LED sono senza dubbio la sorgente di luce del prossimo futuro. Questo è opportuno che chiunque operi in questo settore lo abbia ben chiaro nella testa. Detto cio’ ritengo altrettanto necessario che venga fatta molta chiarezza sugli apparecchi di illuminazione a LED perchè possano essere valutati e confrontati con gli apparecchi di illuminazione tradizionali in base a parametri precisi.

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    3. Ultima cosa. Se parlate di regolamento CE…. leggete anche quello così capirete perchè non parla di LED.
      A proposito di regolamento CE, leggevi la tabella 25. Leggete i valori indicativi di percentuale di flusso luminoso massimo emesso verso l’alto…. non quella stupidaggine delle 0,49 cd/klm stabilite nelle leggi regionali.

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      1. Si.
        A questo proposito, mi sono sempre chiesto su quali basi “teoriche” sia stato stabilito il limite di 0,49 cd/klm (tra parentesi, Alessandro qualche tempo fa aveva scritto un divertente articolo sul fatto che anche lo schermo di un telefonino, se puntato verso l’alto, sfondava il muro di 0,49 cd/klm).
        Ma su questo punto ci sarebbe molto da dire, perchè mi chiedo anche su quali basi sia stato definito nella UNI 11248 che con la luce bianca si può declassificare, mentre con il sodio occorrerebbe aumentare di classe.
        Quindi, a meno che queste leggi non siano state composte appositamente per favorire certe categorie di prodotti oppure influire a livello politico sulla produzione di corpi illuminanti e conferimenti di incarichi (cosa che non voglio nemmeno immaginare e che ovviamente è un’ipotesi molto ma molto lontana dalla realtà), credo sia il caso di cominciare a muoversi per chiedere un’indagine tecnico/scientifica sulla proposta di certi valori.
        Perchè se la letteratura giuridica in genere si basa su costatazioni ed interpretazioni, credo che la letteratura tecnica dovrebbe basarsi su dati appurati e certi.
        Chi ha svolto quindi le indagini preliminari per la successiva approvazione di queste leggi? E’ possibile consultare questi documenti?

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  18. Rispondo a Danilo che probabilmente lavora nel settore della publica illuminazione e si occupa di led.
    Per quano riguarda CieloBuio non posso certo rispondere per loro, ma posso dire che apprezzo il loro lavoro perchè hanno messo l’accento sulla problematica dell’inquinamento luminoso: mio figlio rimane sorpreso quando riesco a fargli vedere il cielo stellato, al pari di quei bambini che vanno in campagna e vedono la mucca fuori dalla vaschetta di polistirolo incelofanata dei supermercati.
    Può anche non piacere che le regioni fissino dei limiti all’indice di resa cromatica delle lampade per le strade a traffico veicolare, ma si tratta di organi istituzionali che hanno l’autorità di farlo. Sicuramente si saranno anche avvalsi del contributo di fior fior di consulenti per poter prendere, motivatamente, una tal decisione.
    E’ come per i limiti di velocità: tu puoi costruire auto da 300 Km orari, ma è sempre 130 Km orari la velocità massima consentita in Italia; cosa ottiene chi protesta? Cosa rischia chi va più veloce?
    ————-
    ecco l’abstrat della legge regionale dell’Regione Emilia Romagna
    L.R. n. 19 del 29 Settembre 2003
    Art. 5 – Requisiti degli impianti di illuminazione per un uso razionale dell’energia elettrica
    1.Tutti i nuovi impianti di illuminazione esterna, pubblici e privati, in fase di progettazione o di appalto, devono essere eseguiti su tutto il territorio regionale a norma antinquinamento luminoso e a ridotto consumo energetico.
    2.Gli impianti di illuminazione di cui al comma 1 devono possedere, contemporaneamente, i seguenti requisiti:
    […]
    b) lampade ad avanzata tecnologia ed elevata efficienza luminosa, quali al sodio ad alta o bassa pressione, in luogo di quelle con efficienza luminosa inferiore. è consentito l’impiego di lampade con indice resa cromatica superiore a Ra=65, ed efficienza comunque non inferiore ai 90 Im/W, esclusivamente nell’illuminazione di monumenti, edifici, aree di aggregazione e centri storici in zone di comprovato valore culturale e/o sociale ad uso pedonale;
    ——
    … anche le seguenti leggi regionali fissano lo stesso limite:

    – Lombardia L.R. 17 del 27/03/2000
    – Abruzzo L.R. 12 del 03/03/2005
    – Puglia L.R. 15 del 23/11/2007
    – Sardegna L.R. 2 del 19/05/2007
    – Umbria L.R. 20 del 28/02/2005

    SIA CHIARO CHE NESSUNA DI QUESTE LEGGI REGIONALI DICE CHE I LED SONO VIETATI: il legislatore limita a RA=65 o inferiore, un parametro importantissimo dal punto di vista della qualità della visione notturna, anche per motivi di confort visivo.
    Quando i Led saranno conformi ai limiti richiesti, di certo si potranno installare sulle strade a percorrenza veicolare anche lampade ora vietate: LED, Joduri metallici, ecc. Non mi sembra quindi che il legislatore sia contrario ad una tecnologia ma di certo, l’uso di tecnologie non conformi, fa scattare problematiche importanti sulle responsabilità in caso di incidenti.
    Se accade un sinistro su una strada dove sono installate lampade non conformi alla norma, cosa credete che succeda in caso di denuncia da parte dei soggetti coinvolti nell’incidente o delle autorità di polizia?
    Siete veramente certi che un tecnico comunale si prenda la responsabilità di montare qualcosa contrario alle leggi?
    I tecnici comunali sono normalmente dei geometri, degli architetti o degli ingegneri che si occupano prevalentemente di opere edili e di Illuminazione Pubblica sanno ben poco e alle volte seguono “le mode” e si affidano ai venditori più o meno competenti.
    Vi garantisco, per esperienza personale, che questi tecnici, “soffocati” da adempimenti burocratici, che vanno dall’edilizia ai rifiuti, dai cimiteri al taglio di aleri, dalle strade alle luminarie di Natale, ecc. spesso non sanno nemmeno come funziona un lampione stradale. Non è mncanza di volontà ma, se sapessero tutto, sarebbero dei geni. Invece i soldi sono sempre meno e le responsabilità sono sempre maggiori.
    Vi sembra che questo blog venga seguito dai tecnici comunali?
    Vi lascio anche un’altro spunto di riflessione:
    – perchè escono continuamente articoli di giornale (su carta e/o su web) quando un comune installa delle lampade led?
    – perchè anche quando un comune di 27000 punti luce ne installa 30?
    – vi è mai capitato di leggere di comuni che hanno installato più di 100 punti luve LED? (fatta eccezione di Torraca).
    – se una lampada sodio 150W consuma circa 65 euro all’anno di energia elettrica, quanto deve consumare una lampada Led seria (che costa almeno 800€) che la possa sotituire e rendere conveniente l’investimento?

    Ovviamente il prezzo sopraccitato di 800 € è il minimo per corpi illuminanti di aziende solide e storiche del mercato della pubblica illuminazione.

    Saluti tutti e Matteo dal quale aspetto di leggere le tue novità.
    Giorgio.

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  19. Prima di tutto una precisazione. Non lavoro nell’ambito della pubblica illuminazione ma ha delle competenze certificate nel settore. Certificate da un Master in Lighting Design (110/110 e lode), dalla collaborazione con un’azienda che certifica gli apparecchi di illuminazione (di qualsiasi tipo di tecnologia) e dal fatto che sono assistente ad uno dei corsi del Master in Lighting Design del Politecnico di Milano. Inoltre tengo corsi di formazione sulla tecnologia LED in cui si evidenziano sia i pregi che i difetti dell’illuminazione a stato solido. Sono sostanzialmente una figura indipendente che conosce sia il mondo dell’elettronica (ho una laurea in ingegneria elettronica) che il mondo della luce. Questa precisazione è necessaria perchè il più delle volte mi trovo a parlare con persone che l’illuminotecnica l’hanno imparata sul manuale delle giovani marmotte. Si svegliano una mattina e dicono: “oggi voglio fare l’illuminotecnico”. Allora mi chiedo: avete mai letto i documenti CIE che parlano di illuminazione stradale? Avete mai letto le relazioni dei comitati tecnici CIE che parlano di visione fotopica e scotopica? Sapete cos’è il rapporto S/P? Avete mai letto qualcosa in relazione al lavori del comitato tecnico CIE TC 1-58? Perchè se è così allora iniziamo a discutere sul fatto che all’interno di certe leggi di dieci anni fa (quando ancora i LED non esistevano) ci siano scritte delle corbellerie dal punto di vista illuminotecnico. In caso contrario penso sia il caso che iniziate a leggerle.
    Ve lo ripeto un’altra volta: qui non si tratta di essere pro o contro una tecnologia. Qui si tratta di capire dove sta andando il mondo della luce. Se non cominciate a muovervi (e alla svelta) rimettendovi a studiare e aggiornandovi su quello che sta accadendo in questo mondo, nel giro di pochissimo sarete tagliati fuori. Se invece in questo mondo ci siete per caso allora la discussione è difficile, perchè farvi capire che le limitazioni all’indice di resa cromati delle lampade per le strade a traffico veicolare è una (scusate il termine) “cazzata” e va proprio nella direzione opposta a ciò che la comunità scientifica sta dicendo, farvelo capire, dicevo, sarà una cosa difficile.

    PS
    Ultima nota. Con le leggi regionali e alcuni limiti assurdi inseriti (0,49 cd/klm e altro…) non solo aumentano i consumi energetici, ma anche l’inquinamento luminoso perchè la luce segue leggi differenti da quelle scritte da cielobuio.

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  20. Io credo che un muro contro muro non serva a nessuno.
    “Purtroppo” le leggi regionali esistono e vanno rispettate.
    Dico “purtroppo” non perchè siano da buttare (anzi, per molti aspetti coprono delle lacune enormi che le UNI lasciano insospeso), ma perchè sono ormai obsolete e andrebbero in qualche modo aggiornate.
    In primo luogo perchè sono state scritte quando ancora le sorgenti a LED non erano utilizzabili in ambiti come quello stradale; inoltre perchè la ricerca (tanto per fare qualche esempio, la visione mesopica – già citata da Danilo -, ma anche gli ultimi studi sull’influenza della luce sulla visione umana) è andata molto avanti.
    Non solo: le leggi regionali sono andate incontro ad un’esigenza normativa che mancava ed era appunto quella della salvaguardia dell’ambiente e del corretto uso dell’illuminazione per esterni.
    Insomma: è vero che le UNI sono sempre esistite, ma rendiamoci conto che gli impianti progettati fino a qualche tempo fa erano assolutamente fuori di testa; se in Italia non si costringe la gente in qualche maniera, sappiamo bene che ognuno fa un pò quel cavolo che gli pare…purtroppo.
    Infine: vanno aggiornate anche perchè, come dicevo, erano indirizzate al corretto uso dell’illuminazione. Ma occorre fare di più: occorre passare ad una logica di “migliore” utilizzazione della luce. Quindi non solo dire cosa va bene e cosa no, ma anche fornire parametri energetici che possano guidare il progetto, così come le leggi regionali per la certificazione degli edifici.
    In questo senso già mi sono mosso con la proposta di HERA, ma non vorrei che rimanesse un’oasi nel deserto: dobbiamo favorire la diffusione di strumenti che consentano la valutazione OGGETTIVA delle prestazioni di un impianto, senza ricorrere a scorciatoie o falsità, come invece purtroppo se ne vedono spesso in giro (ricordo le due cazzate più cazzate: la declassificazione per luminanze superiori alle 0,75 cd/mq ed i coefficienti di manutenzione che per i LED arrivano a 0,90 se non addirittura a 1,00).
    Poichè il nostro non è un paese tecnicamente serio e preparato, occorrono leggi; ma queste devono essere giuste, oggettive e costantemente aggiornate alle ultime tecnologie.

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  21. Perfettamente d’accordo con te Matteo. Spero che la proposta di HERA possa far capire che le valutazioni vanno fatte su dati concreti. Non è una questione di muro contro muro; pensa che io sono uno di quelli che ritengono i LED in talune applicazioni non ancora sufficientemente “maturi”. Ma non mi si possono portare argomentazioni a loro sfavore che sono invece uno dei loro vantaggi. Perchè questo è un problema di cultura! Se una legge limita l’utilizzo delle sorgenti ad un Ra<65 significa che il legislatore ha preso un abbaglio o è stato male consigliato! Così come la differenza di due classi tra lampade ad alto CRI e sodio è spropositata, ed infatti probabilmente la si correggerà nella norma. Ma non è possibile che a livello internazionale si stia pensando ad introdurre una fotometria mesopica e qui da noi nessuno ne sappia nulla! Tu sei uno dei pochi a sapere cos'è il MOVE….
    E' sostanzialmente un problema di cultura, non di muro contro muro.

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    1. Si, esatto, di cultura.
      Speriamo che la mia proposta smuova qualcosa…anche perchè in realtà questo è solo il primo gradino: figurati che la concezione di questa proposta è di un anno fa! In quest’anno (grazie anche ad Alessandro) siamo andati molto più avanti e stiamo cercando di integrare logiche di Life Cycle Assessment e di Total Cost of Ownership ai prodotti di illuminazione per esterno.
      Quindi già credo molti rimarranno stupidi dalla pubblicazione, ma in realtà noi siamo estremamente più avanti…(mi chiedo come andrà a finire se non capiranno neanche questa).
      Comunque anche l’Oxytech sta facendo un buon lavoro e credo che faciliterà anche l’applicazione delle nostre proposte.

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  22. Matteo, mi sono perso qualcosa: di quale proposta parli che riguarda Hera?

    Danilo, vorrei dirti che condivido le tue affermazioni ed è chiaro che derivano da una competenza specifica nel settore, ma i tecnici/i comuni hanno l’obbligo di rispettare le norme e quindi, ad esempio, nelle regioni dove è ammesso l’indice RA fino a 65 (a ragione o a torto) sono solo da rispettare. I tecnici comunali sanno che, in caso d’incidente, sono i primi responsabili in caso di installazioni di tecnologie non conformi alla norma. Non importa se la legge è giusta o no, adeguata ai tempi o no, e qui scatta l’impegno di chi deve dimostrare al legislatore, cos’è meglio fare.

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    1. La proposta riguarda una classificazione energetica (sul modello di quello oggi adottato per gli edifici) degli apparecchi illuminanti e degli impianti. Sull’ultimo numero di LUCE dell’AIDI c’è un articolo che ho scritto a riguardo.
      Per quel che riguarda la legge, credo che abbia delle grosse pecche anche dal punto di vista giuridico: non è possibile fornire una legislazione “tecnica” che “imponga” certi componenti piuttosto che altri.
      Qualsiasi legislazione di questo tipo solitamente viene accompagnata con formule del tipo: “puoi fare questo oppure agire secondo una tua metodologia progettuale previo adeguato supporto scientifico/bibliografico alle tue scelte”. La stessa normativa delle costruzioni ha ad esempio una clausula di questo tipo.
      Questo significa che un progettista “non competente” (diciamola così) si fida della legge e applica tout-court quello che c’è scritto.
      Un progettista preparato, può motivare scelte che vanno al di fuori qualora riesca a dimostrare che queste scelte sono comunque conformi allo scopo, in base a dimostrazioni accreditate. Ad esempio, sul punto del RA<65, io stesso potrei fornire una bibliografia di almeno 12 ricercatori diversi che confermano che la luce bianca in alcuni frangenti può aiutare il compito visivo ed essere conforme ai requisiti dell'inquinamento luminoso.
      Un'altra cosa è quello delle 0 candele a 90°: se io riesco a dimostrare che con un apparecchio a coppa ribassata ad esempio riesco a fare meno emissione verso l'emisfero superiore rispetto ad un apparecchio a vetro piano dello stesso tipo (perchè magari riesco ad aumentare di un 20% l'interdistanza), perchè non posso comunque utilizzare questo tipo di apparecchio?
      Quindi io non invocherei il legislatore così a "cuor leggero", visto che probabilmente già all'interno della stessa legge si annidano tanti vizi di forma.

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  23. Peccato che nella versione online di LUCE non ci sia l’articolo che hai scritto con Alessandro. Mi sarebbe piaciuto leggere anche cosa scrive l’Ing. Bonomo nel suo articolo a proposito degli indici di qualità degli impianti per l’illuminazione pubblica.
    Per quanto riguarda le tue considerazioni sulla legge, direi che hai centrato in pieno il problema.

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    1. Si, infatti…della “prefazione” di Bonomo eravamo anche noi all’oscuro e, in effetti, anch’io sono molto curioso (e un po’ intimorito) riguardo al suo articolo.
      Vedremo (ancora non l’abbiamo letto neppure noi, perchè LUCE ci deve ancora arrivare).
      Ciao

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  24. Che faccio, chiamo Mario e mi faccio mandare una copia dell’articolo in anteprima? 🙂
    Matteo, sii fiducioso: tu e lui avete più punti in comune di quanto pensi, non ultimo il fatto di essere ingegneri (ovviamente con accezione positiva…dovessi tornare indietro prenderei anche io una laurea in ingegneria elettrotecnica)!

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  25. Lampade al sodio , al mercurio . al fosforo ….ma nessuno dice mai che da gennaio 2015 un decreto ministeriale già approvato le ha messe al bando e ,come è già successo per l’incandescenza ,non potranno più essere commercializzate …pare che non rimangano che i led . Antonio

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    1. Guardi, credo che lei sia disinformato.
      Le lampade al mercurio sono al bando dal 2015 (in realtà sarebbero dovute essere messe al bando molto prima, ma viviano nel paese delle banane, si sa).
      Le lampade al fosforo non so cosa siano … se intende le lampade fluorescenti, non sono assolutamente al bando: così come le lampade al sodio, il decreto richiede semplicemente che vengano utilizzate lampade con elevata efficienza e vengano tolte dal mercato quelle inefficienti (anche in questo caso, finalmente).
      Sono bandite dal 2015 le lampade al sodio con accenditore incorporato (che francamente non ho mai capito a cosa servissero, visto il costo elevato e la scarsa durata).

      A presto

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      1. Buon giorno Sig.Matteo ,
        certo che se è come dice Lei significa solo che continuano solo a prenderci per i fondelli .Per quello che ricordo era nella direttiva 2002/96/ce che veniva decretata l’eliminazione del mercurio e di tutte le sostanze tossiche all’interno delle lampade che , per gli alti costi di smaltimento che avranno alla fine del loro ciclo vitale , rendeno inutile il risparmio che sembrano dare ..Nel 2006 un altro decreto diceva la stessa cosa e sul sito della Philips si legge che dal 2015 sono al bando ….ma da nessuna parte ho letto che riguarda solo alcune lampade e non altre ,,,,riguarda quelle che contengono mercurio …
        cordiali saluti
        Antonio

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      2. Riguardo la sua risposta che le lampade fluorescenti non sono bandite ….mi sembra assurdo perchè senza il gas di mercurio non potrebbero mai far illuminare il fosforo sulle pareti del tubo …. grazie comunque Antonio

        ________________________________

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      3. Rispondo a entrambi: il mercurio non può essere eliminato del tutto, altrimenti nessuna lampada a scarica potrebbe fare luce.
        Ci sono limiti ben precisi al contenuto di mercurio di ogni lampada (e la direttiva dice proprio questo mettendo al bando alcune lampade).
        E poi, se veramente volessimo eliminare tutte le sostanze tossiche, le uniche lampade che si salverebbero sarebbero quelle a incandescenza!
        Comunque vi riporto un link in cui viene spiegata bene la direttiva:

        http://www.assil.it/download.php?id_file=1297266758

        Lasciate perdere il sito di Philips.

        A presto

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        1. Buon giorno sig.Matteo , la ringrazio per il link che mi ha mandato.Sinceramente mi ero illuso che sarebbero stati tolti dal mercato sia i tubi fluorescenti che quelle oribili lampadine a basso consumo .   Approfitto della sua preparazione per chiederle se per caso mi sa indicare quali siano i test che dovrebbe fare un lampione stradale per evitare l’abbagliamento …quelli che vengono chiamati safety eyes report ed una eventaule normativa di riferimento . La ringrazio anticipatamente saluti antonio

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        2. Buongiorno.
          In effetti le lampade a basso consumo non sono il massimo…
          Se ho capito bene parla della CEI EN 62471 – “Sicurezza fotobiologica delle lampade e sistemi di lampade”: in realtà questa prescrizione non parla dell’abbagliamento ma dei problemi che potrebbe causare l’emissione luminosa di un apparecchio sull’uomo. I test sono test di laboratorio sull’emissione luminosa e sullo spettro e definiscono diversi livelli di rischio (gli apparecchi dovrebbero essere classificati come rischio 2 o meglio inferiore).
          Su luxemozione trova un bell’articolo a riguardo: http://www.luxemozione.com/2009/11/illuminazione-dannosa-sul-lavoro.html
          Per l’abbagliamento, per gli interni trova sempre un articolo su luxemozione:
          http://www.luxemozione.com/2010/01/illuminazione-nei-luoghi-di-lavoro.html
          Per gli esterni ci sono limiti indicati dalla norma UNI 13201-2 e corrispondono alle classi G1-G6 e D0-D6 per gli apparecchi (però in Italia non sono molto utilizzate – purtroppo -)
          A presto
          Matteo

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          1. Grazie sig.Matteo , mi tolga una curiosità …a cosa è dovuta questa preparazione : passione , professione o entrambe .? cordiali saluti   Antonio

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